Ordinanza N. 1 del 2001
Corte Costituzionale
Data generale
04/01/2001
Data deposito/pubblicazione
04/01/2001
Data dell'udienza in cui è stato assunto
15/12/2000
Presidente: Fernando SANTOSUOSSO;
Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453 (Disposizioni in materia di
giurisdizione e controllo della Corte dei conti), convertito, con
modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, promossi con tre
ordinanze emesse il 16 marzo 2000 dalla Corte dei conti, sezione
giurisdizionale per la Regione siciliana, rispettivamente iscritte ai
nn. 409, 410 e 592 del registro ordinanze 2000 e pubblicate nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 29 e 43, 1ª serie speciale,
dell’anno 2000.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 29 novembre 2000 il giudice
relatore Massimo Vari.
Ritenuto che la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la
Regione siciliana, con tre ordinanze di analogo tenore, tutte in data
16 marzo 2000, emesse nel corso di giudizi pensionistici, ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 5, del
decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453 (Disposizioni in materia di
giurisdizione e controllo della Corte dei conti), convertito, con
modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, nella parte in cui
prevede che i ricorsi in materia pensionistica “possano essere
proposti anche senza patrocinio legale e, in subordine, nella parte
in cui non prevede che i ricorsi possano essere proposti senza
patrocinio legale solo per le cause di valore inferiore a quello
predeterminato per legge o prudentemente apprezzato dal giudice anche
con riferimento alla natura della controversia”;
che, ad avviso del rimettente, vi sarebbe una irragionevole
divaricazione fra la disciplina dell’assistenza tecnica nel giudizio
pensionistico innanzi alla Corte dei conti e quella dettata per il
giudizio civile, per il processo del lavoro, anche relativamente alle
cause di natura previdenziale, e per il processo tributario, giudizi
tutti per i quali è prevista, come principio generale, la necessità
dell’assistenza tecnica, derogabile soltanto nelle specifiche ipotesi
previste dalla legge;
che, in particolare, non sarebbe dato comprendere le ragioni
della scelta operata dal legislatore ove si consideri che il giudizio
pensionistico si configura ormai come un processo di parti, modellato
sul giudizio civile ordinario, nel quale si trattano, oltretutto,
questioni di elevatissima complessità tecnica, come risulterebbe
confermato dalla circostanza che per l’appello è prevista la
necessaria assistenza di un avvocato cassazionista;
che, quale ulteriore elemento di irragionevolezza della
denunciata disposizione, il rimettente, nel ricordare la diversa
disciplina dettata per l’assistenza tecnica nella fase di appello,
ancorché il merito del giudizio sia lo stesso, osserva, in
particolare, che la predetta disposizione “non solo potrebbe ledere
sostanzialmente il corretto uso del diritto di azione e di difesa ma
anche stimolare un processo inflattivo del ricorso in appello”, nel
tentativo di recuperare quanto incautamente compromesso nella prima
fase del giudizio;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, il quale ha concluso per l’inammissibilità ovvero, nel
merito, per l’infondatezza della sollevata questione.
Considerato che, secondo quanto questa Corte ha già avuto
occasione di affermare, non può ritenersi imposto al legislatore,
quale scelta costituzionalmente obbligata, quella di stabilire come
indefettibile l’assistenza tecnica del difensore nel processo,
rientrando, invece, nella sua discrezionalità anche il potere di non
introdurre l’onere del patrocinio legale, in considerazione della
tenuità del valore della lite e della natura della controversia, o,
ancora, in ragione delle caratteristiche del singolo atto da
compiersi in giudizio, potendo essere sufficiente che, in
procedimenti più snelli, venga assicurata alla parte la possibilità
di interloquire personalmente oppure di farsi assistere da un
difensore, senza rendere obbligatoria tale assistenza (vedi, ex
plurimis, sentenze n. 189 del 2000, n. 160 del 1995 e n. 351 del
1989);
che, con specifico riferimento al giudizio pensionistico
innanzi alla Corte dei conti, il fatto che l’assistenza tecnica sia
prevista come obbligatoria solo per lo svolgimento della difesa orale
in udienza si giustifica con la semplificazione procedimentale che
caratterizza tale processo, in considerazione della particolarità
delle questioni trattate (vedi sentenza n. 173 del 1996);
che, comunque, il diritto costituzionale di difesa è
assicurato, in tale giudizio, anche dal fatto che la disposizione
denunciata non interdice all’interessato di avvalersi della difesa
tecnica (vedi sentenza n. 428 del 1995);
che, al tempo stesso, l’obbligo dell’assistenza tecnica nel
giudizio di appello, da parte di un avvocato cassazionista, trova
giustificazione nella natura del gravame nel processo pensionistico,
che può essere proposto solo per motivi di diritto;
che, in ragione di ciò, le censure prospettate dalle
ordinanze, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
devono reputarsi manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 5, del decreto-legge
15 novembre 1993, n. 453 (Disposizioni in materia di giurisdizione e
controllo della Corte dei conti), convertito, con modificazioni,
nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, sollevata, in riferimento agli
artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezione
giurisdizionale per la Regione siciliana, con le ordinanze in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 15 dicembre 2000.
Il Presidente: Santosuosso
Il redattore: Vari
Il cancelliere: Fruscella
Depositata in cancelleria il 4 gennaio 2001.
Il cancelliere: Fruscella