Ordinanza N. 105 del 1979
Corte Costituzionale
Data generale
01/08/1979
Data deposito/pubblicazione
01/08/1979
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/07/1979
EDOARDO VOLTERRA – Dott. MICHELE ROSSANO – Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof.
GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO
MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI,
Giudici,
r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636, convertito in legge 6 luglio 1939,
n.1272 (limite di età pensionabile per le lavoratrici), promossi con
le seguenti ordinanze:
1) ordinanze emesse il 4 ottobre 1976 e il 13 aprile 1977 dal
pretore di Milano nei procedimenti civili vertenti tra Nenci Giulia e
la Montedison s.p.a. e tra Ferrara Argia e la Rai, iscritte ai nn. 37 e
440 del registro ordinanze 1977 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 73 del 16 marzo 1977 e 334 del 7 dicembre 1977;
2) ordinanza emessa il 25 ottobre 1977 dal pretore di Milano nel
procedimento civile vertente tra Mosca Maria Carla e il Gruppo Lepetit
s.p.a. iscritta al n. 100 del registro ordinanze 1978 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1 15 del 26 aprile 1978.
Visto l’atto di costituzione della soc. Montedison nonché gli atti
di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 27 giugno 1979 il Giudice relatore
Virgilio Andrioli;
udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Angelini
Rota, per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che vengono all’esame della Corte tre procedimenti.
1. – Con ordinanza 4 ottobre 1976 (regolarmente comunicata e
notificata, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 73 del 16 marzo
1977; n. 37 r.o. 1977), il pretore di Milano, adito da Nenci ing.
Giulia per sentire dichiarare il diritto al mantenimento del posto di
lavoro sino al 60 anno di età (20 giugno 1980) a motivo della nullità
del licenziamento, intimatole dalla datrice di lavoro s.p.a. Montedison
in base all’art. 58 c.c.n.l. per l’industria chimica che richiama il
contratto collettivo 5 agosto 1937 per gli impiegati dell’industria, e
al contratto 31 luglio 1938 (regolamento di previdenza), che
consentirebbero il recesso del datore di lavoro al raggiungimento
dell’età pensionabile dei dipendenti, e, più in generale, in forza
dell’art. 9 r.d.l. 636/1939, di cui la Nenci contestava la legittimità
per contrasto con l’art. 37 commi 1 e 3 Cost., il pretore di Milano ha
fatto diritto alla richiesta della ricorrente ritenendo non
manifestamente infondata la questione di legittimità dell’art. 9
r.d.l. 636/1939 in riferimento agli artt. 3 commi 1 e 2, 4 commi 1 e 2,
e 37 comma 1 Cost.
A sostegno del giudizio il pretore ha ritenuto quanto segue: mentre
il fondamento sociologico dell’anticipato pensionamento della donna è
il carattere generalmente più dequalificato (e quindi più usurante)
del lavoro femminile, la Costituzione impone il diverso modello
egualitario della elevazione della donna nel lavoro; la l. 9 febbraio
1963 n. 66 parifica la donna all’uomo nell’accesso agli uffici pubblici
e alle professioni; dal 1939 ad oggi le donne hanno, ad onta della nota
barriera, conquistato ampi spazi di qualificazione e di partecipazione;
ragioni che, sempre a giudizio del pretore, valgono a motivare il
contrasto tra l’art. 9 e gli artt. 3 e 37 Cost. Assumendo poi a
parametro l’art. 4 ritiene il pretore che una anticipazione
generalizzata del tempo di cessazione dal lavoro delle donne, pur
rispondendo in momenti di crisi ad esigenze occupazionali, introduce un
precoce disinserimento “dal contesto reale degli interessi, delle
innovazioni e dei fermenti” di donne ancora munite di capacità
partecipativa in una società industrializzata.
Avanti la Corte si è costituita soltanto la Montedison con atto 14
novembre 1976, in cui, riconosciuta alla sentenza di questa Corte
efficacia esaustiva della infondatezza della questione sollevata dal
pretore, ricorda, a confutazione dell’excursus sociologico del giudice
a quo, che nel 1939 erano in vigore norme che vietavano di adibire la
donna a lavori pesanti; ricorda che l’anticipazione del pensionamento
femminile è accolta nelle legislazioni straniere più avanzate; in
riferimento all’art. 4 rileva che questa norma non esclude, anzi
postula una graduazione di aspettative, quale è resa palese dalla
graduazione, nel collocamento, tra disoccupati, giovani in attesa di
occupazione, pensionati alla ricerca di occupazione e lavoratori
occupati in cerca di altra occupazione. Nella memoria 30 maggio 1979 la
Montedison sottolinea l’irrilevanza nella risoluzione dell’incidente di
costituzionalità della legge 9 dicembre 1977 n. 903.
Ha spiegato intervento la Presidenza del Consiglio dei ministri con
atto 28 marzo 1977, in cui rileva che: a) la previdenza a favore delle
giovani lavoratrici madri, di cui ha fatto parola il pretore, nulla ha
da vedere con la minore resistenza fisica delle donne mature rispetto
agli uomini, b) la differenza di fatto tra uomini e donne continuerebbe
ad essere prevista nella contrattazione collettiva, c) l’art. 4 è male
invocato perché la minor resistenza fisica delle ultracinquantenni non
può essere scambiata per attentato al diritto delle medesime al
lavoro. L’Avvocatura generale dello Stato conclude che, se fosse valida
la tesi del pretore, avrebbero motivo di dolersene gli uomini perché
le donne tra i 55 e i 60 anni fruirebbero della stabilità del lavoro e
del trattamento pensionistico.
Alla udienza pubblica del 27 giugno 1979, nel corso della quale il
Giudice Andrioli ha svolto la relazione, l’Avvocatura dello Stato, pur
insistendo nelle già prese conclusioni, ha in subordine chiesto
restituirsi gli atti al pretore onde questi verifichi la incidenza,
sulla questione, della sopravvenuta legge 903/1977.
2. – Ferrara Argia, con ricorso depositato il 16 febbraio 1977,
espose che la datrice di lavoro Rai-Radio Televisione Italiana le
aveva, con foglio 18 giugno 1976, comunicato che sarebbe stata
collocata a riposo, in applicazione dell’accordo 30 gennaio 1976, in
data 6 febbraio 1977 per il raggiungimento del 55 anno di età, che la
RAI, dopo qualche tergiversazione, non le aveva consentito di protrarre
il servizio, in qualità di capo famiglia, sino al 57 anno di età;
eccepì in via preliminare l’illegittimità costituzionale dell’art. 11
l. 604/1966 in relazione all’art. 12 (rectius 9) r.d.l. 636/1939,
così come modificato dalla l. 218/1952, nella parte in cui, a motivo
del diverso limite d’età previsto per l’acquisizione del diritto a
pensione degli uomini e delle donne, assicura la stabilità del
rapporto di lavoro delle donne lavoratrici fino al 55 anno di età, in
riferimento agli artt. 3, commi 1 e 2, 4 comma 1, 10 comma 1, e 37
commi 1 e 2 Cost.; chiese che l’adito pretore di Milano fissasse
l’udienza di comparizione delle parti per l’emanazione di provvedimento
d’urgenza ex art. 700 c.p.c., inteso ad ordinare il mantenimento di
essa ricorrente nel posto di lavoro fino al 60 anno di età e, se il
provvedimento fosse emanato dopo il 6 febbraio 1977, a reintegrarla
sino a tale data nel posto di lavoro; nel merito chiese, previa
sospensione del giudizio e trasmissione degli atti alla Corte
costituzionale, dichiararsi il suo diritto al posto di lavoro sino al
60 anno di età.
La pur fissata udienza per l’assunzione di sommarie informazioni ai
sensi dell’art. 702 c.p.c. non aveva luogo perché la RAI acconsentì a
mantenere in servizio la Ferrara sino al 57 anno di età.
L’adito pretore, a conclusione della udienza di trattazione del
merito, anteriormente alla quale la RAI si era costituita chiedendo
respingersi le domande in via di urgenza e di merito della ricorrente e
dichiararsi la manifesta infondatezza della denuncia di
costituzionalità, ha dichiarato la non manifesta infondatezza della
questione di legittimità dell’art. 9 r.d.l. 14 aprile 1939, n. 636
sulla considerazione che, una volta venuta meno tale norma, diverrebbe
del pari nulla, nel contesto delle leggi 604/1966 e 300/1970, la
clausola dell’accordo 30 gennaio 1976, ed ha assunto a parametri gli
artt. 3 commi 1 e 2, 4 commi 1 e 2 e 37 comma 1 Cost.
Sebbene l’ordinanza 13 aprile 1977 sia stata regolarmente
notificata e comunicata, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 334
del 7 dicembre 1977 (n. 440 r.o. 1977), nessuna delle parti si è
costituita avanti la Corte; è intervenuta la Presidenza del Consiglio
dei ministri con atto 23 novembre 1977, in cui, avendo il pretore, in
aggiunta agli argomenti esposti in precedenti ordinanze, esposto che le
esigenze fisiche e familiari della lavoratrice possono giustificare le
dimissioni di questa, non già il recesso ad nutum del datore di
lavoro, ha prospettato l’opportunità della restituzione degli atti al
giudice a quo per la valutazione della eventuale incidenza della
sopravvenuta l. 903/1977. In tale richiesta ha l’Avvocatura generale
dello Stato insistito alla pubblica udienza del 27 giugno 1979, nel
corso della quale il Giudice Andrioli ha svolto la relazione.
3. – Essendosi la s.p.a. Gruppo Lepetit appellata, nella lettera 12
agosto 1977, in cui comunicava alla dipendente Mosca Maria Carla lo
scioglimento del rapporto di lavoro alla scadenza dell’età di
pensionamento I.N.P.S., alla “consuetudine in atto presso l’azienda”,
la Mosca, con ricorso depositato il 6 ottobre 1977 presso la
cancelleria della pretura di Milano, chiese la reintegrazione immediata
nel posto di lavoro ex art. 700 c.p.c., la dichiarazione
d’incostituzionalità dell’articolo 9 r.d.l. 636/1939, in riferimento
agli artt. 3 commi 1 e 2, 4 commi 1 e 2, e 37 comma 1 Cost., e del
licenziamento intimatole e la condanna della società alla riassunzione
di essa ricorrente con efficacia ex tunc, con la condanna al pagamento
di almeno cinque mensilità di retribuzione a titolo di risarcimento
danni e alla corresponsione delle retribuzioni arretrate con interessi
e rivalutazioni ex lege.
L’adito pretore, con decreti estesi in calce al ricorso, fissò non
solo l’udienza del 15 dicembre 1977 per la trattazione del merito, ma
anche l’udienza del 15 ottobre 1977 per l’assunzione di sommarie
informazioni ex art. 702 c.p.c., poi rinviata alla successiva del 25
ottobre 1977, alla quale comparve anche la resistente.
A seguito di che, l’adito pretore, con ordinanza 25 ottobre 1977,
depositata il successivo 29, ha ordinato la immediata reintegrazione
della ricorrente nel posto di lavoro occupato con le medesime mansioni,
e con altra ordinanza di pari data, depositata il successivo 29, ha
rilevato, richiamando precedenti provvedimenti di rimessione della
stessa pretura, non manifestamente infondata la questione di
costituzionalità dell’art. 9 r.d.l. 636/1939, in riferimento agli
artt. 3 commi 1 e 2, 4 commi 1 e 2, 37 comma 1, e 38 comma 2 Cost.
Sebbene la seconda ordinanza sia stata regolarmente comunicata e
notificata, e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 115 del 26 aprile
1978, nessuna delle parti si è costituita avanti questa Corte né ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
Alla pubblica udienza del 27 giugno 1979 il Giudice Andrioli ha
svolto la relazione.
Considerato che nelle tre controversie, che han dato occasione alla
questione di costituzionalità dell’art. 9 r.d.l. 636/1939, questa
norma è stata richiamata non già in combinazione con l’art. 11 l.
604/1966, ma in quanto la età pensionabile delle lavoratrici, fissata
nella norma medesima al 55 anno di età, forma oggetto di
contrattazioni collettive (Nenci-Montedison; Ferrara- RAI) e di non
meglio identificato uso aziendale (Mosca-Gruppo Lepetit), ma la diversa
natura di uno degli elementi della combinazione (clausola collettiva,
uso aziendale) non legittimerebbe la illazione, che sarebbe affrettata,
della inammissibilità della questione di costituzionalità e,
addirittura, della nullità dei licenziamenti, a base dei quali non
sarebbe stato, in definitiva, posto alcuno degli eventi qualificati
giustificati motivi dall’art. 3 l. 604/1966, e ciò per due ordini di
ragioni.
In primo luogo, la sequenza ora descritta postula l’applicabilità
ai tre casi della legge 604/1966, la quale suppone, all’art. 11, che il
datore di lavoro impieghi più di trentacinque dipendenti, ma questa
consistenza non è stata verificata in alcuna delle tre controversie.
In secondo luogo, le clausole collettive e l’uso aziendale, allegato
nella controversia Mosca-Gruppo Lepetit, nulla aggiungono a quanto
statuisce l’art. 11, il quale individua i limiti obiettivi della legge
604/1966 nell’impiego, da parte del datore di lavoro, di più di
trentacinque dipendenti e nel conseguimento, da parte del lavoratore,
del diritto a pensione.
Pertanto, i dispositivi delle tre ordinanze, sebbene richiamino
quale norma impugnata il solo art. 9, vanno intesi, in collegamento con
le allegazioni delle parti e con le motivazioni delle ordinanze stesse,
come idonei a sottoporre all’esame di questa Corte la questione di
legittimità delle norme, aventi forza di legge, che fissano la
cessazione, al 55 anno di età delle lavoratrici, della stabilità del
posto di lavoro.
Ciò precisato, ritorna questa Corte a constatare che difetta nelle
tre ordinanze la benché minima motivazione sulla rilevanza della
questione di costituzionalità, la quale in tanto, nel chiaro dettato
dell’art. 11, può essere ritenuta in quanto siasi constatato
l’impiego, da parte del datore di lavoro, di più di trentacinque
dipendenti. Né alla carenza dei provvedimenti di rimessione può
sopperire questa Corte assumendo che l’impiego, in imprese come la
Montedison, la RAI e il Gruppo Lepetit, di più di trentacinque
dipendenti sia fatto, che, per rientrare nella comune esperienza, può
essere posto dal giudice a base della decisione senza uopo di prove
ritualmente dedotte. Ché dell’art. 115, comma 2 c.p.c., si gioverà,
se lo crede, il pretore di Milano nel procedere a quel giudizio di
rilevanza che ha nei tre incontri omesso, laddove questa Corte non può
sostituirsi al giudice a quo in siffatto giudizio.
Al fine poi di evitare altro provvedimento di restituzione di atti
converrà che il pretore verifichi se la disputa sul coordinamento tra
gli artt. 11 legge 604/1966 e 35 legge 300/1970 esordì dal campo, che
le è stato sinora proprio, della distinzione tra reintegrazione
obbligatoria e reintegrazione reale, al tema, che qui ne interessa, dei
limiti finali del tempo di stabilità del rapporto di lavoro.
Sempre in omaggio alla direttiva della economia dei giudizi, questa
Corte non può esimersi dal raccogliere l’invito dell’Avvocatura dello
Stato a disporre la restituzione degli atti al giudice a quo onde
questi controlli la incidenza, sulla questione di costituzionalità una
volta verificatane la rilevanza, della sopravvenuta legge 9 dicembre
1977 n. 903. Al qual proposito è d’uopo riflettere che l’art. 4 di
questa legge consta non solo del primo comma, ma anche del secondo
comma, a tenor del quale le lavoratrici, che alla data di entrata in
vigore della legge (18 dicembre 1977) prestino ancora attività
lavorative pur avendo superato il 55 anno di età han diritto di
lavorare sino alla soglia del 60 anno senza comunicare l’opzione al
datore di lavoro.
Mentre la Mosca è stata reintegrata nel posto con ordinanza 25
ottobre 1977 (anteriore quindi alla entrata in vigore della legge
Anselmi), non consta che la Ferrara abbia continuato a svolgere
attività lavorativa pur dopo il 57 anno di età e che la Nenci sia
stata riassunta oppur no, ma, indipendentemente dalle concrete
peculiarità delle vicende, il dubbio sul se la lavoratrice che,
abbandonato il posto di lavoro al 55 anno di età, abbia fatto valere
in giudizio il diritto al lavoro sino al 60 anno denunciando la
incostituzionalità di norme, che tale lavoro limitano al 55 anno di
età, possa invocare a proprio favore il secondo comma dell’art. 4, ben
giustifica, anche sotto tale profilo, la restituzione degli atti al
pretore di Milano perché, con il rispetto delle direttive impartite
all’interprete dall’art. 12 disp. prelim. c.c., sciolga tale dubbio e,
ad un tempo, saggi la conformità dell’art. 4 ai precetti
costituzionali (dubbio sollevato da qualche datore di lavoro).
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i tre procedimenti;
ordina la restituzione degli atti al pretore di Milano, che con le
ordinanze 4 ottobre 1976, 13 aprile e 25 ottobre 1977, ha dichiarato
non manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 9 r.d.l. 14 aprile 1939 n. 636.
CosI deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 12 luglio 1979.
F.to: LEONETTO AMADEI – EDOARDO
VOLTERRA – MICHELE ROSSANO – LEOPOLDO
ELIA – GUGLIELMO ROEHRSSEN – ORONZO
REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI –
ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO PALADIN –
ARNALDO MACCARONE – ANTONIO LA
PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere