Ordinanza N. 108 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
30/03/1999
Data deposito/pubblicazione
30/03/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/03/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
e 513 comma 2, del codice di procedura penale e dell’art. 6 della
legge 7 agosto 1997, n. 267 (Modifiche delle disposizioni del codice
di procedura penale in tema di valutazione delle prove), promossi con
ordinanze emesse il 27 marzo 1998 dal Tribunale di Venezia, il 24
marzo 1998 dal pretore di Trento, il 22 dicembre 1997 dal Tribunale
di Bergamo, il 5 maggio 1998 dal pretore di Avezzano, rispettivamente
iscritte ai nn. 440, 450, 563 e 605 del registro ordinanze 1998 e
pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 25, 36 e 37,
prima serie speciale dell’anno 1998.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1999 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che il Tribunale di Venezia (r.o. n. 440 del 1998), il
pretore di Trento (r.o. n. 450 del 1998), il Tribunale di Bergamo
(r.o. n. 563 del 1998) e il pretore di Avezzano (r.o. n. 605 del
1998) hanno sollevato questione di legittimità costituzionale degli
artt. 210, comma 4, e 513, comma 2, del codice di procedura penale,
nonché dell’art. 6 della legge n. 267 del 7 agosto 1997 (Modifiche
delle disposizioni del codice di procedura penale in tema di
valutazione delle prove), in riferimento agli artt. 3, 24, 25, 101,
102, 111 e 112 della Costituzione;
che i rimettenti censurano l’art. 210, comma 4, cod. proc. pen.,
nella parte in cui prevede che l’imputato in procedimento connesso,
che abbia reso in precedenza dichiarazioni direttamente o
indirettamente indizianti a carico di altri soggetti non presenti nel
momento in cui tali dichiarazioni venivano rilasciate, possa
avvalersi della facoltà di non rispondere nel dibattimento a carico
di tali persone, e l’art. 513, comma 2, cod. proc. pen., nella parte
in cui subordina all’accordo delle parti la lettura dei verbali
contenenti le dichiarazioni erga alios precedentemente rese;
che, a parere dei giudici a quibus le disposizioni denunciate
violerebbero gli artt. 3, 101 e 112 della Costituzione (r. o. nn.
440, 450, 563 e 605 del 1998), nonché gli artt. 24, 25 (r. o. nn.
440, 450 e 563 del 1998), 102 e 111 della Costituzione (r. o. nn.
450 e 563 del 1998), perché, disciplinando l’utilizzazione delle
precedenti dichiarazioni, divenute oggettivamente irripetibili a
causa della scelta imprevedibile di non rispondere dell’imputato in
procedimento connesso, in maniera irragionevolmente diversa rispetto
alla situazione, analoga, del testimone, condizionerebbero alla
volontà dei dichiaranti o di parti controinteressate la ricerca
della verità – cui è funzionale la non dispersione degli elementi
di prova legittimamente e doverosamente raccolti durante le indagini
– necessaria per pervenire ad una giusta decisione e alla punizione
dei colpevoli;
che, di conseguenza, le disposizioni denunciate sarebbero di
ostacolo anche all’effettivo esercizio della azione penale e del
diritto di difesa dell’accusato, alla realizzazione del
contraddittorio e dei principi di uguaglianza e legalità, violando
pure i principi del libero convincimento del giudice, della sua
sottoposizione solamente alla legge e della indefettibilità della
giurisdizione;
che il Tribunale di Venezia e il pretore di Avezzano dubitano,
inoltre, della legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge 7
agosto 1997, n. 267, nella parte in cui non è previsto che il regime
transitorio trovi applicazione nei giudizi in corso anche quando al
momento dell’entrata in vigore della legge n. 267 del 1997 non sia
ancora stata disposta la lettura delle dichiarazioni rese dalle
persone indicate dall’art. 513 cod. proc. pen. che si avvalgono a
dibattimento della facoltà di non rispondere, perché
irragionevolmente disciplina in maniera diversa l’acquisizione di
tali dichiarazioni rispetto a quelle rese da soggetti che abbiano
esercitato la facoltà di non rispondere prima dell’entrata in vigore
della legge: così facendo dipendere da circostanze temporali
meramente casuali, per situazioni analoghe, regole diverse di
utilizzazione probatoria;
che tutte le questioni sono state sollevate nel corso di giudizi
di primo grado nei quali la difesa degli imputati non ha consentito
alla utilizzazione delle dichiarazioni erga alios rese durante la
fase delle indagini da persone che, citate ai sensi dell’art. 210
cod. proc. pen., si erano avvalse a dibattimento della facoltà di
non rispondere;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
riportandosi integralmente, stante l’analogia delle questioni,
all’atto di intervento relativo al giudizio di costituzionalità
promosso con ordinanza r.o. n. 776 del 1997 e deciso con la sentenza
n. 361 del 1998.
Considerato che tutte le ordinanze di rimessione sottopongono a
censura la facoltà, riconosciuta alle persone indicate dall’art.
210, comma 1, cod. proc. pen., di avvalersi, a norma del comma 4 del
medesimo articolo, della facoltà di non rispondere;
che l’esercizio di tale facoltà viene denunciato in relazione al
regime di inutilizzabilità ai fini della decisione, in mancanza
dell’accordo delle parti, delle dichiarazioni rese nella fase delle
indagini preliminari dall’imputato in procedimento connesso, alla
stregua delle modifiche introdotte nell’art. 513, comma 2, cod. proc.
pen. dalla legge n. 267 del 1997, anch’esso sottoposto a scrutinio di
legittimità costituzionale;
che, attesa la sostanziale identità delle questioni, deve essere
disposta la riunione dei relativi giudizi;
che, successivamente all’emissione delle ordinanze, questa Corte,
con sentenza n. 361 del 1998, ha inciso sul quadro normativo
risultante dal disposto degli artt. 210 e 513 cod. proc. pen;
che con tale sentenza la Corte ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale dell’art. 513, comma 2, cod. proc. pen. “nella parte
in cui non prevede che, qualora il dichiarante rifiuti o comunque
ometta in tutto o in parte di rispondere su fatti concernenti la
responsabilità di altri già oggetto delle sue precedenti
dichiarazioni, in mancanza dell’accordo delle parti alla lettura si
applica l’art. 500, commi 2-bis e 4, del codice di procedura
penale”;
che con la medesima sentenza la Corte, respingendo le censure nei
confronti dell’art. 210, comma 4, cod. proc. pen., ha rilevato che
l’attuale qualificazione come imputati dei soggetti indicati in tale
norma rende coerente la scelta del legislatore di attribuire loro la
facoltà di non rispondere, ed ha individuato lo strumento per porre
rimedio alle denunce di incostituzionalità rivolte all’art. 210
cod. proc. pen. nell’estensione all’esame dell’imputato in
procedimento connesso su fatti concernenti la responsabilità di
altri della disciplina delle contestazioni prevista dall’art. 500,
commi 2-bis e 4, cod. proc. pen;
che, infine, con riguardo alle questioni concernenti la
disciplina transitoria, nella citata sentenza la Corte aveva rilevato
che, a seguito della modifica della disciplina a regime e della
possibilità, così introdotta, di “recuperare mediante il sistema
delle contestazioni i singoli contenuti narrativi delle dichiarazioni
rese in precedenza”, doveva essere valutato dai rimettenti se le
questioni potessero considerarsi superate;
che pertanto occorre restituire gli atti ai giudici rimettenti
affinché verifichino se, alla luce della disciplina applicabile a
seguito della sentenza n. 361 del 1998, le questioni sollevate siano
tuttora rilevanti.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti al Tribunale
di Venezia, al pretore di Trento, al Tribunale di Bergamo e al
pretore di Avezzano.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 22 marzo 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Neppi Modona
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 30 marzo 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola