Ordinanza N. 1080 del 1988
Corte Costituzionale
Data generale
06/12/1988
Data deposito/pubblicazione
06/12/1988
Data dell'udienza in cui è stato assunto
24/11/1988
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe
BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL’ANDRO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI;
della legge 27 luglio 1978, n. 392 (“Disciplina delle locazioni di
immobili urbani”), e dell’art. 657 del codice di procedura civile,
promosso con ordinanza emessa il 18 febbraio 1988 dal Pretore di
Cortina d’Ampezzo nel procedimento civile vertente tra
l’Amministrazione provinciale di Venezia e Barbato Elia, iscritta al
n. 151 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 18, prima Serie speciale, dell’anno
1988;
Visti gli atti di costituzione dell’Amministrazione provinciale di
Venezia e di Barbato Elia nonché l’atto di intervento del Presidente
del Consiglio dei ministri;
Udito nella camera di consiglio del 9 novembre 1988 il Giudice
relatore Francesco Paolo Casavola;
Ritenuto che nel corso di un giudizio avente ad oggetto
l’intimazione di licenza per finita locazione e contestuale citazione
per la convalida, promosso dall’Amministrazione provinciale di
Venezia, nei confronti dell’ ex custode di una colonia alpina, per il
rilascio di un immobile ad essa adiacente, il Pretore di Cortina
d’Ampezzo, con ordinanza emessa il 18 febbraio 1988, ha sollevato, in
relazione all’art. 97, primo comma, della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale degli artt. 1, 3, 58 e 65 della legge 27
luglio 1978, n. 392, e 657 del codice di procedura civile, nella
parte in cui consentono il recesso dalla locazione alla scadenza del
contratto senza prevedere una giusta causa anche allorché il
locatore sia la pubblica Amministrazione;
che il giudice a quo ritiene che il principio d’imparzialità
debba garantire tutti i soggetti che vengono in contatto con la
pubblica Amministrazione, onde quest’ultima, al fine di rendere
possibile il controllo del rispetto di detto principio, sarebbe
tenuta a motivare tutti i provvedimenti;
che si sono costituite entrambe le parti, rispettivamente
riservando il convenuto le proprie conclusioni ad una successiva
memoria ed insistendo per la declaratoria d’inammissibilità, o, in
subordine, d’infondatezza, l’Amministrazione intimante, la quale ha
altresì depositato memoria nell’imminenza della camera di consiglio;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall’Avvocatura dello Stato, la quale ha concluso per
la declaratoria di inammissibilità ovvero di manifesta infondatezza;
Considerato che questa Corte ha già rilevato (sent. n. 252 del
1983) come la formulazione dell’art. 657 del codice di procedura
civile, ove la si legga in termini di omessa previsione di una giusta
causa per la risoluzione – alla scadenza – della locazione, risulti
del tutto coerente con l’inesistenza sul piano sostanziale di una
corrispondente situazione soggettiva;
che in particolare, nella citata decisione, è stata esclusa la
fondatezza della tesi che vorrebbe trasformare la proprietà privata
in una funzione pubblica, osservandosi come sia proprio del
“legislatore ordinario il compito di introdurre, a seguito delle
opportune valutazioni e dei necessari bilanciamenti dei diversi
interessi, quei limiti che ne assicurano la funzione sociale”;
che, a riguardo, la scelta per una durata minima, ma pur sempre
definita, della locazione, si inserisce nella organica disciplina
positiva che regola tale rapporto, correlandosi con il complessivo
quadro normativo;
che, quindi, sarebbe irrazionalmente discriminatoria
l’imposizione di un contratto a tempo indeterminato soltanto al
locatore-pubblica Amministrazione, mentre la prospettata previsione
di un obbligo di motivazione anche degli atti compiuti iure
privatorum, dalla stessa, verrebbe altresì a contrastare sia con i
criteri che regolano l’azione di quest’ultima, sia con il principio
generale dell’irrilevanza dei motivi nel negozio giuridico;
che, pertanto, la proposta questione è manifestamente
infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte
costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale degli artt. 1, 3, 58 e 65 della legge 27 luglio 1978,
n. 392 (“Disciplina delle locazioni di immobili urbani”), e dell’art.
657 del codice di procedura civile, sollevata, in relazione all’art.
97, primo comma, della Costituzione, dal Pretore di Cortina d’Ampezzo
con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 novembre 1988.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: CASAVOLA
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 6 dicembre 1988.
Il direttore della cancelleria: MINELLI