Ordinanza N. 115 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
02/04/1999
Data deposito/pubblicazione
02/04/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
24/03/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema
penale), promosso con ordinanza emessa il 15 dicembre 1997 dal
Magistrato di sorveglianza di Varese, iscritta al n. 273 del registro
ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 17, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 10 marzo 1999 il giudice
relatore Giuliano Vassalli.
Ritenuto che il Magistrato di sorveglianza di Varese ha sollevato,
in riferimento all’art. 27, primo comma, della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell’art. 102, secondo
comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui
consente al giudice che dispone la conversione della pena pecuniaria
ineseguita per insolvibilità del condannato di applicare la libertà
controllata, disattendendo la richiesta del condannato di
applicazione della sanzione del lavoro sostitutivo;
che a tal proposito il giudice a quo dopo aver testualmente
riprodotto le considerazioni poste a fondamento della sentenza n. 206
del 1996, ha rilevato che se, alla stregua di quelle considerazioni,
la sopravvivenza del ruolo sussidiario della libertà controllata si
giustifica sul piano costituzionale solo in ragione della facoltà
accordata al condannato di optare senza limitazioni per il lavoro
sostitutivo, tale scelta, ove effettuata, non potrà che essere
vincolante per il giudice della conversione, palesandosi ogni residua
discrezionalità del giudicante in contrasto con l’art. 27 della
Carta fondamentale;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
Considerato che, in tema di conversione delle pene pecuniarie
ineseguite per insolvibilità del condannato, la giurisprudenza di
questa Corte – come il giudice a quo ha rammentato – si è più volte
soffermata sulla necessità di assegnare alla libertà controllata un
ruolo effettivamente sussidiario rispetto alla misura del lavoro
sostitutivo, essendo quest’ultimo istituto apparso in linea con
l’esigenza di stabilire un nesso di correlazione funzionale tra pena
originaria e pena convertita che riduca al minimo l’incremento di
afflittività che naturalmente deriva dalla applicazione di una
sanzione destinata ad incidere sulla libertà personale;
che in proposito, e come d’altra parte emerge dalla ratio della
sentenza n. 206 del 1996, la richiesta del condannato, in presenza
dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalla legge,
legittima (e dunque impone) l’applicazione della misura del lavoro
sostitutivo;
che spetta comunque al giudice verificare se la misura del lavoro
sostitutivo possa ritenersi in concreto applicabile nei casi in cui
la stessa non si presenti rispondente alla ineludibile funzione
contrassegnata dall’art. 27, terzo comma, della Costituzione, che
anche le misure applicate a seguito della conversione delle pene
pecuniarie sono chiamate a soddisfare;
che, pertanto, non risultando in alcun modo compromesso il
parametro evocato dal rimettente, la questione proposta deve essere
dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 102, secondo comma, della legge 24 novembre
1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento
all’art. 27, primo comma, della Costituzione, dal Magistrato di
sorveglianza di Varese con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 marzo 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Vassalli
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 2 aprile 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola