Ordinanza N. 12 del 2002
Corte Costituzionale
Data generale
30/01/2002
Data deposito/pubblicazione
30/01/2002
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/01/2002
Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK;
comma, del codice civile, come modificato dall’art. 4 della legge
7 marzo 1996, n. 108 (Disposizioni in materia di usura), promosso con
ordinanza emessa il 6 dicembre 2000 dal tribunale di Napoli nel
procedimento civile vertente tra Di Palma Salvatore e la Banca di
Roma s.p.a., iscritta al n. 301 del registro ordinanze 2001 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, 1ª serie
speciale, dell’anno 2001.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 5 dicembre 2001 il giudice
relatore Annibale Marini.
Ritenuto che il tribunale di Napoli, con ordinanza emessa il
6 dicembre 2000, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24 e 47
della Costituzione, questione di legittimità costituzionale
dell’art. 1815, secondo comma, del codice civile, come modificato
dall’art. 4 della legge 7 marzo 1996, n. 108 (Disposizioni in materia
di usura), nella parte in cui sanziona con la non debenza di alcun
interesse la pretesa di interessi legittimamente pattuiti, ma
divenuti successivamente usurari; e, in via subordinata, questione di
legittimità costituzionale dello stesso art. 1815, secondo comma,
del codice civile nella parte in cui non sanziona in alcun modo la
pretesa di interessi legittimamente pattuiti, ma divenuti
successivamente usurari;
che ad avviso del rimettente – il quale è chiamato a
decidere sulla domanda di pagamento, in base a contratto di mutuo, di
interessi convenzionali corrispettivi e moratori la cui misura, in
corso di rapporto, ha superato il cosiddetto tasso soglia –
risponderebbe del reato di usura, nella configurazione risultante dal
nuovo testo dell’art. 644 del codice penale, non solo chi si fa
promettere ma anche chi si fa dare interessi superiori al tasso
fissato dall’art. 2, comma 4, della legge n. 108 del 1996 e, in
quanto tali, considerati, dalla stessa norma, sempre usurari;
che, conseguentemente, la sanzione civile della non debenza
di alcun interesse disposta dall’art. 1815, secondo comma, del codice
civile, per l’ipotesi in cui siano convenuti interessi usurari,
opererebbe non soltanto nel caso in cui gli interessi siano pattuiti
ad un tasso originariamente usurario ma anche in quello in cui essi
superino il tasso soglia per effetto di una variazione in diminuzione
del predetto tasso, e ciò con riguardo sia ai contratti stipulati
prima dell’entrata in vigore della legge n. 108 del 1996 sia a quelli
stipulati successivamente;
che, in tal modo, la norma impugnata si porrebbe in
contrasto, innanzitutto, con l’art. 24 della Costituzione, in quanto
precluderebbe, per effetto dei decreti ministeriali di determinazione
del tasso soglia, la tutela giurisdizionale del diritto,
legittimamente sorto, alla percezione degli interessi convenzionali;
che la stessa norma sarebbe inoltre lesiva del principio di
eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., creando una irragionevole ed
ingiustificata disparità di trattamento sia tra operatori che
abbiano legittimamente concesso finanziamenti a tassi di interesse
non usurari, in funzione del dato accidentale della variazione in
diminuzione del tasso soglia, non prevedibile nell’an e nel quantum
sia tra posizioni creditorie e debitorie, atteso che il creditore –
il quale non è necessariamente il soggetto economicamente più forte
del rapporto – sarebbe esposto, in caso di diminuzione del tasso
soglia, alla sanzione della non debenza di interessi, senza che un
successivo aumento della soglia di usurarietà al di sopra del tasso
pattuito possa incidere nuovamente sul rapporto;
che la norma impugnata contrasterebbe da ultimo con l’art. 47
della Costituzione, in quanto da un lato ostacolerebbe la concessione
del credito a causa del rischio di una sanzione a carico degli
operatori finanziari indipendente da qualsiasi loro condotta
colpevole, dall’altro indurrebbe gli operatori medesimi – i quali, in
virtù del meccanismo previsto dalla legge n. 108 del 1996, possono
di fatto incidere sulla determinazione del tasso soglia – a mantenere
i tassi di interesse ad un livello più alto di quello effettivamente
imposto dal mercato;
che qualora, poi, la norma impugnata fosse interpretata nel
senso di riferire la sanzione di nullità ivi prevista alle sole
pattuizioni con le quali vengono convenuti interessi usurari,
escludendo dunque le ipotesi in cui gli interessi divengano usurari a
seguito dell’abbassamento del tasso soglia, ugualmente la
disposizione si porrebbe – ad avviso del rimettente – in contrasto
con l’art. 3 Cost., in quanto sottoporrebbe a disciplina diversa
situazioni identiche (e cioè richieste di interessi superiori al
tasso soglia pro-tempore vigente) in ragione esclusivamente del dato
temporale relativo alla conclusione del contratto;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per la restituzione degli atti al giudice
rimettente in considerazione dell’entrata in vigore, successivamente
all’ordinanza di rimessione, del d.-l. 29 dicembre 2000, n. 394
(Interpretazione autentica della legge 7 marzo 1996, n. 108, recante
disposizioni in materia di usura), convertito, con modificazioni,
nella legge 28 febbraio 2001, n. 24.
Considerato che, secondo l’art. 1, comma 1, del d.-l. 29 dicembre
2000, n. 394, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio
2001, n. 24, “ai fini dell’applicazione dell’art. 644 del codice
penale e dell’art. 1815, secondo comma, del codice civile, si
intendono usurari gli interessi che superano il limite stabilito
dalla legge nel momento in cui essi sono promessi o comunque
convenuti, a qualunque titolo, indipendentemente dal momento del loro
pagamento”;
che tale norma, intervenuta successivamente all’ordinanza di
rimessione ed applicabile nel giudizio a quo rende evidentemente
necessaria una nuova valutazione, da parte del rimettente, riguardo
alla rilevanza ed alla non manifesta infondatezza della questione
proposta.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Ordina la restituzione degli atti al tribunale di Napoli.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2002.
Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Marini
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 30 gennaio 2002.
Il direttore della cancelleria: Di Paola