Ordinanza N. 125 del 2002
Corte Costituzionale
Data generale
16/04/2002
Data deposito/pubblicazione
16/04/2002
Data dell'udienza in cui è stato assunto
10/04/2002
Presidente: Massimo VARI;
Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK,
Francesco AMIRANTE;
costituzionale dell’art. 3, comma 211, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come
modificato dall’art. 2, comma 1, del d.l. 28 marzo 1997, n. 79
(Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica),
convertito in legge 28 maggio 1997, n. 140, promosso con ordinanze
emessa il 13 febbraio 2001 dalla Commissione tributaria provinciale
di Potenza sul ricorso proposto da Savitour s.n.c. contro l’Ufficio
delle Entrate di Potenza, iscritta al n. 502 del registro ordinanze
2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, 1a
serie speciale, dell’anno 2001.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 27 febbraio 2002 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che nel corso di un giudizio, avente ad oggetto il
silenzio-rifiuto in ordine alla richiesta di rimborso del versamento
di ritenute effettuato quale sostituto d’imposta sugli accantonamenti
per il trattamento di fine rapporto (in seguito t.f.r.) dei propri
dipendenti, promosso dalla Società Savitour s.n.c., la Commissione
tributaria provinciale di Potenza, con ordinanza 13 febbraio 2001
(r.o. n. 502 del 2002), ha sollevato questione di legittimità
costituzionale dell’art. 3, comma 211, della legge 23 dicembre 1996,
n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come
sostituito dall’art. 2, comma 1, del d.l. 28 marzo 1997, n. 79
(Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica),
convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140;
che le predette norme impongono ai sostituiti d’imposta per
redditi di lavoro dipendente l’obbligo di versare al fisco un acconto
delle imposte dovute dai dipendenti sui trattamenti di fine rapporto;
che il giudice rimettente ritiene che il versamento
dell’importo è previsto al momento della cessazione del rapporto di
lavoro, per cui la norma denunciata mediante l’obbligo di acconto
costringe l’imprenditore a pagare con denaro proprio (prelevato dagli
accantonamenti per il t.f.r.) l’imposta altrui; da qui la violazione
degli artt. 3 e 53 della Costituzione che dettano, rispettivamente,
il principio di uguaglianza dei cittadini, “per cui ciascuno deve
pagare le proprie imposte e non quelle altrui” e la regola in base
alla quale “ciascuno partecipa alle spese pubbliche secondo la
propria capacità contributiva, supponendo un reddito conseguito,
reale e non virtuale”;
che, in particolare, nel caso in esame, osserva il giudice a
quo non si sarebbero realizzati i presupposti di cui all’art. 16,
primo comma, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Approvazione del
testo unico delle imposte sui redditi) che vuole l’esistenza di un
reddito tassabile per la legittimazione dell’imposizione fiscale
determinata dalla capacità contributiva, in quanto il versamento
dell’acconto avverrebbe a prescindere dal conseguimento di un
reddito, non potendosi considerare tale l’accantonamento al fondo
t.f.r;
che è intervenuto in giudizio avanti a questa Corte il
Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso perché venga
dichiarata la manifesta infondatezza della questione essendo la
stessa stata già decisa con sentenza n. 155 del 2001.
Considerato che l’ordinanza della Commissione tributaria
provinciale di Potenza solleva la medesima questione incidentale di
legittimità costituzionale dichiarata da questa Corte infondata, in
riferimento ai medesimi parametri costituzionali (artt. 3 e 53 della
Costituzione) con la sentenza 21 maggio 2001, n. 155, che ha
esaminato i medesimi profili e le stesse argomentazioni;
che non sono stati addotti motivi nuovi e diversi che possano
indurre la Corte a modificare il proprio convincimento.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 211, della legge
23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza
pubblica), come sostituito dall’art. 2, comma 1, del d.l. 28 marzo
1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza
pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997,
n. 140, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 53 della
Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 10 aprile 2002.
Il Presidente: Vari
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere:Di Paola
Depositata in cancelleria il 16 aprile 2002.
Il direttore della cancelleria:Di Paola