Ordinanza N. 129 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
16/03/1989
Data deposito/pubblicazione
16/03/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
06/03/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, dott. Francesco GRECO, prof. Renato DELL’ANDRO, prof.
Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo
CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.
Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
primo, della legge 2 luglio 1957, n. 474 (Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto legge 5 maggio 1957, n. 271, concernente
disposizioni per la prevenzione e la repressione di frodi nel settore
degli olii minerali), promosso con ordinanza emessa il 4 ottobre 1988
dal Pretore di Cividale del Friuli, nel procedimento penale a carico
di Zancan Oreste, iscritta al n. 752 del registro ordinanze 1988 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima
serie speciale, dell’anno 1988;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 1989 il Giudice
relatore Ettore Gallo;
Ritenuto che il pretore di Cividale del Friuli, con ordinanza
emessa il 4 ottobre 1988, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale dell’art. 13, primo comma, decreto legge 5 maggio
1957, n. 271, convertito nella legge 2 luglio 1957, n. 474, in
riferimento all’art. 3 della Costituzione;
che, in ordine alla norma impugnata il pretore accoglie
l’orientamento giurisprudenziale prevalente circa la natura
permanente del reato di omessa denunzia di deposito di oli minerali e
in conseguenza circa la commisurazione della pena relativa con
riferimento a tutti i prodotti immessi nel deposito abusivo e non
soltanto a quelli rinvenuti al momento dell’accertamento (confronta
la sentenza n. 887 del 1988 di questa Corte);
che il pretore medesimo, così interpretata la norma, ne lamenta
la violazione del principio d’eguaglianza poiché, “comunque, la
determinazione della pena sarebbe casualmente collegata alla
possibilità di ricostruire anche attraverso riscontri contabili, il
movimento di olii combustibili effettuato, con il perverso effetto
che proprio la violazione “sostanziale” della norma, ovvero la
clandestina movimentazione di olii effettuata al fine di frodare la
riscossione delle imposte, dovrebbe essere, irrazionalmente, punita
con la pena minima prevista, mentre la mera omissione formale della
denuncia senza l’occultamento dei movimenti di olii minerali,
comporterebbe la irrogazione di una sanzione ben più severa”.
Considerato che una simile disparità di trattamento non discende
dalla norma denunziata ma da un eventuale imperfetto accertamento dei
fatti, talché appunto non si prospetta una questione di legittimità
costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle
Norme integrative per i giudizi innanzi alla Corte Costituzionale;
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 13, primo comma, del decreto legge 5 maggio
1957, n. 271, convertito nella legge 2 luglio 1957, n. 474
(Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 5 maggio
1957, n. 271, concernente disposizioni per la prevenzione e la
repressione di frodi nel settore degli olii minerali), promossa dal
pretore di Cividale del Friuli, con l’ordinanza in epigrafe, in
riferimento all’art. 3 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 marzo 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: GALLO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 16 marzo 1989.
Il direttore della cancelleria: MINELLI