Ordinanza N. 130 del 2002
Corte Costituzionale
Data generale
22/04/2002
Data deposito/pubblicazione
22/04/2002
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/04/2002
Presidente: Massimo VARI;
Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI,
Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco
AMIRANTE;
(recte: comma 2), della legge 22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni
per la definizione del contenzioso civile pendente: nomina di giudici
onorari aggregati e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali
ordinari), in relazione all’art. 292 del codice di procedura civile,
promosso con ordinanza emessa il 21 novembre 2000 dal Tribunale di
Roma nel procedimento civile D’Ortenzi Giuseppe contro Artipoli
Andrea, iscritta al n. 317 del registro ordinanze 2001 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, 1ª serie speciale,
dell’anno 2001.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 13 marzo 2002 il giudice
relatore Annibale Marini.
Ritenuto che il Tribunale di Roma, con ordinanza del 21 novembre
2000, ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 101,
secondo comma, e 111, primo comma, della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 13, numero 2 (recte: comma 2),
della legge 22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione
del contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari aggregati
e istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari), – in
relazione al disposto dell’art. 292 del codice di procedura civile –
nella parte in cui non prevede la notificazione (recte:
comunicazione) al convenuto contumace del provvedimento che dispone
la convocazione delle parti per l’esperimento del tentativo di
conciliazione;
che, secondo il giudice a quo stante la mancata previsione,
nella elencazione tassativa degli atti da comunicare al contumace,
contenuta nell’art. 292 del codice di procedura civile, del
provvedimento di cui alla norma censurata, quest’ultima dovrebbe
essere interpretata come riguardante le sole “parti costituite”;
che, così interpretata, la norma risulterebbe, tuttavia,
lesiva sia del principio del giusto processo sancito dall’art. 111
della Costituzione che di quello, ad esso connesso, di legalità di
cui all’art. 101, secondo comma, della Costituzione, non potendo il
giudice esperire il previsto tentativo di conciliazione a causa della
mancata comunicazione al contumace del provvedimento di convocazione
delle parti;
che sarebbe, altresì, violato l’art. 24, secondo comma,
della Costituzione essendo il contumace privato, per effetto della
mancata comunicazione di cui sopra, del potere di avvalersi di un
mezzo processuale il cui esperimento potrebbe consentire una
definizione immediata del contenzioso;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello
Stato, il quale ha concluso per la declaratoria di infondatezza della
questione;
che, in particolare, la difesa pubblica osserva che
correttamente l’art. 292 del codice di procedura civile non prevede
l’obbligo di notificare (recte: comunicare) al contumace l’ordinanza
con cui è disposto il tentativo di conciliazione, dato che le
garanzie apprestate al contumace concernono solamente o atti
suscettibili di mutare l’ambito del processo, quali domande nuove o
riconvenzionali, ovvero atti istruttori che possano concretamente
influire sul convincimento del giudice o sulla decisione della causa
(interrogatorio o giuramento);
che, secondo l’interveniente, il contumace (tale per sua
scelta) potrebbe comunque, attraverso un accesso alla Cancelleria del
giudice procedente, conoscere la data fissata per l’esperimento del
tentativo di conciliazione, obbligatoriamente previsto dall’art. 13,
comma 2, della legge n. 279 del 1997;
che, comunque, il tentativo di conciliazione non sarebbe un
mezzo di difesa della parte processuale, essendo, invece, finalizzato
alla soddisfazione del generale interesse alla composizione delle
liti ed allo smaltimento del contenzioso arretrato.
Considerato che la questione di costituzionalità sollevata dal
Tribunale di Roma riguarda l’art. 13, comma 2, della legge 22 luglio
1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione del contenzioso civile
pendente: nomina di giudici onorari aggregati e istituzione delle
sezioni stralcio nei tribunali ordinari), nella parte in cui – nei
giudizi civili di competenza delle sezioni stralcio, già rimessi al
collegio ai sensi dell’art. 189 del codice di procedura civile alla
data di entrata in funzione delle medesime, ma non ancora assunti in
decisione – non consentirebbe la notificazione (recte: comunicazione)
al convenuto contumace del provvedimento con il quale il giudice
istruttore designato per la prosecuzione del giudizio convoca le
parti dinanzi a sé per l’esperimento del tentativo di conciliazione;
che il giudice a quo ritiene che la norma censurata sia
ostativa della possibilità di procedere alla comunicazione al
contumace del provvedimento di convocazione delle parti per
l’esperimento del tentativo di conciliazione;
che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, dinanzi ad
una scelta interpretativa suscettibile di determinare un contrasto
fra la norma censurata e la Costituzione, l’interprete deve cercarne
una diversa che eviti il supposto conflitto (cfr. sentenza n. 242 del
1999; ordinanze n. 3 del 2002 e n. 158 del 2000), dato che le leggi
non si dichiarano costituzionalmente illegittime perché è possibile
darne interpretazioni incostituzionali, ma perché è impossibile
darne di costituzionali (cfr., fra le molte, sentenza n. 200 del
1999);
che, ad avviso del rimettente, una interpretazione della
norma censurata nel senso che la convocazione delle parti per
l’esperimento del tentativo di conciliazione debba essere comunicata
anche al contumace, pur conforme a Costituzione oltre che alla
lettera della norma, sarebbe tuttavia preclusa dalla mancata
inclusione di tale atto nell’elencazione tassativa di quelli che, a
norma dell’art. 292 del codice di procedura civile, devono essere
comunicati al contumace;
che il supposto impedimento alla suddetta interpretazione è,
invece, inesistente in quanto l’art. 292 del codice di procedura
civile, attesa la sua anteriorità alla norma censurata, non avrebbe
potuto evidentemente riferirsi a quest’ultima;
che risulta, invece, del tutto conforme ai principi che
regolano la successione delle leggi nel tempo ritenere l’art. 292
cod. proc. civ. tacitamente modificato dalla norma impugnata con la
previsione di un ulteriore atto da comunicare al contumace,
rappresentato dal provvedimento di convocazione delle parti per
l’esperimento del tentativo di conciliazione;
che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente
infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 89, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 2, della legge
22 luglio 1997, n. 276 (Disposizioni per la definizione del
contenzioso civile pendente: nomina di giudici onorari aggregati e
istituzione delle sezioni stralcio nei tribunali ordinari),
sollevata, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, 101, secondo
comma, e 111, primo comma, della Costituzione dal Tribunale di Roma,
con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 aprile 2002.
Il Presidente: Vari
Il redattore: Marini
Il cancelliere:Di Paola
Depositata in cancelleria il 22 aprile 2002.
Il direttore della cancelleria:Di Paola