Ordinanza N. 135 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
16/04/1999
Data deposito/pubblicazione
16/04/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
12/04/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 10
giugno 1997 dal Tribunale di Macerata, iscritta al n. 528 del
registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Udito nella camera di consiglio del 24 marzo 1999 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che con ordinanza in data 10 giugno 1997 il Tribunale di
Macerata, nel corso di un procedimento penale, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di
procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa
partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che
abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza
nei confronti di altro soggetto concorrente nel medesimo reato, nella
quale, pur non essendo stata valutata la posizione di quello stesso
imputato in ordine alla sua responsabilità penale, sia stata
tuttavia valutata positivamente una prova rilevante per la sua
posizione;
che il remittente riferisce che due componenti del collegio hanno
già giudicato, in procedimento separato e quali membri di altro
collegio, due concorrenti nel medesimo reato ascritto ai due imputati
attualmente sottoposti a giudizio;
che – espone ancora il giudice a quo – la Corte d’appello di
Ancona, pronunciandosi su una dichiarazione di ricusazione, relativa
ai due magistrati avanzata dai due residui coimputati, l’ha
dichiarata inammissibile per tardività, osservando tuttavia che
l’incompatibilità conseguirebbe a quanto affermato da questa Corte
nella sentenza n. 371 del 1996, con la quale è stata dichiarata
l’illegittimità costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di
procedura penale, nella parte in cui non prevede che non possa
partecipare al giudizio nei confronti di un imputato il giudice che
abbia pronunciato o concorso a pronunciare una precedente sentenza
nei confronti di altri soggetti, nella quale la posizione di quello
stesso imputato in ordine alla sua responsabilità penale sia già
stata comunque valutata;
che, ad avviso del remittente, il processo sottoposto al suo
esame pone una questione estranea al tessuto argomentativo della
richiamata sentenza, poiché nel pronunciarsi nei confronti di un
concorrente il tribunale non pervenne affatto a una valutazione della
responsabilità dei correi allora estranei al processo ed attualmente
sottoposti al suo giudizio, ma si limitò a valutare una prova
rilevante anche nel successivo giudizio nei confronti degli altri
concorrenti;
che il Tribunale di Macerata, ritenendo che anche in questa
ipotesi gli artt. 3 e 24 della Costituzione sarebbero violati per la
possibilità che il giudice nel successivo giudizio sia prevenuto,
sollecita una ulteriore sentenza additiva sull’art. 34, comma 2, del
codice di procedura penale nei termini sopra riferiti.
Considerato che, secondo l’ordinanza di rimessione, la logica
sottesa alla sentenza n. 371 del 1996 comporterebbe che il giudice
che si sia pronunciato in un precedente giudizio sulla
responsabilità di alcuni concorrenti sia per ciò solo colpito da
incompatibilità in relazione al processo che venga successivamente
celebrato nei confronti di altro o altri concorrenti;
che, invece, quella sentenza mantiene espressamente ferma la
precedente acquisizione giurisprudenziale, che risale alle sentenze
n.186 del 1992 e n. 439 del 1993: nelle ipotesi di concorso di
persone nel reato, la autonomia delle posizioni di ciascun
concorrente consente, pur nella naturalistica unitarietà della
fattispecie, una segmentazione di processi e la scomposizione del
fatto in una pluralità di condotte autonomamente valutabili in
processi distinti, senza che la decisione dell’uno possa influenzare
quella dell’altro;
che con la sentenza n. 371 del 1996 si è però affermato che il
principio costituzionale del giusto processo impedisce che uno stesso
giudice valuti più volte, in sentenza, in successivi processi la
responsabilità penale di una persona in relazione al medesimo reato;
che l’incompatibilità del giudice non può essere dunque estesa
a tutte le ipotesi in cui si proceda separatamente nei confronti dei
concorrenti nel reato, ma deve essere circoscritta ai casi in cui,
con la sentenza che definisce il processo a carico di un imputato,
vengano compiute, sia pure incidentalmente, valutazioni in ordine
alla responsabilità penale di un terzo concorrente nel medesimo
reato;
che l’avere in una precedente sentenza valutato una prova nei
confronti di un imputato non significa necessariamente esprimere
valutazioni circa la responsabilità penale degli ulteriori
concorrenti nel reato rimasti estranei al processo;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 34, comma 2, del codice di procedura penale,
sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal
Tribunale di Macerata con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 aprile 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Mezzanotte
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 16 aprile 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola