Ordinanza N. 149 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
30/04/1999
Data deposito/pubblicazione
30/04/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
26/04/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di
controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
sanatoria delle opere edilizie), promosso con ordinanza emessa il 7
maggio 1997 dal pretore di Trani, sezione distaccata di Andria, nel
procedimento penale a carico di Rendine Alessandro, iscritta al n. 18
del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1999 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che il pretore di Trani, sezione distaccata di Andria, nel
corso di un procedimento penale a carico di un soggetto imputato di
violazione della normativa urbanistica e di altri reati concorrenti,
concernenti la violazione della normativa sulle costruzioni in
cemento armato (artt. 1, 2 e 13 della legge 5 novembre 1971, n. 1086)
e quella sulle costruzioni in zona sismica (artt. 3, 17, 18 e 20
della legge 2 febbraio 1974, n. 64), ha sollevato, con ordinanza del
7 maggio 1997 (r.o. n. 18 del 1998), questione di legittimità
costituzionale, in riferimento all’art. 3, primo comma, della
Costituzione, dell’art. 22, terzo comma, della legge 28 febbraio
1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività
urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere
edilizie), nella parte in cui non prevede che il rilascio della
concessione in sanatoria estingua, oltre alle violazioni di natura
strettamente urbanistica, anche i reati sopra citati;
che, ad avviso del giudice a quo tale esclusione dell’effetto
estintivo del reato attribuito alla concessione in sanatoria dalla
norma impugnata, con riferimento a reati, quali quelli indicati, che
sono puniti in misura assai più lieve di quella prevista per le
costruzioni abusive, non sarebbe adeguatamente giustificata dalla
diversità degli interessi da tutelare sottesi alle diverse
normative, e si porrebbe, pertanto, in contrasto con l’art. 3, primo
comma, della Costituzione, in quanto la declaratoria di non doversi
procedere sotto il profilo penale in relazione ai reati di cui si
tratta non precluderebbe alle autorità preposte alla vigilanza sulle
costruzioni eseguite in zona sismica e sulle opere in conglomerato
cementizio, ai sensi degli artt. 26 della legge n. 64 del 1974, e 18
della legge n. 1086 del 1971, di operare comunque i controlli cui
sono deputate;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
Ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, che
ha concluso per la manifesta infondatezza della questione sollevata,
osservando che il rilascio di una concessione in sanatoria in materia
urbanistica non può elidere ex post il disvalore giuridico che
deriva dalla violazione delle altre disposizioni richiamate, atteso
che esse tutelano oggettività giuridiche differenti e tra loro non
assimilabili;
che, sempre ad avviso dell’interveniente, non potrebbe farsi
discendere la illegittimità della mancata estensione alle
fattispecie in esame del meccanismo di estinzione previsto in
relazione alle violazioni in materia urbanistica dalla esiguità
della risposta sanzionatoria nei casi in questione, la quale dipende
esclusivamente dalle fattispecie stesse come reati di pericolo
astratto, in cui la sfera di intervento penale è considerevolmente
anticipata in considerazione della priorità del bene tutelato.
Infine, si osserva nella memoria, la comunicazione della sentenza di
condanna all’ufficio tecnico della Regione ex art. 26 della legge n.
64 del 1974, ovvero alla Prefettura ex art. 18 della legge n. 1086
del 1971, non elide affatto il disvalore penale delle condotte poste
in essere.
Considerato che questa Corte ha già affermato la natura
particolare della estinzione dei reati urbanistici prevista dal
combinato disposto degli articoli 13 e 22 della legge 28 febbraio
1985 n.47, risolventesi in un accertamento dell’inesistenza del danno
urbanistico, e cioè di mancanza ex tunc dell’antigiuridicità
sostanziale del fatto reato urbanistico (sentenza n. 370 del 1988);
che la fattispecie penale estintiva di cui al capo I della legge
n. 47 del 1985 è nettamente diversa dalla fattispecie estintiva di
cui al capo IV della stessa legge (sentenza n. 370 del 1988);
che la estinzione prevista dall’art. 38 della legge n. 47 del
1985 non si accompagna necessariamente al rilascio della concessione
in sanatoria ed è di carattere del tutto eccezionale e limitata nel
tempo di commissione degli illeciti, allo scopo di sanare posizioni
pregresse e risolvere, – in relazione anche a ragioni contingenti e
straordinarie di natura finanziaria – (sentenza n. 427 del 1995),
situazioni diffuse di abusivismo addebitabili anche a cronica inerzia
o insufficienza dell’azione comunale di programmazione e controllo
dell’attività urbanistica ed edilizia;
che nel capo IV (condono-sanatoria) della predetta legge n. 47
del 1985 e nelle corrispondenti disposizioni delle leggi 23 dicembre
1994, n. 724 (art. 39, comma 17) e 23 dicembre 1996, n. 662 (art. 2,
comma 50) vi è la previsione ed una espressa considerazione dei
profili di idoneità statica e di adeguamento antisismico con
richiamo alle norme della legge 5 novembre 1971, n.1086 e alla legge
2 febbraio 1974, n. 64 (articolo 35);
che il combinato disposto degli articoli 13 e 22 della legge n.
47 del 1985 è disposizione di regime, destinata ad operare anche nel
futuro ed in via permanente allo scopo di regolarizzare sul piano
esclusivamente urbanistico-edilizio situazioni di irregolarità
meramente formale (di mancanza di titolo concessorio o autorizzatorio
edilizio) di opere compiute ed eseguite in persistente piena
conformità con gli strumenti urbanistici approvati o in itinere
senza alcuna considerazione con i differenti profili attinenti alla
sicurezza statica e alla prevenzione dei rischi sismici;
che il legislatore gode di una scelta ampiamente discrezionale in
ordine alla ampiezza di particolari estinzioni di reato in
conseguenza di sanatorie amministrative, tanto più se riguardano
reati semplicemente connessi all’attività da sanare (profilo
urbanistico);
che appare sicuramente non arbitraria e non assolutamente
irragionevole la scelta del legislatore di limitare la particolare
ipotesi di estinzione dei reati, a seguito della sanatoria mediante
accertamento di conformità, ai soli reati contravvenzionali previsti
dalle norme urbanistiche vigenti (art. 13 e 22 della legge n. 47 del
1985);
che tale scelta è stata condizionata dalle particolari esigenze
di sicurezza generale, volte ad evitare che, in via permanente anche
per il futuro, si possa fare a meno delle specifiche procedure (e
relativa tutela penale) attinenti alla idoneità statica per le opere
in cemento armato o a struttura metallica e alle opere in zona
sismica, semplicemente ricorrendo all’accertamento di conformità
avente valenza esclusivamente urbanistica;
che, del resto, nel sistema penale non resta in radice esclusa la
possibilità per i soggetti interessati di avvalersi dei generali
strumenti di composizione dell’azione penale, ricorrendo per le
contravvenzioni concorrenti – ove ne sussistano gli estremi e a
seconda delle diverse ipotesi – alla separata oblazione (articoli 162
e 162-bis del codice penale), previa eliminazione degli eventuali
elementi impeditivi (conseguenze dannose o pericolose del reato
eliminabili da parte del contravventore);
che, alla stregua delle anzidette argomentazioni, la questione
deve essere dichiarata manifestamente infondata sotto ogni profilo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi avanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 22, terzo comma, della legge 28 febbraio
1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività
urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere
edilizie), sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della
Costituzione, dal pretore di Trani, sezione distaccata di Andria, con
l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 aprile 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere: Fruscella
Depositata in cancelleria il 30 aprile 1999.
Il cancelliere: Fruscella