Ordinanza N. 157 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
10/05/1999
Data deposito/pubblicazione
10/05/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
29/04/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni
legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e
relative sanzioni amministrative e penali), promosso con ordinanza
emessa il 20 febbraio 1997 dal giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Bolzano, iscritta al n. 614 del registro
ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 39, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1999 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Bolzano – in sede di udienza preliminare nel
procedimento a carico di una persona trovata in possesso di un
“alambicco rudimentale” e di otto litri di liquido “presumibilmente
grappa”, e per ciò imputata del reato di cui all’art. 41 del decreto
legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni
legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e
relative sanzioni amministrative e penali), per aver fabbricato
illegalmente otto litri di grappa – prima di pronunciarsi sulla
istanza di patteggiamento avanzata dall’imputata, con ordinanza in
data 20 febbraio 1997, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27
della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della
citata disposizione, nella parte in cui punisce la fabbricazione
clandestina di alcole o di bevande alcoliche con la pena minima di
sei mesi di reclusione e di lire quindici milioni di multa;
che, ad avviso del giudice a quo, il legislatore, con la
previsione di sanzioni minime così elevate, sembrerebbe non aver
tenuto conto “della realtà sociale del fenomeno disciplinato, delle
concrete limitate dimensioni dei singoli casi, della inferiorità
economica delle persone che distillano (in genere modesti
agricoltori), delle tradizioni agricole e domestiche di alcune zone
d’Italia, della mancanza di disvalore della condotta sanzionata”,
essendo notorio che la grappa e altri distillati verrebbero prodotti
anche dai contadini per uso domestico in piccoli quantitativi ed
essendo comprensibile che i contadini stessi non ritengano di doversi
assoggettare ai gravosi adempimenti imposti da una legge che
finirebbe con l’essere percepita come una imposizione puramente
vessatoria;
che, comunque, la sanzione prevista dalla disposizione censurata,
che punisce la fabbricazione clandestina di alcole con la pena della
reclusione da sei mesi a tre anni e della multa dal doppio al decuplo
dell’imposta evasa, non inferiore in ogni caso a lire quindici
milioni, risulterebbe del tutto sproporzionata rispetto alla gravità
della condotta e alla funzione della pena (nel caso di specie, a
fronte di accise evase per lire 100.000, l’imputata dovrebbe essere
condannata quantomeno alla pena di sei mesi di reclusione e lire
quindici milioni di multa), e violerebbe, di conseguenza, gli
indicati parametri costituzionali, sia sotto il profilo
dell’irragionevole uso della discrezionalità legislativa, sia sotto
il profilo dell’assoggettamento al medesimo trattamento sanzionatorio
dell’uso di alambicchi di differente portata;
che è intervenuto nel presente giudizio il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non
fondata, apparendo tutt’altro che ingiustificato il rigore cui è
ispirata la disposizione sanzionatoria impugnata;
che, infatti, ad avviso dell’Avvocatura, poiché la distillazione
clandestina sarebbe attività particolarmente pericolosa dal punto di
vista fiscale, tenuto conto dell’elevato livello dell’accisa sugli
alcoli, della facile occultabilità dei prodotti della distillazione
e della assoluta irrilevanza sotto il profilo della capacità
produttiva delle dimensioni dell’apparecchio utilizzato, il potere di
graduazione della pena sarebbe stato esercitato dal legislatore non
irragionevolmente.
Considerato che l’articolo 41 del decreto legislativo 26 ottobre
1995, n. 504, contiene una descrizione assai analitica delle parti
dell’apparecchio di produzione rilevanti ai fini della prova della
fabbricazione clandestina di alcoli, individuando come tali la
caldaia per la distillazione, il recipiente di raccolta delle flemme,
lo scaldavino, il deflemmatore e il refrigerante;
che il remittente ritiene integrata la previsione normativa con
il rinvenimento presso l’imputata di otto litri di un liquido
“presumibilmente grappa” e di un “alambicco rudimentale”;
che, poiché il termine alambicco non compare nella disposizione
legislativa nella quale sono invece descritte dettagliatamente le
componenti dell’apparecchio, l’aggettivo rudimentale usato dal
remittente genera, in sede di controllo della rilevanza della
questione, spettante a questa Corte, il dubbio che l’oggetto
rinvenuto presso l’imputata sia effettivamente riconducibile a quelli
indicati nel censurato articolo 41 ai fini della prova del reato di
fabbricazione clandestina di alcole e di bevande alcoliche;
che, in presenza di una così modesta quantità di liquido
rinvenuto, si impone una più circostanziata descrizione della
fattispecie che renda immediatamente evidente la rilevanza della
questione;
che non può dirsi bastevole a tal fine il proposito
dell’imputata, riferito dal remittente, di chiedere l’applicazione
della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., posto che tale
richiesta non integra quella più puntuale definizione della
fattispecie necessaria all’individuazione della rilevanza della
questione di legittimità costituzionale;
che, pertanto, la sollevata questione deve essere dichiarata
manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 41 del decreto legislativo 26
ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative
concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative
sanzioni amministrative e penali), sollevata, in riferimento agli
artt. 3 e 27 della Costituzione, dal giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Bolzano con l’ordinanza indicata
in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 29 aprile 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Mezzanotte
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 10 maggio 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola