Ordinanza N. 161 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
10/05/1999
Data deposito/pubblicazione
10/05/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
29/04/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione
amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del
Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali),
promosso con ordinanza emessa il 13 maggio 1998 dal Tribunale
amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania,
sul ricorso proposto da Campanella Biagio ed altri contro la
Presidenza del Consiglio dei ministri ed altri, iscritta al n. 676
del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visti gli atti di costituzione di Zingales Vincenzo ed altro, di
Volpe Carmine, nonché l’atto di intervento del Presidente del
Consiglio dei Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 24 marzo 1999 il giudice
relatore Massimo Vari.
Ritenuto che, nel corso del giudizio d’impugnazione (promosso da
taluni magistrati in servizio presso il Tribunale amministrativo
regionale per la Sicilia) del decreto del Presidente del Consiglio
dei Ministri in data 8 gennaio 1998, relativo alla costituzione del
Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa (a seguito
delle elezioni svoltesi il 30 novembre 1997 per il rinnovo
dell’organo), il Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia,
sezione staccata di Catania, ha sollevato, con ordinanza del 13
maggio 1998, questione di legittimità costituzionale dell’art. 7
della legge 27 aprile 1982, n. 186 (Ordinamento della giurisdizione
amministrativa e del personale di segreteria ed ausiliario del
Consiglio di Stato e dei tribunali amministrativi regionali);
che, ad avviso del giudice a quo la disposizione censurata, la
quale disciplina la composizione del Consiglio di presidenza della
giustizia amministrativa, si pone in contrasto, in primo luogo, con
gli artt. 101, secondo comma, 107, terzo comma, e 108, secondo comma,
della Costituzione, dovendosi dubitare “della effettiva capacità del
Consiglio di Presidenza, nella sua attuale composizione, di garantire
la reale indipendenza della magistratura amministrativa e la
conformità al principio secondo cui i giudici sono soggetti soltanto
alla legge”;
che, secondo l’ordinanza di rimessione, sarebbero, altresì,
violati gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto la
partecipazione al Consiglio di presidenza, oltre al Presidente del
Consiglio di Stato, anche dei due Presidenti di sezione più anziani
dello stesso Consiglio di Stato, quali membri di diritto, fa
ragionevolmente dubitare che l’organo di autogoverno – la cui
componente maggioritaria “è espressione di una componente, invece,
minoritaria della magistratura amministrativa” – sia in grado di
assicurare il buon andamento e l’imparzialità dell’azione
amministrativa;
che si sono costituiti Zingales Vincenzo e Salamone Vincenzo,
ricorrenti nel giudizio a quo i quali hanno concluso – in forza di
argomentazioni sostanzialmente coincidenti con quelle sviluppate
dall’ordinanza di rimessione – per l’accoglimento della sollevata
questione di costituzionalità;
che si è, altresì, costituito Volpe Carmine controinteressato
nel giudizio a quo, il quale ha concluso per l’irrilevanza,
inammissibilità e infondatezza della proposta questione e, con
successiva memoria integrativa, per la “manifesta inammissibilità”
della stessa, “in conformità alla precedente pronuncia” resa da
questa Corte, con ordinanza n. 377 del 1998;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
deducendo l’inammissibilità o comunque l’infondatezza della
sollevata questione.
Considerato che questa Corte, con ordinanza n. 377 del 1998,
nell’esaminare le questioni di costituzionalità dell’art. 7 della
legge 27 aprile 1982, n. 186, che già in precedenza, da altri
giudici, erano state sollevate per profili analoghi a quelli sopra
riferiti in riferimento agli artt. 3, 97, 101, 107, terzo comma, e
108, secondo comma, della Costituzione, le ha dichiarate
manifestamente inammissibili, rilevando che i problemi di struttura
del Consiglio di presidenza vanno “necessariamente apprezzati
nell’ambito dell’intero sistema, quale risultante dai diversi
elementi che in esso intervengono e fra loro si combinano, con
particolare riguardo a modalità di estrazione e provenienza delle
varie componenti, nonché alle proporzioni in cui si risolve la
partecipazione dei membri elettivi e di diritto”;
che la medesima ordinanza ha, inoltre, osservato che la segnalata
“esigenza di un diverso assetto”, in ogni caso, “si presta ad una
pluralità di soluzioni fra le quali solo il legislatore è
legittimato a scegliere nella sua discrezionalità, non potendosi
invece richiedere a questa Corte di indicare possibili diverse
configurazioni dell’organo in questione”;
che, pertanto, non emergendo a sostegno dell’ordinanza in
epigrafe argomentazioni e profili nuovi o, comunque, tali da indurre
a diverso avviso, la questione va dichiarata manifestamente
inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 7 della legge 27 aprile 1982,
n. 186 (Ordinamento della giurisdizione amministrativa e del
personale di segreteria ed ausiliario del Consiglio di Stato e dei
tribunali amministrativi regionali), sollevata, in riferimento agli
artt. 3, 97, 101, secondo comma, 107, terzo comma, e 108, secondo
comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per
la Sicilia, sezione staccata di Catania, con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 29 aprile 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Vari
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 10 maggio 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola