Ordinanza N. 183 del 2002
Corte Costituzionale
Data generale
10/05/2002
Data deposito/pubblicazione
10/05/2002
Data dell'udienza in cui è stato assunto
06/05/2002
Presidente: Massimo VARI;
Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo MEZZANOTTE, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI,
Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK, Francesco
AMIRANTE;
17, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni
in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle
amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di
lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione
dell’art. 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), promosso
con ordinanza emessa il 26 febbraio 2001 dal Tribunale amministrativo
regionale della Sicilia – sezione staccata di Catania, iscritta al
n. 452 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 24, 1ª serie speciale, dell’anno 2001.
Visti l’atto di costituzione della parte convenuta del giudizio
principale, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 12 marzo 2002 il giudice relatore
Carlo Mezzanotte;
Uditi l’avvocato Umberto Di Giovanni per la parte convenuta del
giudizio principale e l’avvocato dello Stato Ignazio F. Caramazza per
il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio avente ad oggetto
l’accertamento del diritto del ricorrente al rimborso delle spese
legali da parte del Comune di Palagonia, in relazione a procedimenti
penali conclusisi con la sua assoluzione e, ove necessario, la
richiesta di annullamento di qualsiasi atto amministrativo
denegatorio del diritto del ricorrente medesimo, il Tribunale
amministrativo regionale della Sicilia – sezione staccata di Catania,
con ordinanza del 26 febbraio 2001, ha sollevato, in riferimento agli
articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 45, comma 17, del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione
e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di
giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione
amministrativa, emanate in attuazione dell’art. 11, comma 4, della
legge 15 marzo 1997, n. 59);
che la disposizione censurata stabilisce che “sono attribuite
al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le
controversie di cui all’articolo 68 del decreto legislativo
3 febbraio 1993, n. 29, come modificato dal presente decreto,
relative a questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro
successivo al 30 giugno 1998. Le controversie relative a questioni
attinenti al periodo del rapporto di lavoro anteriore a tale data
restano attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo e debbono essere proposte, a pena di decadenza, entro
il 15 settembre 2000”;
che, ad avviso del remittente, la questione sarebbe
senz’altro rilevante, in quanto il ricorso, notificato il
13 settembre 2000, ma depositato il 5 ottobre 2000, è stato
indubbiamente proposto oltre il termine stabilito dalla disposizione
censurata, dovendosi avere riguardo nel processo amministrativo, ai
fini del perfezionamento della fattispecie della proposizione del
ricorso, alla data del deposito dello stesso, successivamente alla
notificazione;
che la questione sarebbe altresì non manifestamente
infondata, dal momento che la disposizione censurata comporterebbe
sia una irragionevole (perché dovuta soltanto alla mera casualità
dell’essersi il credito maturato ad una certa data) riduzione degli
ordinari termini prescrizionali, in conseguenza dello sbarramento
fissato al 15 settembre 2000, sia una violazione del diritto di agire
in giudizio, in quanto in simili ipotesi il dipendente non potrebbe
agire né davanti al giudice ordinario, privo di giurisdizione per le
fattispecie formatesi in data anteriore al 30 giugno 1998, né
davanti al giudice amministrativo, che ha perduto la giurisdizione
transitoriamente attribuitagli fino allo scadere del termine
decadenziale stabilito dalla medesima disposizione;
che si è costituito nel presente giudizio il Comune di
Palagonia, eccependo in primo luogo la irrilevanza della questione,
sulla base del rilievo che non esisterebbe una norma che attribuisca
al dipendente comunale il diritto al rimborso delle spese legali
eventualmente sostenute per la difesa nei procedimenti penali cui sia
stato sottoposto, ancorché per fatti connessi all’espletamento del
servizio, e concludendo, nel merito, per la manifesta infondatezza
della questione stessa, in quanto la disposizione censurata non
inciderebbe sui diritti del pubblico dipendente, ma solo sui termini
di proposizione dell’azione, regolati in modo omogeneo, mentre la
dedotta violazione dell’art. 24 Cost. sarebbe frutto di un equivoco
del remittente, essendo del tutto evidente che la fissazione di un
termine di decadenza non preclude affatto la tutela delle situazioni
di diritto o di interesse, ma solo ne disciplina le modalità di
esercizio in relazione alle finalità di certezza della
individuazione del giudice in un momento di passaggio dall’una
all’altra giurisdizione;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per
chiedere che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata:
la disposizione censurata, abrogata dall’art. 72, comma 1, lettera
bb), del d.lgs. 31 marzo 2001, n. 165 (Norme generali
sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
pubbliche), ma riprodotta dall’art. 69, comma 7, del medesimo d.lgs.,
si limiterebbe infatti ad operare una mera ripartizione di
giurisdizione tra giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro
e giudice amministrativo, utilizzando lo strumento della decadenza
legato a un determinato limite temporale, pienamente compatibile con
i principia costituzionali.
Considerato che, successivamente alla pronuncia della ordinanza
di rimessione, è entrato in vigore il decreto legislativo 31 marzo
2001, n. 165, il quale, all’articolo 72, comma 1, lettera bb), ha
disposto l’abrogazione, tra numerose altre, della disposizione
censurata, e, all’art. 69, comma 7, ne ha tuttavia riprodotto il
contenuto apportandovi alcune modificazioni;
che, non essendo la disposizione censurata riprodotta nel
suddetto decreto legislativo nella sua identica formulazione, non
può operare il principio, più volte affermato da questa Corte, del
trasferimento della questione sulla disposizione attraverso la quale
vive nell’ordinamento la norma censurata (sentenza n. 376 del 2000;
ordinanza n. 11 del 2002), ma si rende necessaria la restituzione
degli atti al giudice remittente perché proceda ad un nuovo esame
della rilevanza della questione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo
regionale della Sicilia – sezione staccata di Catania.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 maggio 2002.
Il Presidente: Vari
Il redattore: Mezzanotte
Il cancelliere:Di Paola
Depositata in cancelleria il 10 maggio 2002.
Il direttore della cancelleria:Di Paola