Ordinanza N. 2 del 1979
Corte Costituzionale
Data generale
09/01/1979
Data deposito/pubblicazione
09/01/1979
Data dell'udienza in cui è stato assunto
08/01/1979
GIULIO GIONFRIDA – Prof. EDOARDO VOLTERRA – Dott. MICHELE ROSSANO –
Prof. LEOPOLDO ELIA – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE –
Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof.
LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA –
Prof. VIRGILIO ANDRIOLI, Giudici,
Pietroletti, in nome e per conto del “Comitato promotore del
referendum abrogativo della legge 25 gennaio 1962, n.20”, quale
rappresentante dei firmatari della relativa richiesta, pervenuto in
cancelleria il 23 ottobre 1978 ed iscritto al n. 15 del registro a.r.
1978, per conflitto di attribuzione sorto a seguito dell’ordinanza
dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione,
depositata nella cancelleria della Corte di cassazione il 25 maggio
1978, con la quale si dichiara che “le operazioni di cui alla
richiesta di referendum popolare, presentata il 30 giugno 1977,
riguardante gli artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10 e 11, comma primo, 12,
limitatamente alle parole “il quale ne informa immediatamente la
Commissione inquirente”, 13, 14, comma primo, limitatamente alle parole
“la Commissione inquirente o”, 16, comma primo, limitatamente alle
parole “la Commissione inquirente o” della legge 25 gennaio 1962, n.
20 – “Norme sui procedimenti e giudizi di accusa” – , non hanno più
corso.
Udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1978 il Giudice
relatore Antonio La Pergola.
Ritenuto che il Comitato promotore del referendum abrogativo della
legge 25 gennaio 1962, n. 20 (limitatamente agli artt. 2, 3, 4, 6, 7,
8, 9, 11, 12, 13, 14, 16) ha, in rappresentanza dei firmatari della
relativa richiesta, sollevato conflitto di attribuzione nei confronti
dell’Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione
deducendo, con ricorso in data 23 ottobre 1978 che, nel corso della
procedura conseguente alla presentazione della suddetta richiesta di
referendum, il Parlamento ha con l’art. 9 della legge 10 maggio 1978,
n. 170 – “Norme sui procedimenti di accusa di cui alla legge 25
gennaio 1962, n. 20” – abrogato i tredici articoli della legge oggetto
della richiesta referendaria, ed ha dettato altresì una disciplina
sostitutiva di tutte le norme abrogate; che nella specie vengono presi
in considerazione i criteri enunciati da questa Corte con le sentenze
n. 68 e 69 del 1978: e precisamente, vertendo la richiesta di
referendum su singole disposizioni di legge, che l’Ufficio centrale per
il referendum era tenuto, prima di dichiarare cessate le relative
operazioni ai sensi dell’art. 39 della legge n. 352 del 1970, a
valutare se la nuova disciplina lasciasse inalterato l’essenziale
contenuto normativo dei precetti puntualmente indicati dai promotori
nella loro richiesta, ed in questa evenienza a disporre che il
referendum fosse trasferito alla normazione sopravvenuta;
che l’Ufficio centrale per il referendum avrebbe erroneamente
applicato l’art. 39 della legge n. 352 del 1970 al caso in esame,
ritenendo che la legge 10 maggio 1978 abbia sostanzialmente modificato
la preesistente legislazione oggetto del quesito referendario, laddove,
alla stregua dei canoni ermeneutici indicati nelle citate sentenze di
questa Corte, esso avrebbe dovuto ritenere il contrario; che pertanto
l’ordinanza dell’Ufficio centrale per il referendum, depositata il 25
maggio 1978, avrebbe, col dichiarare cessate le operazioni
referendarie, violato gli interessi costituzionalmente protetti dei
promotori del referendum, ed invaso la sfera a questi riservata.
Ritenuto che dai ricorrenti viene chiesto a questa Corte di
dichiarare che all’Ufficio centrale per il referendum non è attribuito
il potere di disporre la cessazione delle operazioni di cui alla
richiesta di referendum riguardante gli articoli 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9,
10, 11, comma primo, 12, limitatamente alle parole “il quale ne informa
immediatamente la Commissione inquirente”, 13, 14, comma primo,
limitatamente alle parole “la Commissione inquirente o”, 16, comma
primo, limitatamente alle parole “la Commissione inquirente o” della
legge 25 gennaio 1962, n. 20 – “Norme sui procedimenti e giudizi di
accusa” – e di annullare conseguentemente l’ordinanza dell’Ufficio
centrale per il referendum depositata in data 25 maggio 1978.
Considerato che a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della
legge n. 87 del 1953, la Corte è in questa fase chiamata a deliberare
senza contraddittorio se il ricorso sia ammissibile, in quanto esista
“la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua
competenza”, rimanendo impregiudicata, ove la pronuncia sia di
ammissibilità, la facoltà delle parti di proporre, nel corso
ulteriore del giudizio, anche su questo punto, istanze ed eccezioni.
Che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, per determinare se
vi sia materia di conflitto deve accertarsi unicamente, in via di
prima deliberazione, la concorrenza dei requisiti di ordine soggettivo
ed oggettivo prescritti dal primo comma dell’art. 37 della legge n. 87
del 1953, e cioè se il conflitto sorga fra organi competenti a
dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartengono, e
per la delimitazione della sfera di attribuzioni, determinata, per i
vari poteri, da norme costituzionali.
Che, dal punto di vista soggettivo – come questa Corte ha in altre
pronunzie affermato (ordinanza n. 17 e sentenza n. 69 del 1978) – la
frazione del corpo elettorale, identificata dall’art. 75 della
Costituzione in almeno cinquecentomila elettori firmatari di una
richiesta di referendum abrogativo, è, in virtù delle funzioni ad
essa attribuite e garantite dalla Costituzione, assimilabile ad un
potere dello Stato, e così legittimata a sollevare conflitto di
attribuzione ai sensi degli artt. 134 Cost. e 37 della legge 87 del
1953; che competenti a dichiarare in questa sede le volontà dei
firmatari della richiesta devono considerarsi i promotori ed, in
quanto sono anche promotori, i presentatori della richiesta stessa; che
d’altra parte sussiste la legittimazione passiva dell’Ufficio centrale
presso la Corte di cassazione, in quanto organo investito, in via
esclusiva e definitiva, del potere sia di decidere sulla legittimità
delle richieste di referendum abrogativo, sia di disporre la cessazione
delle relative operazioni, nei limiti previsti, secondo la sentenza n.
68 del 1978, nell’art. 39 della legge 352 del 1970.
Che, sotto il profilo oggettivo, il conflitto sollevato attiene
alla sfera di applicazione dell’istituto del referendum abrogativo
configurato dal testo costituzionale, essendo stato dedotto dai
ricorrenti che l’Ufficio centrale per il referendum non aveva il potere
di disporre la cessazione delle operazioni relative al referendum
abrogativo degli artt. 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, comma primo, 12,
limitatamente alle parole “il quale ne informa immediatamente la
Commissione inquirente”, 13, 14, comma primo, limitatamente alle parole
“la Commissione inquirente o”, 16, comma primo, limitatamente alle
parole “la Commissione inquirente o” della legge 25 gennaio 1962, n.
20 – “Norme sui procedimenti e giudizi di accusa” – : e ciò
sull’assunto che ai promotori del referendum è garantita la funzione
di provocare lo svolgimento della consultazione popolare anche con
riguardo alle norme sopravvenute nelle more della procedura, le quali
non modifichino l’essenziale contenuto normativo dei singoli precetti
indicati nella richiesta referendaria.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservato ogni definitivo giudizio circa l’ammissibilità e circa
il merito del ricorso;
dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge n. 87 del
1953, il ricorso per conflitto di attribuzione di cui in epigrafe.
Dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione al
Comitato ricorrente, nelle persone di tutti i suoi componenti come
indicato in ricorso, della presente ordinanza;
b) che, a cura del Comitato ricorrente il ricorso e la presente
ordinanza siano notificati all’Ufficio centrale per il referendum
presso la Corte di cassazione, entro giorni 20 dalla data di
ricevimento della comunicazione di cui sopra.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’8 gennaio 1979.
F.to: LEONETTO AMADEI – GIULIO
GIONFRIDA – EDOARDO VOLTERRA –
MICHELE ROSSANO – LEOPOLDO ELIA –
GUGLIELMO ROHERSSEN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – LIVIO PALADIN – ARNALDO
MACCARONE – ANTONIO LA PERGOLA –
VIRGILIO ANDRIOLI.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere