Ordinanza N. 209 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
03/06/1998
Data deposito/pubblicazione
03/06/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
20/05/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI
decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il
risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni,
nella legge 8 agosto 1992, n. 359, come sostituito dall’art. 1, comma
65, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica), promossi con ordinanze emesse il 24 aprile
1996 dal tribunale di Latina, il 27 novembre 1996 dal tribunale di
Pordenone, il 16 febbraio 1996 dal tribunale di Taranto ed il 9
gennaio 1996 dal tribunale di Reggio Calabria, rispettivamente
iscritte ai nn. 243, 385, 409 e 895 del registro ordinanze 1997 e
pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica, n. 20, 27 e 28,
prima serie speciale, dell’anno 1997 e n. 2, prima serie speciale,
dell’anno 1998;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 7 aprile 1998 il giudice
relatore Riccardo Chieppa;
Ritenuto che, nel corso di un procedimento civile avente ad oggetto
la domanda di risarcimento danni da illegittima occupazione
acquisitiva di un terreno di proprietà privata, il tribunale di
Latina, con ordinanza emessa in data 24 aprile 1996, pervenuta alla
Corte costituzionale il 15 aprile 1997 (r.o. n. 243 del 1997), ha
sollevato questione di legittimità dell’art. 5-bis, comma 6, del
decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il
risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni,
nella legge 8 agosto 1992, n. 359, come sostituito dall’art. 1, comma
65, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica), che ha disposto che la disciplina dello
stesso art. 5-bis in tema di stima dell’indennizzo espropriativo –
che fissa il quantum dovuto nella media tra il valore venale del
suolo e la rendita catastale rivalutata degli ultimi dieci anni con
riduzione dell’importo ottenuto del 40% – si applica anche “in tutti
i casi in cui non sono stati ancora determinati in via definitiva il
prezzo, l’entità dell’indennizzo e/o del risarcimento del danno alla
data di entrata in vigore della legge di conversione del presente
decreto”;
che, ad avviso del Collegio rimettente, tale disposizione si
porrebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, realizzando
una violazione del principio di uguaglianza, per l’ingiustificata e
discriminatoria parificazione delle posizioni di chi subisca gli
effetti di un fatto illecito, quale l’accessione invertita in favore
dell’amministrazione, e di chi, invece, sia destinatario di un iter
procedurale espropriativo concluso nel rispetto dei termini e delle
forme di legge;
che la disposizione censurata integrerebbe, inoltre, una lesione
dell’art. 24 della Costituzione, per la violazione del diritto alla
difesa di chi, avendo subito una occupazione illegittima, e, quindi,
avendo già maturato, alla data di entrata in vigore della legge di
conversione del d.-l. n. 333 del 1992, il diritto al risarcimento del
danno, sarebbe stato, già a quella data, titolare di un credito di
valore per l’avvenuta consumazione dell’illecito;
che, infine, sarebbero violati gli artt. 42, terzo comma, e 97,
primo e secondo comma, della Costituzione, risultando la p.a. del
tutto svincolata dalla osservanza delle norme che presiedono al
regolare svolgimento del procedimento amministrativo e riducendosi la
sindacabilità da parte del privato dell’operato pubblico;
che anche il tribunale di Pordenone, con ordinanza emessa il 27
novembre 1996 (r.o. n. 385 del 1997), ha censurato la medesima
disposizione in riferimento agli artt. 42, terzo comma, 3, primo
comma, e 97, primo comma, della Costituzione;
che la stessa questione di legittimità costituzionale, in
riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, è stata, altresì,
sollevata dal tribunale di Taranto, con ordinanza del 16 febbraio
1996, pervenuta alla Corte il 2 giugno 1997 (r.o. n. 409 del 1997);
che, infine, l’art. 5-bis, comma 6, del d.-l. n. 333 del 1992 è
stato oggetto di censura da parte del tribunale di Reggio Calabria
(ordinanza r.o. n. 895 del 1997, emessa il 9 gennaio 1996 e pervenuta
alla Corte il 15 dicembre 1997), che ne ha sostenuto il contrasto con
l’art. 3, primo comma, e con l’art. 42, secondo e terzo comma, della
Costituzione;
che nel giudizio introdotto con ordinanza r.o. n. 409 del 1997 è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri con il
patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per
la manifesta infondatezza della questione;
Considerato che, in considerazione della identità delle questioni
sollevate, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con
un’unica pronuncia;
che la disposizione censurata è già stata dichiarata
costituzionalmente illegittima in parte qua con la sentenza n. 369
del 1996, e, pertanto, espunta dall’ordinamento;
che, dunque, tutte le questioni sollevate devono essere
dichiarate manifestamente inammissibili;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi, dichiara la manifesta inammissibilità delle
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 5-bis, comma 6,
del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il
risanamento della finanza pubblica), convertito, con modificazioni,
nella legge 8 agosto 1992, n. 359, come sostituito dall’art. 1, comma
65, della legge 28 dicembre 1995, n. 549 (Misure di razionalizzazione
della finanza pubblica), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24,
42, terzo comma, e 97, primo e secondo comma, della Costituzione, dal
tribunale di Latina; in riferimento agli artt. 42, secondo e terzo
comma, 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dal
tribunale di Pordenone; in riferimento agli artt. 3 e 97 della
Costituzione, dal tribunale di Taranto; in riferimento agli artt. 3,
primo comma, e 42, secondo e terzo comma, della Costituzione, dal
tribunale di Reggio Calabria, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 3 giugno 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola