Ordinanza N. 227 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
08/06/1994
Data deposito/pubblicazione
08/06/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
26/05/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo
CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.
Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando
SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
secondo comma, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni
comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi),
promosso con ordinanza emessa il 13 novembre 1992 dalla Commissione
tributaria di secondo grado di Roma sul ricorso proposto da Pellicani
Emilio contro l’Ufficio Imposte Dirette di Roma iscritta al n. 738
del registro ordinanze e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 52, prima serie speciale, dell’anno 1993;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1994 il Giudice
relatore Renato Granata;
Ritenuto che con ordinanza del 13 novembre 1992 la Commissione
tributaria di secondo grado di Roma – in riferimento agli artt. 3, 24
e 53 della Costituzione – ha sollevato questione di costituzionalità
dell’art. 43, commi 1 e 2, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600
(Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui
redditi) – nella parte in cui non equipara in ogni caso, al fine
della durata del termine di decadenza per la notifica dell’avviso di
accertamento, la presentazione del certificato di cui all’art. 1,
comma 4, lett. d), d.P.R. n. 600/73 cit. (c.d. modello 101), alla
presentazione della dichiarazione dei redditi per sospetta
violazione, in particolare, del principio di eguaglianza atteso che –
con riferimento a due situazioni sostanzialmente omogenee (quella del
contribuente che si limita a presentare il modello 101, pur avendo
redditi ulteriori e diversi rispetto a quelli da lavoro dipendente, e
quella del contribuente che presenti l’ordinaria dichiarazione dei
redditi con modello 740 omettendo anch’egli di indicare i redditi
diversi da quelli da lavoro dipendente) – sono previsti dalla norma
censurata due diversi termini di decadenza rispettivamente fino al 31
dicembre del sesto anno successivo a quello in cui la dichiarazione
avrebbe dovuto essere presentata (art. 41, comma 2) ovvero fino al 31
dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata
presentata la dichiarazione dei redditi (art. 42, comma 1);
che nella specie la Commissione tributaria di primo grado di
Roma – adita a seguito di ricorso di Pellicani Emilio, che deduceva
in via preliminare la intervenuta decadenza del potere di rettifica
della dichiarazione dei redditi – aveva annullato l’accertamento per
essere spirato il termine di decadenza (di cinque anni) previsto
dall’art. 43 d.P.R. n. 600/73 cit., termine questo ritenuto
applicabile pur avendo il Pellicani presentato, al fine della
dichiarazione dei redditi per l’anno 1982, il solo certificato (mod.
101), rilasciato dal proprio datore di lavoro, senza che ricorressero
le condizioni previste dal quarto comma, lett. d), dell’art. 1 d.P.R.
29 settembre 1973 n. 600, per essere egli percettore di altri redditi
oltre quello da lavoro dipendente;
che l’Ufficio appellante sosteneva invece la tempestività
dell’atto di accertamento impugnato in quanto la presentazione del
modello 101 fuori dalle ipotesi previste dalla legge costituisce
omessa presentazione della dichiarazione dei redditi sicché il
termine di decadenza ( ex art. 43 cit.) è, non già di cinque anni,
come ritenuto dalla Commissione tributaria di primo grado, bensì di
sei anni;
che il contribuente appellato insisteva nel sostenere invece la
equiparabilità in ogni caso della presentazione del modello 101 alla
presentazione della dichiarazione dei redditi;
che la Commissione rimettente, nel prospettare l’alternativa
esegetica in ordine alla portata della norma censurata secondo le
contrapposte tesi delle parti in giudizio, ritiene che, “ove si
accedesse alla tesi prospettata dall’ufficio”, la norma esonerativa
dalla presentazione della dichiarazione per i lavoratori dipendenti
porrebbe gli stessi nella disuguale condizione, rispetto ad altri
soggetti non esonerati e tenuti alla presentazione della
dichiarazione dei redditi, di dover sottostare ad un termine più
lungo (sei anni) concesso all’ufficio dal secondo comma dell’art. 43
per effettuare l’accertamento dei redditi, nonostante l’avvenuta
presentazione del mod. 101, attestante i redditi da lavoro percepiti;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile sotto il
triplice profilo che l’ordinanza di rimessione è priva di
motivazione sia in generale sulla rilevanza, sia anche nel merito
limitatamente alle censure riferite alla prospettata violazione degli
artt. 24 e 53 della Costituzione; che la Commissione tributaria
rimettente ha invertito l’ordine logico delle questioni da esaminare;
che viene chiesta una pronuncia additiva a contenuto non obbligato;
che comunque – secondo l’Avvocatura dello Stato – la questione
è manifestamente infondata;
Considerato che l’ordinanza di rimessione prospetta una questione
di costituzionalità fondata su un’alternativa interpretativa in
ordine alla quale il giudice a quo non prende posizione sicché la
questione stessa risulta sollevata in forma eventuale per l’ipotesi
in cui non si ritenga che la presentazione del modello 101 sia
equiparabile in ogni caso alla presentazione della dichiarazione dei
redditi;
che è costante giurisprudenza di questa Corte che è “compito
del giudice rimettente di individuare con esattezza l’oggetto della
questione, effettuare la scelta interpretativa e quindi proporre il
quesito di costituzionalità in modo non alternativo” (ord. n. 207
del 1993, ord. n. 285 del 1992, sent. n. 473 del 1989, sent. n. 472
del 1989);
che non sono quindi ammissibili questioni poste in via meramente
ipotetica, qual è quella sollevata da giudice rimettente (ord. n. 45
del 1994, sent. n. 166 del 1992, sent. n. 242 del 1990);
che pertanto la questione di costituzionalità è inammissibile
(risultanto così assorbito l’esame delle eccezioni di
inammissibilità della stessa per le ulteriori ragioni indicate
dall’Avvocatura di Stato);
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87
e 29, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 43, commi 1 e 2, d.P.R. 29
settembre 1973 n. 600 (Disposizioni comuni in materia di accertamento
delle imposte sui redditi), sollevata, in riferimento agli artt. 3,
24 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di secondo
grado di Roma con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: GRANATA
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria l’8 giugno 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA