Ordinanza N. 228 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
08/06/1994
Data deposito/pubblicazione
08/06/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
26/05/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo
CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.
Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando
SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
gennaio 1933, n. 1611 (Approvazione del T.U. delle leggi e delle
norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello
Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato), promosso con
ordinanza emessa il 21 ottobre 1993 dal Pretore di Venezia nel
procedimento civile vertente tra Salin Maria ed il Ministero degli
Interni, iscritta al n. 800 del registro ordinanze 1993 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale,
dell’anno 1994;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1994 il Giudice
relatore Renato Granata;
Ritenuto che nel corso del giudizio promosso (per il
riconoscimento dell’indennità di accompagnamento) da Salin Maria nei
confronti del Ministero degli interni – quest’ultimo costituitosi a
mezzo di un funzionario della locale Prefettura – il Pretore di
Venezia, con ordinanza del 21 ottobre 1993, ha sollevato questione
incidentale di legittimità costituzionale dell’art. 3 R.D. 30
gennaio 1933 n. 1611 (Approvazione del T.U. delle leggi e delle norme
giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e
sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato) per contrasto con gli
artt. 3, 24 e 33, comma 5, della Costituzione;
che il Pretore rimettente – premesso che (ex art. 3 r.d. n.
1611/33 cit.) le amministrazioni dello Stato possono, intesa
l’Avvocatura dello Stato, essere rappresentate dai propri funzionari
innanzi alle preture e agli uffici di conciliazione – osserva che
tale rappresentanza dell’Amministrazione corrisponde all’ipotesi
della parte che sta in giudizio personalmente, senza però i limiti
che la legge processuale (art. 82 c.p.c. e, per le controversie di
lavoro, art. 417 c.p.c.) impone alle parti diverse dalla pubblica
amministrazione;
che tale indiscriminata ammissione della difesa personale
contrasta sia con l’esigenza che sia assicurata a tutti, compresa la
pubblica amministrazione, una adeguata difesa ai sensi dell’art. 24
della Costituzione (soprattutto nelle controversie di lavoro
concernenti, in prospettiva, anche il pubblico impiego), sia con
l’esigenza che per tutti senza discriminazioni (art. 3 della
Costituzione) resti prescritto il previo esame di Stato per
esercitare lo jus postulandi (art. 33, comma 5, della Costituzione);
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri
rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato chiedendo
che la questione sollevata sia dichiarata inammissibile e comunque
non fondata;
Considerato che la disposizione censurata prevede che le
amministrazioni dello Stato possano – intesa l’Avvocatura dello Stato
– essere rappresentate dai propri funzionari innanzi al pretore e al
giudice conciliatore;
che in tale previsione non è ravvisabile violazione della
prescrizione dell’esame di Stato per l’abilitazione all’esercizio
professionale (art. 33, comma 5, della Costituzione) – e
conseguentemente la norma censurata neppure rappresenta, sotto questo
profilo, una disciplina ingiustificatamente differenziata e lesiva
del principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione) – perché
nella fattispecie non vi è affatto una generale ed indiscriminata
autorizzazione all’esercizio dello jus postulandi senza il previo
esame di Stato, bensì – come ritiene la giurisprudenza (Cass. 22
gennaio 1980 n. 485) – si ha che l’Amministrazione sta in giudizio
personalmente e ciò avviene a mezzo dei suoi funzionari in ragione
del rapporto organico con essi intercorrente;
che non vi è violazione del diritto di difesa (art. 24 della
Costituzione) perché la disposizione censurata, ammettendo in
generale (e non già in forza di specifica autorizzazione del giudice
adito) la rappresentanza in giudizio delle amministrazioni dello
Stato a mezzo di propri funzionari per tutte le materie affidate alla
competenza del pretore e del giudice conciliatore senza i limiti
previsti dalla legge processuale (artt. 82 e 417 c.p.c.), assicura
non di meno alle stesse un adeguato patrocinio;
che infatti da una parte la difesa personale è comunque
limitata perché non rileva indifferenziatamente il rapporto organico
in genere, ma è necessario che l’Amministrazione pubblica sia
rappresentata da suoi funzionari, che in ragione sia della loro
qualifica sia dell’incardinamento nel ruolo organico
dell’Amministrazione stessa esprimono una elevata professionalità ed
una particolare esperienza;
che d’altra parte è previsto che sia “intesa l’Avvocatura dello
Stato” perché l’Amministrazione possa determinarsi di essere
rappresentata da propri funzionari sicché vi è una previa
valutazione in ordine alla non indefettibile necessità della difesa
tecnica da parte dell’organo che istituzionalmente è deputato a
difendere in giudizio lo Stato;
che comunque la norma censurata non esclude certo che nei
giudizi suddetti l’Amministrazione possa avvalersi del patrocinio
dell’Avvocatura dello Stato sicché la difesa personale è
espressione di una libera scelta;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87
e 29, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 3 r.d. 30 gennaio 1933 n. 1611 (Approvazione
del T.U. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e
difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura
dello Stato), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 33, comma
5, della Costituzione, dal Pretore di Venezia con l’ordinanza
indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: GRANATA
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria l’8 giugno 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA