Ordinanza N. 228 del 2000
Corte Costituzionale
Data generale
22/06/2000
Data deposito/pubblicazione
22/06/2000
Data dell'udienza in cui è stato assunto
08/06/2000
Presidente: Cesare MIRABELLI;
Giudici: Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Cesare RUPERTO, Riccardo
CHIEPPA, Gustazo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Piero
Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria
FLICK.
del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51 (Norme in materia di
istituzione del giudice unico di primo grado), come modificato
dall’art. 3, comma 3, del decreto-legge 24 maggio 1999, n. 145
(Disposizioni urgenti in materia di istituzione del giudice unico di
primo grado), promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 21 luglio 1999 dal giudice per le
indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, nel procedimento
penale a carico di Domenico Papalia, iscritta al n. 637 del registro
ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 48, prima serie speciale, dell’anno 1999;
2) ordinanza emessa il 14 settembre 1999 dal giudice per le
indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, nel procedimento
penale a carico di Marcello Buldrini e altra, iscritta al n. 1 del
registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2000;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 13 aprile 2000 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Roma ha sollevato, con ordinanza del 21 luglio 1999
(r.o. n. 637/1999), questione di legittimità costituzionale
dell’art. 247, comma 2-bis del decreto legislativo 19 febbraio 1998,
n. 51 (Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo
grado), come modificato dall’art. 3, comma 3, del decreto-legge 24
maggio 1999, n. 145 (Disposizioni urgenti in materia di istituzione
del giudice unico di primo grado), “nella parte in cui differisce il
termine di acquisto di efficacia dell’art. 34, comma 2-bis, cod.
proc. pen., interpolato dall’art. 171 del decreto legislativo 19
febbraio 1998, n. 51, dal 2 giugno 1999 al 2 gennaio 2000”, in
riferimento all’art. 3 della Costituzione;
che il rimettente riferisce di avere svolto nel giudizio
principale funzioni di giudice per le indagini preliminari nonché di
avere adottato provvedimenti cautelari nei confronti dell’imputato, e
di essere ora chiamato alla trattazione dell’udienza preliminare nel
medesimo procedimento; ciò, osserva il rimettente, integrerebbe una
ipotesi di incompatibilità del giudice, secondo l’art. 34, comma
2-bis cod. proc. pen. (quale introdotto dall’art. 171 del decreto
legislativo n. 51 del 1998), che per l’appunto stabilisce in generale
nel procedimento penale la relazione di incompatibilità tra la
funzione di giudice per le indagini preliminari e quella di giudice
dell’udienza preliminare;
che l’operatività, nel procedimento principale, della
suddetta ipotesi di incompatibilità è però esclusa dalla
disposizione dell’impugnato art. 247 del decreto legislativo n. 51
del 1998, nella sua versione risultante dalla modifica recata
dall’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 145 del 1999, che prevede
il differimento al 2 gennaio 2000 dell’efficacia del citato art. 34,
comma 2-bis;
che della mancata possibilità di far valere immediatamente
la causa di incompatibilità in parola il giudice rimettente si
duole, in riferimento ai principi di uguaglianza e di ragionevolezza
della legge di cui all’art. 3 della Costituzione: detti principi
sarebbero violati, nella specie, per la diversità di trattamento di
procedimenti penali che, sebbene non presentino tra loro altro
elemento di differenziazione se non quello di trovarsi nella fase di
trattazione dell’udienza preliminare prima o dopo la data del 2
gennaio 2000, vengono tuttavia regolati in modo difforme
relativamente alla possibilità di far valere l’incompatibilità,
possibilità in un caso esclusa e nell’altro riconosciuta;
che, ad avviso del rimettente, l’anzidetta differenziazione
non potrebbe giustificarsi neppure in vista dell’esigenza di evitare
disfunzioni processuali per effetto dell’immediata entrata in vigore
della normativa, sia perché tali conseguenze si potranno
ripresentare, immutate, allo scadere del termine posto dalla norma,
sia perché comunque non sarebbe ammissibile una soluzione che,
avendo di mira solo le esigenze pratiche dei processi, fosse in
contrasto con principi costituzionali fondamentali;
che nel giudizio così promosso è intervenuto il Presidente
del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato, che ha concluso per l’infondatezza della
questione, sia perché la differenza temporale che giustifica
l’adozione di una normativa transitoria renderebbe impropria
l’estensione della norma a vicende processuali legittimamente
formatesi secondo le regole anteriori, sia perché la nuova ipotesi
di incompatibilità si muove sul terreno delle scelte legislative e
non su quello del “costituzionalmente imposto”, come si desumerebbe
dalla giurisprudenza costituzionale in materia;
che con successiva ordinanza del 14 settembre 1999 (r.o.
n. 1/2000) il medesimo giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Roma ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, altra questione di costituzionalità sull’art. 247,
comma 2-bis del decreto legislativo n. 51 del 1998, “interpolato”
dall’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 145 del 1999 nonché
dall’art. 3-bis del medesimo decreto-legge, quale convertito, con
modificazioni, dalla legge 22 luglio 1999, n. 234, nella parte in cui
tali norme dispongono che fino al 2 gennaio 2000 l’art. 34, comma
2-bis cod. proc. pen. non si applica ai procedimenti nei quali
l’udienza preliminare è in corso alla data di entrata in vigore
della richiamata legge n. 234 di conversione del decreto-legge n. 145
del 1999;
che, premesso di avere sollevato la questione (di cui al r.o.
n. 637/1999) precedentemente sintetizzata, e rilevato che in sede di
definitiva conversione del decreto-legge n. 145 del 1999 il
legislatore ha stabilito che “fino alla data del 2 gennaio 2000,
l’art. 34, comma 2-bis del codice di procedura penale, inserito
dall’art. 171 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, non si
applica ai procedimenti nei quali l’udienza preliminare è in corso
alla data di entrata in vigore della [medesima] legge di
conversione”, il giudice rimettente osserva che anche alla luce della
formulazione legislativa anzidetta il dubbio di costituzionalità
già devoluto all’esame della Corte mantiene la propria consistenza e
rilevanza;
che pertanto, riprendendo i contenuti della precedente
ordinanza di rimessione, il giudice a quo chiamato a trattare
un’udienza preliminare dopo avere esercitato nello stesso
procedimento funzioni di giudice per le indagini preliminari,
ripropone questione di legittimità costituzionale relativa al
differimento temporale della applicabilità della disposizione che
prevede l’incompatibilità tra le due funzioni anzidette, svolgendo
le medesime argomentazioni della precedente ordinanza quanto alla
violazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza;
che anche nel giudizio così instaurato è intervenuto il
Presidente del Consiglio dei Ministri, tramite l’Avvocatura generale
dello Stato che, richiamando a sua volta l’atto di intervento
depositato nel giudizio di cui al r.o. n. 637/1999, ha nuovamente
concluso nel senso dell’infondatezza della questione.
Considerato che le ordinanze di rimessione propongono, in termini
e secondo profili tra loro corrispondenti, questioni di
costituzionalità convergenti quanto al risultato cui esse mirano e
che pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e definiti con
unica decisione;
che, pur nella parziale diversità del tenore letterale delle
disposizioni oggetto delle due questioni – in particolare,
relativamente alla differente formulazione della norma denunciata da
ciascuna delle due ordinanze di rimessione, nel passaggio dal testo
originario dell’art. 3, comma 3, del decreto-legge n. 145 del 1999,
modificativo dell’art. 247 del decreto legislativo n. 51 del 1998, a
quello risultante dalla legge di conversione n. 234 del 1999, che ha
soppresso l’anzidetta norma, sostituita contestualmente nel suo
contenuto prescrittivo dall’art. 3-bis dello stesso decreto-legge,
come disposizione di carattere transitorio esterna al decreto
legislativo n. 51 – l’elemento comune a esse è il differimento alla
data del 2 gennaio 2000 dell’efficacia della regola in materia di
incompatibilità stabilita dall’art. 34, comma 2-bis cod. proc. pen.,
circa il rapporto tra la funzione di giudice per le indagini
preliminari e la trattazione dell’udienza preliminare da parte del
medesimo giudice, differimento che costituisce l’oggetto del dubbio
di costituzionalità sollevato;
che peraltro, proprio in conseguenza della citata successione
normativa, la disposizione dell’art. 34, comma 2-bis cod. proc.
pen. è divenuta, appunto a partire dal 2 gennaio 2000, efficace e
applicabile anche nei procedimenti penali nei quali l’udienza
preliminare fosse in corso alla data dell’entrata in vigore della
legge n. 234 del 1999 di conversione del decreto-legge n. 145 del
1999, cioè alla data del 24 luglio 1999;
che la sopravvenuta generale previsione di incompatibilità
del giudice anche relativamente ai giudizi principali (entrambi con
l’udienza preliminare “in corso” nel tempo e nei termini anzidetti),
conformemente al tenore delle richieste formulate dal rimettente
attraverso la proposizione delle questioni, rende necessaria la
restituzione degli atti al medesimo giudice perché valuti, alla luce
del mutato quadro della disciplina processuale, la persistente
rilevanza delle questioni medesime, nei termini in cui esse sono
state proposte.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi;
Ordina la restituzione degli atti al giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Roma.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’8 giugno 2000.
Il Presidente: Mirabelli
Il redattore: Zagrebelsky
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 22 giugno 2000.
Il direttore della cancelleria: Di Paola