Ordinanza N. 238 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
10/06/1994
Data deposito/pubblicazione
10/06/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
06/06/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo
CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.
Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando
SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO;
degli artt. 106 del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle
norme sulla circolazione stradale) e 148, commi decimo e sedicesimo,
e 237, secondo comma, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285
(Nuovo codice della strada), promossi con n. 2 ordinanze emesse il 23
febbraio 1993 ed il 5 ottobre 1993 dal Pretore di Camerino nei
procedimenti penali a carico rispettivamente di Salamah Yousef e
Sgalippa Dino, iscritte ai nn. 643 e 756 del registro ordinanze 1993
e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 44 e 53,
prima serie speciale, dell’anno 1993;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 27 aprile 1994 il Giudice
relatore Vincenzo Caianiello;
Ritenuto che nel corso di un giudizio penale, relativo alla
contravvenzione di sorpasso irregolare prevista dall’art. 106, commi
settimo e undicesimo, del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (vecchio
codice della strada), il Pretore di Camerino ha sollevato, con
ordinanza del 23 febbraio 1993, questione di legittimità
costituzionale del combinato disposto del richiamato art. 106 del
d.P.R. n. 393 del 1959 e degli artt. 148, commi decimo e sedicesimo,
e 237, comma secondo, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (nuovo codice
della strada), in riferimento all’art. 3 della Costituzione;
che il rimettente muove dal rilievo della intervenuta
depenalizzazione della fattispecie di sorpasso irregolare dedotta nel
giudizio principale, giacché all’art. 106 (settimo e undicesimo
comma) del precedente codice ha fatto seguito, nel nuovo codice della
strada, l’art. 148 (decimo e sedicesimo comma) che disciplina il
medesimo fatto come illecito di carattere amministrativo;
che la riferita successione normativa avrebbe determinato –
prosegue il giudice a quo – il venir meno del rilievo penale del
fatto a norma dell’art. 2, secondo comma, del codice penale (per
abolitio criminis), se non fosse stato stabilito, dall’art. 237,
secondo comma, del nuovo codice della strada, che, per le violazioni
commesse prima della data di entrata in vigore del medesimo codice
(1° gennaio 1993), debbano continuare ad ” ..applicarsi le sanzioni
principali ed accessorie e ad osservarsi le disposizioni concernenti
le procedure di accertamento e di applicazione rispettivamente
previste dalle disposizioni previgenti”;
che la persistente punibilità del fatto in sede penale, ad
avviso del rimettente, determinerebbe una discriminazione tra autori
di un identico tipo di illecito, diversamente sanzionati (sul piano
penale, o sul piano amministrativo) esclusivamente in ragione del
tempo di commissione della violazione; un elemento, questo, non
idoneo a giustificare la deroga all’accennato principio di cui
all’art. 2, secondo comma, del codice penale, che rappresenta il
riflesso normativo del principio di eguaglianza, per il quale il
mutato sentire del corpo sociale quale espresso nella legge
posteriore – depenalizzatrice – impone l’uniformità del trattamento
sanzionatorio di un certo tipo di fatto;
che, in base a detti rilievi, il giudice a quo conclude
individuando una ingiustificata discriminazione, a danno dell’autore
della contravvenzione devoluta alla sua cognizione, lesiva del ” ..
principio di eguaglianza sostanziale di cui al secondo comma
dell’art. 3 della Costituzione”;
che identica questione è stata sollevata dal medesimo Pretore
di Camerino, con ordinanza del 5 ottobre 1993, in altro giudizio
penale, anch’esso relativo alla contravvenzione di sorpasso
irregolare commessa nella vigenza del codice della strada del 1959;
che è intervenuto, nel primo dei due giudizi dinanzi a questa
Corte, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha richiesto una
declaratoria di inammissibilità della questione, essendo
quest’ultima venuta meno per effetto della modifica dell’impugnato
art. 237 del nuovo codice della strada ad opera dell’art. 130 del
d.lgs. 10 settembre 1993, n. 360: con la modifica il legislatore ha
chiarito che la norma sull’applicazione “ultrattiva” di procedimenti
e sanzioni ha riguardo alle sole violazioni e sanzioni
amministrative, ed ha perciò provveduto a “depenalizzare le
contravvenzioni anche per il passato”.
Considerato che i giudizi dinanzi a questa Corte devono essere
riuniti, stante l’identità delle questioni sollevate dal rimettente;
che con l’art. 130, primo comma, lett. b) del d.lgs. 10
settembre 1993, n. 360, emanato in applicazione dell’art. 5 della
legge-delega 13 giugno 1991, n. 190, la norma transitoria dell’art.
237, secondo comma, del nuovo codice della strada – che stabilisce
per le violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del nuovo
codice la persistente applicabilità delle sanzioni, principali ed
accessorie, previste dalla disciplina anteriore – è stata
modificata, con la specificazione aggiuntiva dell’attributo
“amministrative” riferito alle sanzioni ulteriormente applicabili
nella vigenza del nuovo codice;
che detto intervento normativo è direttamente incidente sul
tema centrale dedotto nelle ordinanze di rinvio, sotto il profilo
della necessaria pregiudizialità delle questioni di
costituzionalità sollevate rispetto ai giudizi principali;
che l’accennata incidenza del dato legislativo si atteggia in
modo diversificato nei due giudizi;
che, infatti, quanto al giudizio di legittimità costituzionale
instaurato a seguito dell’ordinanza di rinvio del 23 febbraio 1993,
la specificazione sopra detta costituisce un dato normativo
successivo alla proposizione dell’incidente di costituzionalità, e
pertanto gli atti relativi a detta questione devono essere restituiti
al giudice a quo perché valuti il permanere della rilevanza della
questione alla stregua della norma sopravvenuta (una norma, peraltro,
coerente con le conclusioni cui la giurisprudenza di legittimità era
uniformemente pervenuta nell’interpretazione dell’originario art. 237
citato, già nell’immediatezza della vigenza del nuovo codice);
che, quanto al giudizio di legittimità costituzionale instaurato
con l’ordinanza del 5 ottobre 1993, la modifica di cui al d.lgs. n.
360 del 1993 costituisce un dato normativo precedente la stessa
proposizione dell’incidente di costituzionalità, giacché il
richiamato testo correttivo è stato pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 217 del 15 settembre 1993 (suppl. ord. n. 86), ed è
entrato in vigore il 1° ottobre 1993 (art. 132 del medesimo d.lgs. n.
360 del 1993);
che, non tenendo conto il rimettente della effettiva
formulazione della norma impugnata al tempo della proposizione della
questione, questa va dichiarata manifestamente inammissibile per
difetto di rilevanza (ordd. n. 21 del 1990, n. 31 del 1989).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 106
del d.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 (Testo unico delle norme sulla
circolazione stradale) e 148, decimo e sedicesimo comma, e 237,
secondo comma, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada), sollevata dal Pretore di Camerino, in riferimento all’art. 3
della Costituzione, con ordinanza del 5 ottobre 1993;
ordina la restituzione al Pretore di Camerino degli atti
relativi alla questione di legittimità costituzionale del combinato
disposto degli articoli sopraindicati, sollevata, in riferimento
all’art. 3 della Costituzione, con ordinanza del 23 febbraio 1993.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 6 giugno 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: CAIANIELLO
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 10 giugno 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA