Ordinanza N. 260 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
23/06/1994
Data deposito/pubblicazione
23/06/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
20/06/1994
Presidente: prof. Gabriele PESCATORE;
Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo
CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare
MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott.
Cesare RUPERTO;
16 aprile 1973, n. 171 (Interventi per la salvaguardia di Venezia),
come novellato dall’art. 1 ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n.
544 (Proroga dei termini di cui agli artt. 15, 17 e 18 della legge 10
maggio 1976, n. 319, recante norme per la tutela delle acque
dall’inquinamento) conv., con modif., nella legge 8 ottobre 1976, n.
690, promosso con ordinanza emessa il 27 gennaio 1993 dal Pretore di
Venezia nel procedimento penale a carico di Nason Paolo, iscritta al
n. 703 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno
1993;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 25 maggio 1994 il Giudice
relatore Gabriele Pescatore;
Ritenuto che il Pretore di Venezia, nel corso del procedimento
penale a carico di Nason Paolo, imputato del reato di cui all’art. 9,
sesto comma, della legge 16 aprile 1973, n. 171 – come sostituito
dall’art. 1 ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544, conv., con
modif., nella legge 8 ottobre 1976, n. 690 – per avere effettuato
nella laguna di Venezia scarichi non autorizzati di acque di reflui
eccedenti i limiti tabellari di cui al d.P.R. 20 settembre 1973, n.
962, con ordinanza del 27 gennaio 1993 (r.o. n. 703 del 1993) ha
sollevato questione di legittimità costituzionale dello stesso art.
9 della citata legge n. 171 del 1973, nella parte in cui non prevede
la pena accessoria della incapacità di contrattare con la pubblica
amministrazione;
che il giudice a quo, premesso che le fattispecie previste dalla
norma impugnata appaiono sostanzialmente identiche a quelle di cui
all’art. 21 della legge 10 maggio 1976, n. 319 (c.d. legge Merli),
tant’è che sono sanzionate allo stesso modo, ritiene che la
esclusione, in correlazione ad esse, della predetta pena accessoria,
prevista, invece, dalla citata normativa generale in materia di
scarichi, violerebbe:
l’art. 3 della Costituzione, sia sotto il profilo della
ragionevolezza, in quanto la lamentata discriminazione non sarebbe
giustificata dalla obiettività della situazione ambientale veneziana
(ritenuta, anzi, di ancor più fragile equilibrio rispetto a quella
generale), sia con riferimento agli artt. 42, secondo comma, della
Costituzione, che prevede la determinazione dei modi di godimento e
dei limiti del diritto di proprietà privata, e 41 della Costituzione
stessa, inteso a tutelare la esigenza che l’iniziativa economica
privata sia soggetta a “controlli previsti di volta in volta dalla
norma”;
l’art. 97 della Costituzione, per violazione del principio di
buon andamento e imparzialità dell’amministrazione, perché questa
non verrebbe posta in grado di contrattare con soggetti rispettosi
delle regole attinenti alla materia contrattuale ed al corretto
esercizio dell’impresa;
l’art. 32 e l’art. 9 della Costituzione, concernenti
rispettivamente il diritto alla salute e alla salubrità ambientale e
alla tutela del paesaggio e delle risorse culturali, che, in assenza
di effettività della sanzione, non sarebbero garantiti;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, che
ha concluso per la inammissibilità o la infondatezza della questione
osservando, per un verso, che la Corte costituzionale non ha il
potere di creare nuove norme incriminatrici incidendo sul principio
della legalità delle pene, per l’altro che le fattispecie poste a
confronto presentano significative differenziazioni, avuto riguardo
in particolare alla peculiarità della situazione ambientale
veneziana, la cui disciplina investirebbe scelte discrezionali del
legislatore;
Considerato che viene richiesta alla Corte una pronuncia la quale
avrebbe il risultato di estendere la previsione delle sanzioni
accessorie oltre i casi che il legislatore penale, nel dettare la
normativa censurata, ha contemplato;
che ciò è, peraltro, precluso alla Corte dal fondamentale ed
inderogabile principio di legalità, consacrato nell’art. 25 della
Costituzione, oltre che nel codice penale;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata
manifestamente inammissibile;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 9 della legge 16 aprile 1973,
n. 171 (Interventi per la salvaguardia di Venezia), come novellato
dall’art. 1 ter del decreto-legge 10 agosto 1976, n. 544 (Proroga dei
termini di cui agli artt. 15, 17 e 18 della legge 10 maggio 1976, n.
319, recante norme per la tutela delle acque dall’inquinamento)
conv., con modif., nella legge 8 ottobre 1976, n. 690, sollevata, in
riferimento agli artt. 3, 42, secondo comma, 41, 97, 32 e 9 della
Costituzione, dal Pretore di Venezia con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 20 giugno 1994.
Il Presidente e redattore: PESCATORE
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 23 giugno 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA