Ordinanza N. 266 del 1982
Corte Costituzionale
Data generale
31/12/1982
Data deposito/pubblicazione
31/12/1982
Data dell'udienza in cui è stato assunto
22/12/1982
ANTONINO DE STEFANO – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE –
Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof.
LIVIO PALADIN – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI –
Prof. GIUSEPPE FERRARI – Dott. FRANCESCO SAJA – Prof. GIOVANNI CONSO –
Prof. ETTORE GALLO, Giudici,
cod. pen. (Violenza carnale – causa speciale di estinzione del reato)
promosso con ordinanza emessa l’11 maggio 1981 dal Tribunale di Ravenna
nel procedimento penale a carico di Leone Taormina Vincenzo, iscritta
al n. 474 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 297 del 28 ottobre 1981.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
udito nella camera di consiglio del 2 dicembre 1982 il Giudice
relatore Ettore Gallo.
Ritenuto che, con ord. 11 maggio 1981, il Tribunale di Ravenna, nel
corso di un procedimento penale a carico di tale Leone Taormina
Vincenzo, imputato del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 519 cpv. n.
1 cod. pen., ha sollevato questione di legittimità costituzionale
dell’art. 544 cod. pen. in relazione all’art. 3, primo comma, Cost.;
che, per l’esattezza, nel dispositivo si fa anche menzione
dell’art. 519 cod. pen., ma in realtà tutta l’ordinanza è unicamente
incentrata sull’asserita incompatibilità dell’art. 544, per cui deve
ritenersi che il richiamo all’altro articolo sia stato fatto soltanto
per la relazione, nel senso che la situazione contemplata nell’art. 544
era da intendersi, per la specie, riferita alla fattispecie prevista e
punita nell’art. 519 cpv. n. 1 cod. pen.;
che, in effetti, l’imputato, confesso di avere avuto rapporti
carnali colla parte offesa, minore degli anni quattordici (di cui
asseriva avere ignorato l’età), aveva però presentato seria profferta
di matrimonio, che la minore aveva rifiutato in quanto il Leone
Taormina non consentiva che (e frattanto e dopo il matrimonio) ella
continuasse ad avere rapporti intimi con altro uomo di cui si diceva
innamorata;
che, a quel punto, il Tribunale aveva ritenuto sussistere il
denunciato contrasto sia sotto il profilo della ragionevolezza, sia
sotto quello della eguaglianza, in quanto, per il primo, il principio
del c.d. “matrimonio riparatore” è rifiutato dalla coscienza sociale
come criterio inadeguato ed arcaico di composizione dei conflitti, vuoi
interpersonali vuoi – e tanto meno – della pretesa punitiva dello Stato
e, per il secondo, in quanto verrebbe a determinarsi grave disparità
fra chi va impunito per aver ottenuto, senza convinzione e senza
ravvedimenti, di contrarre matrimonio, e chi, a causa del rifiuto
spesso irragionevole dell’offesa, non ottiene la celebrazione del rito
nonostante ogni più sincero pentimento e il più serio proposito;
che il Presidente del Consiglio dei ministri ha spiegato intervento
tramite l’Avvocatura generale dello Stato, la quale ha chiesto la
restituzione degli atti al giudice a quo, essendo stato frattanto
abrogato il denunziato art. 544 cod. pen. in virtù della legge 5
agosto 1981 n. 442.
Considerato però che, trattandosi di disposizione più favorevole
al reo, essa va comunque applicata – se applicabile – ai sensi del
disposto di cui al terzo comma dell’art. 2 cod. pen. sicché non è il
caso di riproporre al Tribunale di Ravenna il riesame della posizione
in relazione allo jus superveniens;
che, invece, appare manifestamente inammissibile per assoluta
irrilevanza il prospettato profilo d’incostituzionalità riferito al
principio di ragionevolezza, giacché non si è in alcun modo
verificata nella specie la situazione oggettiva configurante la causa
speciale estintiva come delineata dal legislatore;
che appare poi manifestamente infondato l’alternativo prospettato
profilo di vera e propria lesione del principio di uguaglianza, perché
la legge, attribuendo efficacia estintiva al matrimonio che consegue
all’illecito rapporto carnale di cui all’art. 519 cod. pen., aveva
inteso soltanto di evitare che la condanna penale costituisse una
perenne causa di grave difficoltà all’incontro dei novelli coniugi su
di un piano di distensione e di comprensione;
che, perciò, è da escludere che il legislatore si fosse
ripromesso d’istituire un premio all’operoso ravvedimento del reo; per
cui, senza l’effettiva celebrazione del matrimonio, l’eventuale
pentimento potrà essere preso in considerazione ai fini
dell’attenuante, ma resta una situazione soggettiva estranea alla ratio
dell’area estintiva, e percio insuscettibile di proporsi
comparativamente nella prospettiva dell’art. 3 Cost.
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 544 cod. pen. in relazione all’art. 3 Cost.,
sollevata coll’ordinanza in epigrafe dal Tribunale di Ravenna sotto il
profilo della ragionevolezza
Dichiara manifestamente infondata la medesima questione, sollevata
colla stessa ordinanza dalla detta autorità giudiziaria, sempre in
relazione al citato parametro costituzionale, sotto lo stretto profilo
del principio di uguaglianza.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 dicembre 1982.
F.to: LEOPOLDO ELIA – ANTONINO DE
STEFANO – GUGLIELMO ROEHRSSEN –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALDIN – ANTONIO LA PERGOLA –
VIRGILIO ANDRIOLI – GIUSEPPE FERRARI
– FRANCESCO SAJA – GIOVANNI CONSO –
ETTORE GALLO.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere