Ordinanza N. 272 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
30/06/1999
Data deposito/pubblicazione
30/06/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
24/06/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di
magistratura) e degli artt. 1 e 2 della legge 6 agosto 1984, n. 425
(Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati),
promosso con ordinanza emessa il 23 giugno 1997 dal pretore di Siena
nel procedimento civile vertente tra Meocci Giovanni ed altri e il
Ministero delle finanze, iscritta al n. 734 del registro ordinanze
1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44,
prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visti l’atto di costituzione di Meocci Giovanni ed altri nonché
gli atti di intervento dell’Associazione Nazionale Giudici Tributari
e del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 23 marzo il giudice relatore
Fernanda Contri;
Uditi l’avvocato Ettore Valenti per Meocci Giovanni ed altri e
l’Avvocato dello Stato Michele Di Pace per il Presidente del
Consiglio dei Ministri.
Ritenuto che il pretore di Siena, con ordinanza emessa il 23 giugno
1997, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 97, 101 e 108 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3
della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di
magistratura), che ha istituito a favore dei magistrati ordinari
un’indennità non pensionabile in relazione agli oneri che essi
incontrano nell’esercizio della loro attività, e degli artt. 1 e 2
della legge 6 agosto 1984, n. 425 (Disposizioni relative al
trattamento economico dei magistrati), che hanno esteso tale
indennità ai magistrati del Consiglio di Stato, della Corte dei
Conti, dei tribunali amministrativi regionali, della giustizia
militare ed agli avvocati e procuratori dello Stato, nella parte in
cui non comprendono i componenti le commissioni tributarie tra i
beneficiari di detta indennità;
che ad avviso del rimettente l’art. 1 della legge 6 agosto 1984,
n. 425 – che dispone che l’art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n.
27, si interpreta nel senso che l’indennità spetta solo ai
magistrati dell’ordine giudiziario – avrebbe introdotto un diverso
trattamento retributivo, da un lato per i magistrati appartenenti
alle giurisdizioni ordinaria, amministrativa, contabile e militare, e
dall’altro per i componenti di altri organi giurisdizionali, quali le
commissioni tributarie, pur se soggetti anch’essi alla legge;
che la ragione del diverso trattamento sarebbe venuta meno dopo
che, con la legge 18 maggio 1974, n. 217, l’indennità è stata
riconosciuta ai vice pretori onorari reggenti l’ufficio e, con la
legge 25 ottobre 1985, n. 795, anche ai giudici popolari delle corti
di assise, di modo che sarebbe priva di qualsiasi ragionevolezza una
distinzione fondata sulla funzione svolta dai componenti le
commissioni tributarie e in particolare sulla natura onoraria della
stessa;
che si sono costituiti davanti alla Corte i ricorrenti del
giudizio a quo, chiedendo che venga accolta la questione sollevata
dal pretore di Siena o, in subordine, che gli atti vengano rimessi a
detto giudice perché lo stesso si pronunci secondo
un’interpretazione estensiva della legge 6 agosto 1984, n. 425;
che, secondo le parti private, per i componenti le commissioni
tributarie, in ragione degli obblighi e degli oneri loro imposti, si
costituirebbe un rapporto di servizio continuativo ed a tempo
indeterminato, il cui contenuto consisterebbe nell’esplicazione in
modo professionale, pur se non esclusivo, di attività
giurisdizionale in materia tributaria, ciò che renderebbe
irrazionale la mancata corresponsione della speciale indennità
istituita a favore dei magistrati ordinari;
che il mancato riconoscimento dell’indennità violerebbe anche
l’art. 36 della Costituzione posto che il principio del diritto del
lavoratore ad una retribuzione proporzionata alla quantità e
qualità del suo lavoro impone al legislatore di attribuire lo stesso
trattamento economico a coloro che esplicano le medesime mansioni,
come stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 264 del
1983;
che è intervenuto nel presente giudizio il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura
generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare non fondata
la questione;
che nel giudizio davanti alla Corte è intervenuta fuori termine,
depositando una propria memoria, anche l’Associazione nazionale dei
giudici tributari, chiedendo l’accoglimento della questione di
costituzionalità sollevata dal pretore di Siena;
che le parti ricorrenti nel giudizio a quo hanno depositato
memorie difensive in prossimità dell’udienza.
Considerato che, impregiudicata ogni questione relativa
all’ammissibilità dell’intervento dell’Associazione nazionale dei
giudici tributari, lo stesso deve essere preliminarmente dichiarato
irricevibile, dal momento che la memoria è stata depositata fuori
termine;
che, come più volte affermato da questa Corte – ordinanze nn.
379, 515 e 594 del 1989, ordinanza n. 57 del 1990 – i compensi dei
componenti le commissioni tributarie e degli altri giudici onorari
non sono assimilabili alla vera e propria retribuzione, ma consistono
in semplici emolumenti, la cui disciplina esula dalla previsione
dell’art. 108 della Costituzione, e la loro misura è inidonea ad
incidere sull’indipendenza del giudice;
che le posizioni dei magistrati che svolgono professionalmente e
in via esclusiva funzioni giurisdizionali e quelle dei componenti le
commissioni tributarie, che esercitano funzioni onorarie, non sono
fra loro raffrontabili ai fini della valutazione del rispetto del
principio di eguaglianza, in quanto il compenso per i secondi è
previsto per un’attività che essi non esercitano professionalmente
bensì, di massima, in aggiunta ad altre attività svolte in via
primaria, e quindi non si impone che agli stessi venga riconosciuto
il medesimo trattamento economico di cui beneficiano i primi;
che, come affermato da questa Corte con l’ordinanza n. 377 del
1987, non rientra nei compiti della Corte ma nel magistero del
legislatore stabilire se e quale indennità sia dovuta ai funzionari
onorari per l’opera da essi prestata;
che la disciplina del contenzioso tributario di cui all’art. 13
del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 (Ordinamento degli
organi speciali di giurisdizione tributaria ed organizzazione degli
uffici di collaborazione in attuazione della delega al governo
contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413) ha
previsto per i componenti le commissioni tributarie compensi fissi –
determinati e rideterminabili con decreto del Ministro delle finanze,
di concerto con il Ministro del tesoro – ed ancora compensi
aggiuntivi che tengono conto della specifica attività in concreto da
essi svolta, ciò che ulteriormente esclude che il mancato
riconoscimento dell’indennità di cui trattasi possa configurare un
attentato all’indipendenza dei loro componenti;
che pertanto la questione di legittimità costituzionale è
manifestamente infondata.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27
(Provvidenze per il personale di magistratura) e degli artt. 1 e 2
della legge 6 agosto 1984, n. 425 (Disposizioni relative al
trattamento economico dei magistrati), sollevata, in riferimento agli
artt. 3, 97, 101 e 108 della Costituzione, dal pretore di Siena con
l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Contri
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 30 giugno 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola