Ordinanza N. 273 del 1999
Corte Costituzionale
Data generale
30/06/1999
Data deposito/pubblicazione
30/06/1999
Data dell'udienza in cui è stato assunto
24/06/1999
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
della legge 6 marzo 1992, n. 216 (Conversione in legge, con
modificazioni, del d.-l. 7 gennaio 1992, n. 5, recante autorizzazione
di spesa per la perequazione del trattamento economico dei
sottufficiali dell’Arma dei carabinieri in relazione alla sentenza
della Corte costituzionale n. 277 del 3-12 giugno 1991 e
all’esecuzione di giudicati, nonché perequazione dei trattamenti
economici relativi al personale delle corrispondenti categorie delle
altre Forze di polizia. Delega al Governo per disciplinare i
contenuti del rapporto di impiego delle Forze di polizia e del
personale delle Forze armate, nonché per il riordino delle relative
carriere, attribuzioni e trattamenti economici) e degli artt. 1, 2,
3, 34 e 35 del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione
dell’art. 3 della legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino
dei ruoli, modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento
del personale non direttivo delle Forze armate) promosso con
ordinanza emessa il 3 luglio 1997 dal Tribunale amministrativo della
Liguria sul ricorso proposto da Motta Cosimo Damiano ed altri contro
la Croce Rossa Italiana ed altri, iscritta al n. 74 del registro
ordinanze 1998 e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 8, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella Camera di consiglio del 28 aprile 1999 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che, nel corso di un giudizio promosso davanti al
Tribunale amministrativo regionale della Liguria, alcuni
sottufficiali della Croce Rossa Italiana (in appresso CRI) hanno
impugnato l’ordinanza del commissario della CRI, con la quale si era
provveduto all’adeguamento del trattamento economico dei dipendenti
militari della stessa CRI a quello dei pari grado delle Forze armate
(in appresso F.A.);
che i ricorrenti hanno chiesto, in specie, l’accertamento del
rispettivo diritto ad ottenere la perfetta equiparazione giuridica ed
economica al personale delle Forze armate con decorrenza 1 settembre
1995, previa eventuale rimessione della questione di legittimità
costituzionale degli artt. 2, comma 1 e comma 3, della legge 6 marzo
1992, n. 216, nonché degli artt. 1, 2, 3, 34 e 35 del d.lgs. 12
maggio 1995, n. 196, in materia di riordino dei ruoli, modifica alle
norme di reclutamento, stato ed avanzamento del personale non
direttivo delle Forze armate, per sospetta violazione dell’art. 3
della Costituzione;
che il tribunale adito, con ordinanza del 3 luglio 1997,
depositata il 31 ottobre 1997, (r.o. n. 74 del 1998), ha sollevato
questione di legittimità costituzionale delle norme suindicate, per
violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, nella parte in cui
siffatte disposizioni, nel disciplinare il riordino del personale
delle Forze armate, non riguardano anche il personale militare della
Croce Rossa Italiana;
che, secondo il giudice a quo, la delega legislativa conferita
dalla legge 29 aprile 1995, n. 130, aveva confermato i principi ed i
criteri già stabiliti dal d.-l. 7 gennaio 1992, n. 5, convertito con
modificazioni, nella legge 6 marzo 1992, n. 216; con il compito di
disciplinare i contenuti del rapporto di impiego delle Forze di
polizia e del personale delle Forze armate, nonché di riordinare le
relative carriere, attribuzioni e trattamenti economici; in
particolare, era prevista l’emanazione di decreti legislativi
contenenti “le necessarie modificazioni agli ordinamenti del
personale indicato nell’art. 2, comma 1 … allo scopo di conseguire
una disciplina omogenea” e la possibilità che “la sostanziale
equiordinazione dei compiti e dei connessi trattamenti economici sia
conseguita attraverso la revisione dei ruoli, gradi e qualifiche e,
ove occorra, anche mediante la soppressione di qualifiche o gradi,
ovvero mediante l’istituzione di nuovi ruoli, qualifiche o gradi”.
che, in particolare, il Tribunale aveva osservato che i più
elevati livelli retributivi invocati dai ricorrenti fossero collegati
nel d.lgs. n. 196 del 1995 ai nuovi gradi del personale delle Forze
armate, quali risultavano dal riordino dei ruoli; sicché la
questione sottoposta concernerebbe, principalmente, la mancata
estensione di questi nuovi gradi al personale militare della CRI;
che la riforma attuata con il d.lgs. n. 196 del 1995 si
tradurrebbe nella revisione di una parte della scala gerarchica delle
Forze armate, mediante la soppressione degli originari gradi di
sergente, sergente maggiore, maresciallo ordinario, maresciallo capo
e maresciallo maggiore e l’istituzione in luogo di essi di tre nuovi
livelli di sergente e di quattro livelli di maresciallo; inoltre
l’inquadramento in queste qualifiche del personale militare in
servizio avrebbe garantito il conseguimento di un nuovo grado, di una
diversa aspettativa di carriera e di un diverso e più favorevole
trattamento retributivo;
che il personale militare della CRI – sempre ad avviso del Tar –
sarebbe rimasto estraneo alla riforma, pur avendo essa carattere
generale e riguardando, nella serie dei decreti attuativi della
delega conferita con la legge n. 216 del 1992, l’intero personale
militare dello Stato e tutti i corpi ad esso equiparati; questa
eccezione sarebbe priva di giustificazione, alla luce dello status
che compete al personale militare della CRI;
che, inoltre, il Tar ha rilevato, in proposito, che il militare
appartenente alla CRI: a) veste l’uniforme delle Forze armate con le
relative mostrine del pari grado, tra l’altro eguali a quelle dei
reparti sanitari; b) è soggetto al codice penale militare ed a tutte
le norme della disciplina militare; c) giura fedeltà in presenza
della bandiera e del comandante di corpo; d) dispone di proprie
rappresentanze, così come tutti i militari; e) è sempre stato
inquadrato secondo la medesima scala gerarchica dell’esercito sin dai
decreti istitutivi emessi tra le due guerre mondiali; f) il suo
trattamento economico è parificato a quello dell’Esercito, così
come previsto dal r.d. 10 febbraio 1936, n. 484, art. 116; g) svolge
mansioni sostanzialmente eguali a quelle dei militari appartenenti ai
reparti sanitari delle varie armi;
che, sempre secondo il giudice a quo, difetterebbe quella
diversità di situazioni che sola giustificherebbe la disparità di
trattamento e sarebbe non manifestamente infondata la questione di
legittimità costituzionale degli artt. 2, comma 1 e comma 3, della
legge 6 marzo 1992, n. 216, nonché degli artt. 1, 2, 3, 34 e 35 del
d.lgs. 12 maggio 1995, n. 196, per violazione dell’art. 3 della
Costituzione; inoltre, il Tar ha ritenuto che la violazione potrebbe
riguardare anche l’art. 97 della Costituzione, in quanto la mancata
estensione della disciplina di riordino al personale militare della
CRI comporterebbe “conseguenze negative per il funzionamento di un
corpo amministrativo avente in buona sostanza le stesse funzioni di
un altro con differente e più favorevole trattamento”.
Considerato che l’ordinanza del giudice rimettente si basa su un
presupposto non esatto cioè che il personale militare della Croce
rossa italiana dovesse essere necessariamente compreso nella
revisione del sistema ordinamentale e del trattamento economico del
personale “delle Forze armate e degli altri corpi militari ed
equiparati”, laddove invece le due deleghe legislative contenute
rispettivamente nell’art. 2 e nell’art. 3 della legge 6 marzo 1992,
n. 216 riguardano il personale delle Forze armate (ad esclusione dei
dirigenti civili e militari e del personale di leva) ed il personale
delle Forze di polizia ad ordinamento civile e ad ordinamento
militare;
che il personale militare della Croce rossa italiana non
appartiene alle Forze armate o alle Forze di polizia dello Stato ed
anzi non ha mai ricevuto una disciplina legislativa contestuale con
quella del personale statale, appartenente alle Forze armate o alle
Forze di polizia, essendo, tra l’altro, personale non dello Stato, ma
di un ente, eretto a suo tempo in corpo morale come associazione
italiana della Croce rossa (legge 21 maggio 1882, n. 768:
“Provvedimenti relativi all’Associazione italiana della Croce rossa”;
r.d. 7 febbraio 1884, n. 1243: “Erezione in corpo morale
dell’Associazione italiana della Croce rossa”; r.d.-l. 10 agosto
1928, n. 2034: “Provvedimenti necessari per assicurare il
funzionamento della Croce rossa italiana”);
che successivamente la CRI, qualificata come associazione (legge
13 ottobre 1962, n. 1496: “Modifiche all’ordinamento
dell’Associazione italiana della Croce rossa”), è stata riconosciuta
quale “ente privato di interesse pubblico” (d.P.R. 31 luglio 1980, n.
613, con riordinamento della Croce rossa italiana: art. 70 della
legge n. 833 del 1978) ancorché il mutamento sia stato ritenuto
subordinato all’emanazione di nuovo statuto (Cassazione, sez. un. 17
marzo 1989, n. 1345) e successivamente modificata come “avente ad
ogni effetto qualificazione e natura di ente dotato di personalità
giuridica di diritto pubblico” (art. 7, comma 1, del d.-l. 20
settembre 1995, n. 390, convertito, con modificazioni, dall’art. 1,
comma 1, della legge 20 novembre 1995, n. 490);
che il corpo militare della CRI, corpo speciale volontario,
ausiliario delle Forze armate, ma non facente parte integrante delle
stesse Forze armate ancorché sottoposto alle norme del regolamento
di disciplina militare ed a quelle sostanziali del codice penale
militare ed obbligato al giuramento, ha mantenuto – in forza del
disposto degli artt. 10 e 11 del d.P.R. n. 613 del 1980 – la sua
precedente collocazione, nonostante la trasformazione della CRI,
accompagnata con l’ulteriore previsione che è a carico
dell’Associazione il compito di attendere, in via ordinaria, secondo
le direttive e sotto la vigilanza del Ministro della difesa, alla
preparazione del personale, dei materiali e delle strutture di
pertinenza del Corpo al fine di assicurare costantemente l’efficienza
dei relativi servizi, che sono sovvenzionati, sia per
l’organizzazione sia per il funzionamento, dallo Stato;
che la natura del Corpo militare della Croce rossa è confermata
dalla dipendenza dell’autorità di vertice del corpo direttamente dal
presidente nazionale dell’Associazione, salvo che nei periodi di
mobilitazione (art. 11 del d.P.R. n. 613 del 1980);
che non può portare ad una conclusione di appartenenza alle
forze armate, con conseguente esigenza di contestuale determinazione
dell’ordinamento e del trattamento economico del Corpo speciale e di
ingiustificata lacuna legislativa nella omessa previsione del
personale militare della CRI, il richiamo alla normativa di gerarchia
dei gradi, con corrispondenza ai gradi dell’esercito (art. 2 del r.d.
n. 484 del 1936), accompagnata dalla precisazione che è personale
proprio della Croce Rossa arruolato in corpo speciale volontario
(art. 1 del r.d. n. 484, cit.) e da una specifica e completa
disciplina legislativa relativa al trattamento economico;
che, infatti, la specifica autonoma disciplina del trattamento
economico di detto personale, fissato con disposizione avente valore
di legge in quanto adottata ai sensi dell’art. 3, n. 1, della legge
31 gennaio 1926, n. 100, originalmente mediante apposite tabelle
contenute negli artt. 117 (per gli ufficiali) e 155 (per i
sottufficiali e truppa) del r.d. n. 484 citato, prevede (art. 116) la
possibilità di successivi provvedimenti (come atti fondati
sull’autonomia regolamentare dell’ente) diretti ad un adeguamento “in
analogia a quanto venga praticato per i personali militari e delle
amministrazioni statali”, come forma di modifica in relazione alle
varianti che successivamente venissero stabilite per l’esercito;
che l’adeguamento non è assolutamente automatico, in quanto solo
in tempo di guerra è imposta una parificazione di trattamento
economico con i pari grado dell’esercito – come sottolineato anche
dalla giurisprudenza amministrativa – (art. 116, secondo comma, del
r.d. n. 484 cit.), ma è rimesso a provvedimenti degli organi
dell’ente, che devono tenere conto delle indicazioni normative e dei
principi propri dell’azione amministrativa ed in ogni caso sono
tenuti a ponderate valutazioni delle particolarità organizzative e
funzionali del Corpo militare della CRI e delle disponibilità di
bilancio, anche in relazione alle sovvenzioni statali, essendo la
regola della copertura finanziaria della maggiore spesa, un principio
cui sono tenuti tutti gli enti ed organismi pubblici;
che, sulla base delle anzidette affermazioni, deve escludersi in
radice sia l’esistenza di una lacuna nelle norme denunciate in ordine
alla omessa previsione del personale militare della CRI in quanto
estraneo alle finalità e all’oggetto della normativa stessa, mentre
il trattamento economico del personale anzidetto è disciplinato, in
relazione a diversità di situazioni e natura del rapporto, da
autonoma normativa, che prevede la possibilità di adeguamento
attraverso l’esercizio del potere regolamentare dell’ente;
che quindi deve ritenersi la manifesta infondatezza della
questione di legittimità costituzionale denunciata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 2, commi 1 e 3, della legge 6 marzo 1992, n.
216 (Conversione in legge, con modificazioni, del d.-l. 7 gennaio
1992, n. 5, recante autorizzazione di spesa per la perequazione del
trattamento economico dei sottufficiali dell’Arma dei carabinieri in
relazione alla sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 3-12
giugno 1991 e all’esecuzione di giudicati, nonché perequazione dei
trattamenti economici relativi al personale delle corrispondenti
categorie delle altre Forze di polizia;
Delega al Governo per disciplinare i contenuti del rapporto di
impiego delle Forze di polizia e del personale delle Forze armate,
nonché per il riordino delle relative carriere, attribuzioni e
trattamenti economici) e degli artt. 1, 2, 3, 34 e 35 del decreto
legislativo 12 maggio 1995, n. 196 (Attuazione dell’art. 3 della
legge 6 marzo 1992, n. 216, in materia di riordino dei ruoli,
modifica alle norme di reclutamento, stato ed avanzamento del
personale non direttivo delle Forze armate) sollevata, in riferimento
agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo
regionale della Liguria, con ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 24 giugno 1999.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 30 giugno 1999.
Il direttore della cancelleria: Di Paola