Ordinanza N. 281 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
22/07/1996
Data deposito/pubblicazione
22/07/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/07/1996
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato
GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 27 settembre
1995 dal pretore di Padova, sezione distaccata di Cittadella, nel
procedimento penale a carico di Marchiori Gilberto ed altri, iscritta
al n. 890 del registro ordinanze 1995 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 53, prima serie speciale, dell’anno
1995;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 26 giugno 1996 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky;
Ritenuto che il pretore di Padova, sezione distaccata di Cittadella
ha sollevato, con ordinanza del 27 settembre 1995, in riferimento
agli articoli 3 e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 34, secondo comma, del codice
di procedura penale, nella parte in cui non prevede
l’incompatibilità a partecipare al giudizio dibattimentale del
giudice per le indagini preliminari che, sulla richiesta di
archiviazione formulata dal pubblico ministero, abbia ordinato a
quest’ultimo di eseguire ulteriori indagini, a norma dell’art. 554,
secondo comma, del codice di procedura penale (quale risultante a
seguito della sentenza n. 445 del 1990 di questa Corte, dichiarativa
dell’illegittimità costituzionale della disposizione nella parte in
cui, diversamente da quanto stabilito nell’art. 409, quarto comma,
per i procedimenti di competenza del tribunale, non prevedeva la
possibilità per il giudice per le indagini preliminari presso la
pretura circondariale di indicare le ulteriori necessarie indagini al
pubblico ministero, fissando il termine indispensabile per il loro
compimento);
che, nel sollevare la questione, il giudice rimettente muove dal
rilievo secondo il quale l’ordinanza che dispone le ulteriori
indagini è provvedimento del tutto diverso da quello con il quale,
sempre in sede di decisione sulla richiesta di archiviazione, il
giudice per le indagini preliminari ordina al pubblico ministero di
formulare l’imputazione, nonostante il comune riferimento di entrambe
le ipotesi al già citato art. 554, secondo comma, del codice di
rito;
che, data questa premessa, il giudice a quo osserva che la
questione sollevata non è inclusa nella statuizione della sentenza
n. 502 del 1991 della Corte costituzionale, dichiarativa
dell’illegittimità dell’art. 34, secondo comma, del codice di
procedura penale quanto alla partecipazione al giudizio
dibattimentale del giudice per le indagini preliminari che abbia
emesso l’ordinanza di cui al citato art. 554, secondo comma, dello
stesso codice, dovendosi intendere quest’ultimo elemento come
riferito esclusivamente all’ordine di formulare l’imputazione;
che, mancando, per quanto esposto, una incompatibilità
riconducibile all’art. 34, secondo comma, nel caso, verificatosi nel
giudizio principale, della partecipazione al giudizio dibattimentale
del giudice per le indagini preliminari che abbia precedentemente
ordinato l’espletamento di ulteriori indagini, il pretore solleva il
correlativo dubbio di costituzionalità di tale mancata previsione
alla luce delle indicazioni offerte dalla sentenza n. 432 del 1995 di
questa Corte, decisione quest’ultima dalla quale emergerebbe in
generale l’esigenza di escludere che il giudice che abbia adottato
provvedimenti significativi quale giudice per le indagini preliminari
possa poi celebrare il giudizio dibattimentale, a causa del
verificarsi del condizionamento psicologico nella valutazione
conclusiva della responsabilità dell’imputato che è stato
sottolineato nella ratio decidendi della richiamata sentenza;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per l’infondatezza della questione;
Considerato che, come è stato ripetutamente affermato in via
generale da questa Corte, può configurarsi una situazione
riconducibile alla disciplina dell’incompatibilità del giudice
rispetto alla funzione di giudizio (sia essa svolta nell’ordinario
giudizio dibattimentale ovvero nell’ambito dei riti alternativi del
giudizio abbreviato e dell’applicazione della pena concordata) solo
quando la valutazione precedentemente effettuata dallo stesso giudice
sia resa nell’ambito e in occasione dello svolgimento di funzioni
decisorie, cosicché non possono dare luogo a un pregiudizio
rilevante ai fini dell’incompatibilità determinazioni sullo
svolgimento del processo che il giudice si sia trovato a dover
prendere, in una fase anteriore, sia pure in seguito a una
valutazione delle risultanze processuali (sentenze nn. 131 del 1996;
455 e 453 del 1994; 186 e 124 del 1992);
che, a specificazione dell’anzidetto enunciato generale, questa
Corte ha, più in particolare, disatteso questione analoga a quella
in esame (ordinanza n. 157 del 1993), osservando che, con il
provvedimento con il quale dispone che il pubblico ministero compia
ulteriori indagini, il giudice per le indagini preliminari non
effettua – diversamente da quanto avviene nel caso dell’ordine di
formulare l’imputazione – una valutazione contenutistica del
materiale di indagine, ma adotta una decisione di natura processuale,
meramente interlocutoria, che può essere seguita non solo
dall’esercizio dell’azione penale da parte del pubblico ministero ma
anche da un’ulteriore richiesta di archiviazione e quindi dalla gamma
dei provvedimenti che in tale ultimo caso il giudice può adottare, a
norma dell’art. 409 del codice di procedura penale;
che le argomentazioni addotte dal giudice a quo non sono idonee a
condurre a diversa conclusione, dovendo restare fermo il necessario
presupposto della valutazione decisoria e di contenuto non puramente
processuale ai fini della configurabilità di un pregiudizio
incidente sull’imparzialità del giudice, presupposto che
nell’ipotesi dedotta non ricorre;
che, pertanto, la questione sollevata deve essere dichiarata
manifestamente infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 34, secondo comma, del codice di procedura
penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, secondo comma,
della Costituzione, dal pretore di Padova, sezione distaccata di
Cittadella, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 luglio 1996.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Zagrebelsky
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 22 luglio 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola