Ordinanza N. 3 del 2002
Corte Costituzionale
Data generale
30/01/2002
Data deposito/pubblicazione
30/01/2002
Data dell'udienza in cui è stato assunto
16/01/2002
Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Massimo VARI, Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY,
Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA,
Piero Alberto CAPOTOSTI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa
il 12 dicembre 2000 dal tribunale di Milano nel procedimento civile
vertente tra la Viaggi Wasteels S.p.a. e la Trusting International
S.r.l. in liquidazione, iscritta al n. 226 del registro ordinanze
2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, 1a
serie speciale, dell’anno 2001.
Udito nella camera di consiglio del 24 ottobre 2001 il giudice
relatore Fernanda Contri.
Ritenuto che il tribunale di Milano, con ordinanza emessa il
12 dicembre 2000, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo
comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 180, secondo comma, del codice
di procedura civile, nella parte in cui non prevede l’onere per
l’attore di notificare al convenuto contumace il verbale che assegna
a quest’ultimo un termine perentorio per proporre le eccezioni
processuali e di merito non rilevabili d’ufficio e che fissa
l’udienza per l’interrogatorio libero, ai sensi del primo comma
dell’art. 183 cod. proc. civ;
che il rimettente sottolinea come in forza della
interpretazione dell’art. 180, secondo comma, cod. proc. civ.,
sostenuta dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 6808 del 2000,
il giudice sia sempre tenuto a fissare l’udienza di prima trattazione
e ad assegnare al convenuto un termine perentorio, non inferiore a
venti giorni prima di tale udienza, per proporre le eccezioni
processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, e ciò anche
nell’ipotesi in cui il convenuto sia rimasto contumace, senza
peraltro che l’attore sia onerato della notifica del verbale di
udienza;
che, ad avviso del giudice a quo, non appare giustificabile
la disparità di trattamento tra la previsione contenuta
nell’art. 163, comma terzo, numero 7), cod. proc. civ., circa
l’avvertimento, a pena di nullità della citazione, delle decadenze
in cui il convenuto incorre se non si costituisce tempestivamente, e
la omessa previsione della notifica al convenuto del verbale di
udienza che assegna il termine per la proposizione di eccezioni;
che il rimettente ravvisa poi la sussistenza di un’altra
ingiustificata disparità di trattamento, anch’essa lesiva del
diritto di difesa, tra l’art. 180, secondo comma, cod. proc. civ.,
che nella interpretazione della Cassazione impone al giudice di
fissare l’udienza per l’interrogatorio libero anche delle parti
contumaci, senza che sia prevista la notifica a queste ultime del
verbale di udienza, e l’art. 292 cod. proc. civ., che indica gli atti
da notificare al contumace, con una elencazione tassativa, ampliata
dalle sentenze additive n. 250 del 1986 e n. 317 del 1989 della Corte
costituzionale;
che, ad avviso del rimettente, l’art. 180 cod. proc. civ.,
nella indicata interpretazione della Corte di cassazione, “ove la si
ritenga l’unica possibile rispetto al dettato normativo”, pone, in
riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, una grave questione
di legittimità costituzionale rispetto alle previsioni contenute
negli artt. 163, comma terzo, numero 7), e 292 cod. proc. civ., nella
parte in cui non prevede l’onere per l’attore di notificare al
convenuto contumace il verbale che assegna a quest’ultimo un termine
per proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili
d’ufficio e che fissa l’udienza per l’interrogatorio libero, ai sensi
del primo comma dell’art. 183 cod. proc. civ;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, concludendo per la infondatezza della questione;
che, a parere dell’Avvocatura, non vi sarebbe alcuna
irragionevolezza nella diversità di disciplina che regola le diverse
fattispecie poste a raffronto dal giudice rimettente, poiché la
norma censurata persegue l’obiettivo di assicurare la difesa attiva
di tutti i soggetti attraverso una sequenza procedimentale, che è
ritenuta inderogabile dalla Corte di cassazione, quando afferma che
il differimento della trattazione è ineludibile e prescinde dalla
comparizione o dalla costituzione del convenuto;
che, inoltre, la notifica del verbale di udienza non sarebbe
necessaria, in quanto, allorché sia stato ritualmente notificato
l’atto di citazione, il convenuto è in condizione di orientare la
propria condotta processuale, potendo legittimamente ritenere che, a
norma dell’art. 180 cod. proc. civ., la trattazione della causa non
avrà luogo prima della seconda udienza.
Considerato che il tribunale di Milano dubita della legittimità
costituzionale dell’art. 180, secondo comma, del codice di procedura
civile, nella parte in cui non prevede l’onere per l’attore di
notificare al convenuto contumace il verbale che assegna a
quest’ultimo un termine perentorio per proporre le eccezioni
processuali e di merito non rilevabili d’ufficio e che fissa
l’udienza per l’interrogatorio libero, ai sensi del primo comma
dell’art. 183 cod. proc. civ;
che l’art. 180 cod. proc. civ., dopo aver indicato le
attività che devono essere svolte nell’udienza di prima
comparizione, i provvedimenti che possono essere pronunciati e la
forma della trattazione, stabilisce che il giudice “in ogni caso
fissa a data successiva la prima udienza di trattazione, assegnando
al convenuto un termine perentorio non inferiore a venti giorni prima
di tale udienza per proporre le eccezioni processuali e di merito che
non siano rilevabili d’ufficio”;
che la formulazione della norma ha dato luogo a
interpretazioni giurisprudenziali e dottrinarie discordanti,
particolarmente in ordine alla obbligatorietà o meno della
fissazione della prima udienza di trattazione e della concessione al
convenuto contumace del termine per la proposizione di eccezioni;
che il rimettente pone a base della sollevata questione
l’interpretazione della Cassazione relativa alla obbligatorietà
della fissazione del termine “ove la si ritenga l’unica possibile”,
con ciò mostrando la propria consapevolezza in ordine alla
possibilità di attribuire alla norma impugnata altri significati
conformi a Costituzione;
che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare
(ordinanze n. 367 del 2001 e n. 158 del 2000), al giudice non è
precluso, nell’esercizio dei poteri interpretativi che gli sono
propri e che non richiedono alcun avallo costituzionale, pervenire ad
una lettura della norma secundum Constitutionem anche in presenza di
un orientamento giurisprudenziale univoco;
che, pertanto, la questione è manifestamente inammissibile,
in quanto sollevata all’evidente e improprio fine di sollecitare a
questa Corte un’attività interpretativa, che spetta invece al
giudice a quo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara manifestamente inammissibile la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 180, secondo comma, del codice
di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo
comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, dal tribunale di
Milano con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2002.
Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Contri
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 30 gennaio 2002.
Il direttore della cancelleria: Di Paola