Ordinanza N. 315 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
22/07/1998
Data deposito/pubblicazione
22/07/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
09/07/1998
Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
di procedura civile promosso con ordinanza emessa il 4 giugno 1997
dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione
Siciliana, nel giudizio di responsabilità a carico di Cardella
Francesco ed altri, iscritta al n. 848 del registro ordinanze 1997 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 50, prima
serie speciale, dell’anno 1997.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 1 luglio 1998 il giudice
relatore Massimo Vari.
Ritenuto che la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per
la regione Siciliana – nel corso di un giudizio di responsabilità
amministrativa nei confronti di taluni presunti responsabili di danno
erariale – ha sollevato, con ordinanza del 4 giugno 1997 (iscritta al
r.o. n. 848 del 1997), questione di legittimità costituzionale
dell’art. 51 del codice di procedura civile per contrasto con l’art.
24, secondo comma, della Costituzione;
che il giudice a quo – premesso che alcuni componenti del
collegio chiamato a giudicare sul merito della controversia hanno
fatto parte, in precedenza, del collegio investito del reclamo
proposto dal Procuratore regionale avverso il provvedimento con il
quale il giudice designato ai sensi dell’art. 5 del d.-l. 15 novembre
1993, n. 453 (Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo
della Corte dei conti), convertito, con modificazioni, nella legge 14
gennaio 1994, n. 19, aveva revocato il sequestro conservativo
concesso, a suo tempo, dal Presidente della Sezione nei confronti di
taluni dei convenuti – dubita della conformità a Costituzione della
disposizione censurata “laddove limita il dovere di astensione del
giudice alle ipotesi di previa conoscenza della causa in altro grado
del processo e non anche nel caso in cui egli ne abbia conosciuto per
aver adottato un provvedimento d’urgenza nella fase cautelare”;
che, ad avviso del rimettente, le considerazioni formulate dalla
giurisprudenza costituzionale nell’ambito del processo penale (ed in
particolare con la sentenza n. 432 del 1995), in relazione al
concetto della c.d. “forza della prevenzione” ed alla sua incidenza
negativa sul principio di terzietà del giudice, possono trasfondersi
nel campo del processo civile, “le cui norme sono direttamente
applicabili al processo contabile”;
che, difatti, la concessione di un provvedimento cautelare non
può – secondo l’ordinanza – prescindere dall’esistenza di una prova
indiziaria, così come l’accertamento del fumus boni iuris,
“attenendo a circostanze afferenti al merito della futura
controversia”, impone una valutazione “contenutistica” ai fini della
concessione o meno del provvedimento richiesto;
che, pertanto, la mancata previsione del dovere di astensione per
il giudice “che abbia già conosciuto dei fatti di causa in una fase
precedente a quella di merito…rischia di compromettere i principi
del giusto processo e di imparzialità del giudice”, comportando, di
conseguenza, la lesione del diritto di difesa salvaguardato dall’art.
24, comma secondo, della Costituzione;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo “che la Corte dichiari inammissibile e non fondata la
questione sollevata” dalla Sezione giurisdizionale rimettente.
Considerato che questa Corte ha già avuto modo di ritenere,
nell’ambito del processo civile, non fondata la questione di
legittimità costituzionale dell’art. 51 cod. proc. civ. nella parte
in cui non impone l’obbligo di astensione al giudice della causa di
merito che abbia concesso un provvedimento d’urgenza ante causam
(sentenza n. 326 del 1997; successivamente, per la manifesta
infondatezza, vedi ordinanza n. 193 del 1998);
che, a tal riguardo, sono state evidenziate, tra le altre
ragioni, la non estensibilità alla giurisdizione civile della
giurisprudenza formatasi sul processo penale e, soprattutto,
l’assenza di identità di res iudicanda tra il giudizio di merito ed
il giudizio espresso sulla domanda cautelare;
che, inoltre, proprio in riferimento a quest’ultimo giudizio, si
è ritenuto che lo stesso non porta ad esprimere una “valutazione
contenutistica”, ma lascia “assolutamente irrisolto il quesito circa
l’esito finale del giudizio”, in quanto non “anticipa affatto la
decisione del merito, mirando solo a tutelare temporaneamente un
preteso diritto, onde salvaguardarlo dal pregiudizio grave ed
irreparabile, ravvisato sulla base di una valutazione provvisoria e
di semplice verosimiglianza”;
che potendosi estendere la sopra evidenziata ratio decidendi alla
situazione segnalata dall’ordinanza di rimessione, la questione di
costituzionalità sollevata dal giudice a quo – non trovando supporto
in argomenti o profili che non siano stati già oggetto di esame da
parte di questa Corte – va dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 51 del codice di procedura civile,
sollevata, in riferimento all’art. 24, secondo comma, della
Costituzione, dalla Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per
la regione Siciliana con l’ordinanza in epigrafe indicata.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1998.
Il Presidente: Vassalli
Il redattore: Vari
Il cancelliere: Fruscella
Depositata in cancelleria il 22 luglio 1998.
Il cancelliere: Fruscella