Ordinanza N. 316 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
22/07/1998
Data deposito/pubblicazione
22/07/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
09/07/1998
Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
d.-l. 27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela
delle zone di particolare interesse ambientale), introdotto dall’art.
1 della legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, e dell’art. 82,
quinto comma, lett. h) del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione
della delega di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382),
aggiunto dall’art. 1 del decreto-legge n. 312 del 1985, convertito,
con modificazioni, nella legge n. 431 del 1985 promossi con ordinanze
emesse il 16 luglio, l’11 giugno, il 16 luglio, il 28 maggio e il 4
giugno 1997 dal pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, il 7
marzo e il 18 aprile 1997 dal pretore di Roma, sezione distaccata di
Castelnuovo di Porto, e il 16 luglio, il 1 ottobre, il 15 ottobre,
l’8 ottobre, il 5 novembre e il 22 ottobre 1997 dal pretore di Roma,
sezione distaccata di Tivoli, rispettivamente iscritte ai nn. 731,
742, 751, 769, 771, 821, 822, 847, 864, 878, 912, 917 e 918 del
registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica, nn. 44, 45, 46, 48, 50, 52 e 53, prima serie speciale,
dell’anno 1997 e n. 3, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri.
Udito nella camera di consiglio del 1 luglio 1998 il giudice
relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che, con dieci ordinanze di identico contenuto, emesse tra
il 28 maggio e il 5 novembre 1997 (r.o. nn. 731, 742, 751, 769, 771,
847, 864, 912, 917 e 918 del 1997), nel corso di altrettanti
procedimenti penali nei quali era chiamato ad applicare, tra l’altro,
l’art. 1-sexies del d.-l. 27 giugno 1985, n. 312, il pretore di Roma,
sezione distaccata di Tivoli, ha sollevato questione di legittimità
costituzionale della predetta norma;
che, ad avviso del giudice a quo, essa si porrebbe anzitutto in
contrasto con gli artt. 42 e 97 della Costituzione (per quanto il
richiamo a tale secondo parametro, pur presente nella parte motiva di
tutte le ordinanze, non figuri, poi, nel relativo dispositivo),
rimandando alla nozione di aree protette quale desumibile dalla
espressa elencazione normativa di cui all’art. 1 dello stesso d.-l.
n. 312 del 1985, che individua i beni oggetto di tutela per
categoria;
che siffatta elencazione sarebbe illegittima, non consentendo che
la individuazione dei beni con naturale attitudine al vincolo, e
conseguenti limitazioni al diritto di godimento e di disposizione,
avvenga nelle forme del giusto procedimento, sia al fine di rendere
conoscibili le ragioni che connotano il particolare pregio del bene,
sia per consentire ai privati di introdurre le proprie osservazioni
ed istanze;
che, inoltre, la norma in questione recherebbe vulnus all’art. 9
della Costituzione, introducendo un regime particolarmente afflittivo
senza alcuna certezza che lo stesso sia in sintonia con interessi
effettivamente sussistenti, proprio per non essere la tutela del
valore ambientale affidata a concreti atti della pubblica autorità
di individuazione del bene da tutelare;
che, parimenti, essa, per il suo carattere prevalentemente
formale, risulterebbe irragionevolmente più afflittiva rispetto alla
previsione di cui all’art. 734 cod. pen., che considera la
deturpazione di fatto ed in concreto del bene ambientale;
che, nella prospettazione del giudice rimettente, l’art. 1-sexies
violerebbe, altresì, l’art. 25, secondo comma, della Costituzione,
per il contrasto con il principio della legalità, avuto riguardo
alla indeterminatezza della pena da applicare, oltre che della
condotta incriminata, individuata con generico riferimento alla
violazione delle disposizioni dello stesso d.-l. n. 312 del 1985, e
che, per le stesse ragioni deve intendersi denunciato, in assenza di
motivazione al riguardo, il contrasto con l’art. 27 della
Costituzione;
che in tutti i predetti giudizi è intervenuto il Presidente del
consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura
generale dello Stato che ha concluso per la manifesta infondatezza
delle questioni, analoghe ad altre già risolte in tal senso dalla
Corte costituzionale;
che la medesima questione è stata sollevata in riferimento ai
medesimi parametri dallo stesso pretore di Roma, sezione distaccata
di Tivoli, con altra ordinanza emessa il 15 ottobre 1997 (r.o. n.
878 del 1997) e dal pretore di Roma, sezione distaccata di
Castelnuovo di Porto, con due ordinanze emesse rispettivamente il 7
marzo e il 18 aprile 1997 (r.o. nn.821 e 822 del 1997);
che con le predette ordinanze è stata altresì sollevata
questione di legittimità costituzionale dell’art. 82, quinto comma,
lett. h), del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (Attuazione della delega
di cui all’art. 1 della legge 22 luglio 1975, n. 382), aggiunto
dall’art. 1 del d.-l. n. 312 del 1985, convertito con modificazioni,
dall’art. 1 della legge 8 agosto 1985, n. 431;
che, ad avviso dei giudici a quibus, la predetta norma, nel
sottoporre a vincolo paesaggistico tutte le zone gravate da usi
civici e da aree assegnate alle università agrarie, violerebbe:
l’art. 9 della Costituzione, che comporta che il valore
estetico culturale sia ragionevolmente individuato e preventivamente
riconosciuto e sia effettivamente sussistente, in relazione a
caratteristiche ad esso proprie e non attraverso la utilizzazione di
caratteri e/o qualificazioni meramente giuridiche;
l’art. 42 della Costituzione per l’illegittimo vincolo ablatorio
apposto a beni individuati senza alcun riferimento alla loro
struttura fisica ubicazionale e/o morfologica;
l’art. 3 della Costituzione per la ingiustificata disparità di
trattamento tra i cittadini proprietari, possessori e utenti di aree
gravate da usi civici che vedono gravemente limitate le facoltà di
godimento ed utilizzo loro spettanti senza che sia mai stata
accertata la relativa valenza paesistica, e gli altri cittadini;
l’art. 97 della Costituzione e il principio del giusto
procedimento, interferendosi nell’attività di gestione delle aree e
nell’esercizio delle facoltà e diritti dei proprietari e utenti
senza alcuna norma di coordinamento e procedimentale;
che anche in tali giudizi è intervenuto il Presidente del
Consiglio dei Ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura generale
dello Stato, che ha concluso per la manifesta infondatezza delle
questioni sollevate;
Considerato che i giudizi introdotti con le ordinanze in epigrafe
presentano sostanziale identità di questioni e possono pertanto
essere riuniti e decisi congiuntamente;
che le questioni di legittimità costituzionale dell’art.
1-sexies del d.-l. n. 312 del 1985 sono già state risolte in
riferimento ai medesimi parametri già invocati nel senso della
manifesta infondatezza con la ordinanza n. 68 del 1998 (v. anche per
taluni profili ordinanza n. 158 del 1998);
che pertanto esse vanno dichiarate manifestamente infondate;
che, quanto alle questioni di legittimità costituzionale
dell’art. 82, quinto comma, lettera h) del d.P.R. 24 luglio 1977, n.
616 – come modificato dall’art. 1 del d.-l. n.312 del 1985,
convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge n. 431 del
1985 – è sufficiente osservare ai fini della manifesta infondatezza,
che il legislatore ha voluto introdurre – accanto al sistema di
vincoli di cose e località di particolare pregio estetico
isolatamente considerate, da individuarsi, in base a procedimento
amministrativo di verifica delle condizioni stabilite
dall’ordinamento per l’imposizione di vincoli, con provvedimento
puntuale, concreto e motivato (legge n. 1497 del 1939) – una diversa
ed immediata tutela delle bellezze naturali, mediante l’indicazione
legislativa di vaste porzioni del territorio;
che l’individuazione legislativa è effettuata secondo varie
tipologie, cui consegue una riconsiderazione assidua del territorio
nazionale alla luce e in attuazione del valore estetico culturale
(ordinanza n. 68 del 1988), accompagnata dalla esigenza di
salvaguardare una serie di zone che si sono conservate nel loro stato
naturale o tradizionale. Tra queste zone assumono rilievo le aree di
proprietà delle università agrarie ovvero quelle assoggettate ad
usi civici, che, proprio per l’esistenza di obblighi correlati al
carattere di comunità con rilevanza anche pubblicistica, sono
rimaste destinate ad usi agricoli agro-silvo-pastorali tradizionali
o, per la maggior parte, conservate nelle destinazioni che consentono
usi collettivi (pascolo, legnatico, ecc.);
che, in altri termini, la giustificazione dell’introduzione di
vincoli paesaggistici generalizzati e con effetto diretto in base a
tipologie risiede nella valutazione che l’integrità ambientale è un
bene unitario, che può risultare compromesso anche da interventi
minori e che deve, pertanto, essere salvaguardato nella sua interezza
(v., da ultimo, sentenza n. 247 del 1997 e ordinanze n. 68 e n. 158
del 1998), con il più ampio coinvolgimento di aree allo stato
naturale o che hanno subito minori alterazioni, ad opera dell’uomo,
rispetto alle destinazioni tradizionali, in modo da tutelarle,
imponendo – salvo un periodo di salvaguardia per aree e per beni da
individuarsi con atto regionale – non un divieto assoluto, ma una
pianificazione e, per gli interventi innnovativi, un regime di
valutazione e autorizzazione rimessa alla autorità preposta al
vincolo;
che le tipologie (indicate dal legislatore) rispondono ad una
scelta, tutt’altro che irrazionale, diretta a salvaguardare vaste
porzioni di territorio, non secondo profili tipicamente paesistici
ovvero secondo ubicazioni o aspetti morfologici, ma anche secondo lo
speciale regime giuridico: regime della loro appartenenza a
determinati soggetti pubblici (università agrarie), caratterizzati
da natura associativa e da gestione di domini collettivi e
dall’amministrazione di terre demaniali di uso civico e nelle
province dell’ex Stato pontificio anche dalla provenienza da
affrancazione da servitù di uso civico (legge 4 agosto 1894, n. 397)
con attività rivolta alla cura di interessi generali senza connotati
imprenditoriali ed in stretto collegamento, nella maggior parte dei
casi, con le strutture municipali, e con la frequente coesistenza,
quantomeno nell’origine in talune regioni, con vincoli di uso civico;
ovvero regime della particolarità della disciplina pubblicistica
(aree gravate da usi civici); caratterizzata da appartenenza a
comunità di utenti (demani collettivi, comunali o universali) o da
usi che si esercitano su terre aliene da parte di comunità di
utenti);
che le zone vincolate in ragione dell’appartenenza a università
agrarie o dell’assoggettamento a usi civici comprendono vaste aree
con destinazione a pascolo naturale o a bosco, o agricole
tradizionali, e risalenti nel tempo nelle diverse regioni in
relazione agli obblighi gravanti e alla particolare sensibilità alla
conservazione da parte delle collettività o comunità interessate,
in modo da consentire il mantenimento di una serie di porzioni
omogenee del territorio, accomunate da speciale regime o
partecipazione collettiva o comunitaria, e caratterizzate da una
tendenza alla conservazione dell’ambiente naturale o tradizionale,
come patrimonio dell’uomo e della società in cui vive;
che, pertanto anche tali questioni vanno dichiarate
manifestamente infondate;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, dichiara la manifesta infondatezza delle
questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1-sexies del d.-l.
27 giugno 1985, n. 312 (Disposizioni urgenti per la tutela delle zone
di particolare interesse ambientale), introdotto dall’art. 1 della
legge di conversione 8 agosto 1985, n. 431, sollevate in riferimento
agli art. 42, 97, 9, 25 secondo comma, e 27 della Costituzione dal
pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli, con le ordinanze
indicate in epigrafe;
Dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità
costituzionale dell’art. 82, quinto comma, lettera h) del d.P.R. 24
luglio, n. 616, (attuazione della delega di cui all’art. 1 della
legge 22 luglio 1975, n. 382), aggiunto dall’art. 1 del d.-l. n.
312 del 1985, convertito, con modificazioni, nella legge n. 431 del
1985, sollevate, in riferimento agli artt. 9, 42, 3 e 97 della
Costituzione, dal pretore di Roma, sezione distaccata di Tivoli e
sezione distaccata di Castelnuovo di Porto, con le ordinanze indicate
in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 9 luglio 1998.
Il Presidente: Vassalli
Il redattore: Chieppa
Il cancelliere: Fruscella
Depositata in cancelleria il 22 luglio 1998.
Il cancelliere: Fruscella