Ordinanza N. 321 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
26/07/1996
Data deposito/pubblicazione
26/07/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/07/1996
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato
GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
4 febbraio 1988, n. 42 (Disposizioni correttive e di coordinamento
sistematico-formale, di attuazione e transitorie relative al testo
unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), promosso con ordinanza
emessa il 21 marzo 1995 dalla commissione tributaria di primo grado
di Trieste sui ricorsi riuniti proposti dalla Cassa di risparmio di
Trieste contro la direzione regionale delle entrate per la Regione
Fiuli-Venezia Giulia, iscritta al n. 745 del registro ordinanze 1995
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima
serie speciale, dell’anno 1995;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 10 luglio 1996 il giudice
relatore Massimo Vari;
Ritenuto che nel corso di un giudizio promosso dalla Cassa di
risparmio di Trieste avverso il silenzio-rifiuto dell’Amministrazione
finanziaria formatosi in ordine ad istanze di rimborso dell’imposta
sul reddito delle persone giuridiche per l’anno 1982 e dell’ILOR ed
addizionale relativa allo stesso anno, la commissione tributaria di
primo grado di Trieste, con ordinanza emessa il 21 marzo 1995, ha
sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988,
n. 42 (Disposizioni correttive e di coordinamento
sistematico-formale, di attuazione e transitorie relative al testo
unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917), in quanto non limita
l’efficacia retroattiva delle disposizioni del citato testo unico a
quelle più favorevoli al contribuente;
che il giudizio di merito dinanzi al giudice a quo ha ad oggetto
la richiesta di rimborso dei tributi assolti dalla ricorrente su
componenti positive di reddito dalla stessa incluse – a suo dire
erroneamente – nella dichiarazione presentata per l’esercizio 1982 e
costituite dall’ammontare degli interessi, maturati sui crediti
d’imposta relativi ad anni precedenti, contabilizzati nell’anno 1982;
che il giudice a quo sostiene che, per effetto della disposizione
impugnata (alla stregua dell’interpretazione data dalla Cassazione
con sentenza n. 7091 del 1990), è da ritenere applicabile alla
fattispecie de qua la disciplina introdotta con il nuovo testo unico
delle imposte sui redditi n. 917 del 1986, che, all’art. 56, terzo
comma, include nel reddito d’impresa ogni tipo di interesse anche se
di natura meramente compensativa;
che il giudice stesso dubita della legittimità costituzionale
dell’art. 36 citato, in quanto, non prevedendo “l’applicazione
retroattiva delle sole disposizioni più favorevoli al contribuente”,
verrebbe a violare “il principio di uguaglianza di tutti i cittadini
dinanzi alla legge, sancito dall’art. 3 della Costituzione”;
che, in particolare, “per effetto della applicazione retroattiva
in malam partem delle disposizioni del testo unico n. 917 del 1986,
disposta dall’art. 36 del d.P.R. n. 42 del 1988, gli interessi
compensativi (quali quelli derivanti da crediti d’imposta)
costituirebbero manifestazione di capacità contributiva perché
(anche se per errore) esposti nella dichiarazione dei redditi del
1982; essi invece non costituirebbero manifestazione di capacità
contributiva per chi non li avesse esposti nelle predette
dichiarazioni”, dal che emergerebbe in modo evidente “la disparità
di trattamento rispetto a situazioni sostanzialmente eguali”;
che tale disparità di trattamento emergerebbe anche dalla
circostanza che “la possibilità del contribuente di ottenere
rimborsi non sarebbe ancorata a criteri obiettivi, ma dipenderebbe
dalla maggiore o minore sollecitudine con la quale l’Amministrazione
si pronunciasse sulle istanze di rimborso”;
che, infine, il rimettente, pur non ignorando la declaratoria di
infondatezza della questione di legittimità costituzionale di cui
trattasi contenuta nella sentenza n. 38 del 1994 di questa Corte, non
ritiene “convincenti” gli argomenti di detta sentenza, sollecitando
perciò un ulteriore approfondimento della questione;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, risultando già
decisa con la sentenza n. 38 del 1994;
Considerato che questa Corte, con sentenza n. 38 del 1994,
richiamata peraltro dallo stesso giudice rimettente, ha dichiarato
non fondata analoga questione di legittimità costituzionale
dell’art. 36 del d.P.R. n. 42 del 1988, segnatamente sotto i profili
della violazione del principio della capacità contributiva e della
disparità di trattamento tra situazioni oggettivamente identiche;
che, per quanto attiene alla lamentata mancanza di criteri
obiettivi per i rimborsi, l’ordinanza, nella genericità della
prospettazione, non consente di cogliere gli esatti termini della
proposta censura, la quale, comunque, nei limiti in cui possa
ritenersi riferita alla disposizione qui in esame, si risolve nella
denuncia di una mera disparità di fatto, tale da non concretare un
vizio di legittimità costituzionale;
che, in definitiva, con l’ordinanza in epigrafe, non risultano
prospettati profili o argomenti nuovi rispetto a quelli già
esaminati, o, comunque, tali da indurre a diverso avviso;
che il meccanismo del giudizio incidentale si palesa qui attivato
per esercitare piuttosto un sindacato in ordine al merito di una
precedente decisione della Corte;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente
infondata;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 36 del d.P.R. 4 febbraio 1988, n. 42
(Disposizioni correttive e di coordinamento sistematico-formale, di
attuazione e transitorie relative al testo unico delle imposte sui
redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22
dicembre 1986, n. 917), sollevata, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, dalla commissione tributaria di primo grado di Trieste
con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Vari
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 26 luglio 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola