Ordinanza N. 322 del 2002
Corte Costituzionale
Data generale
05/07/2002
Data deposito/pubblicazione
05/07/2002
Data dell'udienza in cui è stato assunto
01/07/2002
Presidente: Cesare RUPERTO;
Giudici: Riccardo CHIEPPA, Gustavo ZAGREBELSKY, Valerio ONIDA,
Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto
CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK,
Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO, Romano VACCARELLA;
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta
nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), e art. 30, comma
1, lettera a) della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per
ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e
potenziare l’attività di accertamento; disposizioni per la
rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché
per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei
rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica
per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei
centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), promosso con
ordinanza emessa il 19 febbraio 2001 dalla Commissione tributaria
provinciale di Piacenza sul ricorso proposto da Ferrari Bruno contro
Consorzio Bacini Piacentini di Levante, iscritta al n. 660 del
registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 36, 1ª serie speciale, dell’anno 2001.
Visti gli atti di costituzione di Ferrari Bruno e del Consorzio
Bacini Piacentini di Levante, nonché l’atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 21 maggio 2002 il giudice
relatore Fernanda Contri;
Uditi gli avvocati Gian Paolo Nascetti e Alessandro Pace per il
Consorzio Bacini Piacentini di Levante e l’avvocato dello Stato
Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Piacenza ha
sollevato, per violazione degli artt. 3, 76 e 77 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta
nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), in riferimento
all’art. 30, comma 1, lettera a), della legge 30 dicembre 1991,
n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per
razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività di accertamento;
disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili
delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la
definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al
Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati
tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto
fiscale), nonché dello stesso art. 30, comma 1, lettera a), della
legge n. 413 del 1991 (anche in rapporto alle lettere c), f) e h) del
comma 1 ed al comma 3), per violazione degli artt. 3, 24, 111 e 113
della Costituzione, nella parte in cui non contemplano i contributi
di bonifica tra i tributi devoluti alla giurisdizione del giudice
tributario, diversamente dai tributi locali, dalle imposte comunali
sull’incremento di valore degli immobili e delle controversie
catastali e concernenti l’imposta catastale;
che il giudice rimettente è investito dell’esame di un
ricorso presentato avverso tre ruoli esattoriali e relativi avvisi di
pagamento relativi a contributi di bonifica;
che, come riferisce il giudice a quo il Consorzio convenuto
ha eccepito il difetto di giurisdizione del giudice tributario ed ha
depositato successivamente in cancelleria copia del ricorso per
regolamento preventivo di giurisdizione presentato alle sezioni unite
della Corte di cassazione;
che la Commissione rimettente, dovendo provvedere, ai sensi
dell’art. 367, primo comma, del codice di procedura civile, alla
decisione sulla sospensione del giudizio in corso, ritiene di dover a
tal fine verificare se la contestazione sulla giurisdizione sia o
meno manifestamente infondata;
che, secondo il giudice a quo rispetto a tale verifica
sarebbe pregiudiziale la questione di legittimità costituzionale
sollevata sulla stessa norma su cui sono chiamate a decidere le
sezioni unite della Corte di cassazione, dal momento che l’eventuale
accoglimento della questione di legittimità da parte della Corte
renderebbe la contestazione della giurisdizione manifestamente
infondata, con la conseguente rilevanza della questione nel giudizio
a quo;
che, sempre ad avviso del rimettente, la questione, oltre che
rilevante, sarebbe non manifestamente infondata, dal momento che
l’art. 30, comma 1, lettera a), della legge n. 413 del 1991, nel
conferire delega al Governo per la riforma del contenzioso
tributario, ha previsto la competenza del giudice tributario per
tutte le imposte e i tributi locali, laddove il legislatore delegato
avrebbe operato come se un criterio direttivo (“i tributi locali”)
fosse un precetto tassativo, escludendo dalla cognizione della
giurisdizione tributaria i contributi dovuti ai consorzi di bonifica,
persone giuridiche pubbliche operanti in ambito locale;
che, secondo il giudice a quo, tale parziale devoluzione di
giurisdizione si pone in contrasto sia con la legge delega, con
conseguente violazione degli artt. 76 e 77 Cost., sia con l’art. 3
Cost., perché in tal modo si sottopongono ad un trattamento
ingiustificatamente differenziato prestazioni ontologicamente
identiche, essendo incontroversa la natura tributaria dei contributi
in parola;
che mentre al giudice tributario sono state attribuite le
controversie relative alle imposte comunali sull’incremento di valore
degli immobili, l’esclusione dei contributi di bonifica, anch’essi
subordinati all’incremento di valore degli immobili in dipendenza
delle opere consortili, determina ulteriore violazione dell’art. 3
Cost;
che la mancata previsione della giurisdizione tributaria sui
citati contributi, secondo il giudice a quo viola anche gli artt. 3,
24, 111 e 113 Cost., poiché il cittadino, per controversie di modico
valore, dovrebbe poter ottenere tutela senza sostenere rilevanti
spese processuali e senza subire le lungaggini ed i tecnicismi
discendenti dalla necessità di adire il tribunale ordinario;
che nel giudizio di legittimità costituzionale è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di
dichiarare la questione sollevata manifestamente inammissibile o, in
subordine, manifestamente infondata;
che, come osserva preliminarmente la difesa erariale, la
questione sollevata dal giudice a quo è priva del necessario
rapporto di strumentalità tra la sua risoluzione e la definizione
del giudizio principale, poiché l’art. 367 cod. proc. civ. prevede
la sospensione del processo, a meno che il giudice davanti al quale
pende la controversia non ritenga, con una delibazione sommaria, il
ricorso per regolamento di giurisdizione manifestamente infondato,
restando la risoluzione della stessa di esclusiva competenza della
Corte di cassazione;
che, sempre secondo l’Avvocatura, il criterio con cui il
giudice di merito deve vagliare la manifesta infondatezza della
questione di giurisdizione non può che essere la valutazione dei
precedenti delle sezioni unite della Corte regolatrice che, per le
controversie relative alle opposizioni alle cartelle esattoriali
proposte sul rilievo che l’immobile oggetto di imposizione da parte
dei consorzi non riceve i benefici della bonifica, ha sempre
affermato la giurisdizione del giudice ordinario;
che la Commissione tributaria provinciale di Piacenza avrebbe
perciò dovuto sospendere il giudizio, non spettandole alcun altro
potere né sulla decisione in tema di giurisdizione, né sul merito
della controversia, con la conseguente inammissibilità della
questione sollevata;
che ad avviso dell’Avvocatura la questione è anche
infondata, non sussistendo violazione dell’art. 3 Cost., né quanto
alla ragionevolezza, data la peculiare connotazione dei consorzi di
bonifica, né quanto all’eguaglianza;
che, quanto alla asserita violazione degli artt. 111 e 113
Cost., osserva l’Avvocatura che detti parametri sono sforniti di
qualsivoglia motivazione, mentre per la violazione dell’art. 24
Cost., spetta al legislatore stabilire le forme e i modi della tutela
giurisdizionale;
che nel giudizio di legittimità costituzionale si è
costituito il ricorrente nel giudizio a quo osservando
preliminarmente che la questione sollevata è rilevante nel giudizio
in corso davanti alla Commissione rimettente;
che la parte rileva che in tanto il processo di merito può
essere sospeso a seguito della proposizione del ricorso per
regolamento di giurisdizione, in quanto il giudice ritenga l’istanza
corretta nelle forme e non manifestamente infondata nel suo
contenuto;
che, ad avviso della parte, la questione di legittimità
costituzionale proposta ha carattere pregiudiziale rispetto a tale
verifica e quindi il giudice a quo, pur in pendenza del regolamento
di giurisdizione davanti alle sezioni unite della Corte di
cassazione, ha correttamente soprasseduto sino all’esito del giudizio
di costituzionalità sulla pronuncia di sospensione del giudizio;
che la parte privata ritiene che la questione, oltre che
ammissibile, sia anche fondata nel merito per eccesso di delega da
parte del legislatore delegato;
che la legge n. 413 del 1991 ha fissato, anziché dei
precetti, dei criteri direttivi e che la conferma di ciò starebbe
nel fatto, pur in assenza di specifica delega sul punto, che il
legislatore delegato ha devoluto al giudice tributario le
controversie concernenti le sanzioni amministrative e gli interessi
nella materia di cui all’art. 30, comma 1, della legge, mentre il
legislatore delegato ha disatteso il criterio direttivo relativo ai
“tributi locali”, escludendo dal novero degli stessi i contributi
consortili;
che la mancata devoluzione al giudice tributario delle
controversie in tema di contributi di bonifica viola anche l’art. 3
Cost. perché sottopone a un trattamento ingiustificatamente diverso
prestazioni ontologicamente identiche quali i tributi locali ed i
contributi di bonifica;
che anche le altre censure mosse dalla Commissione tributaria
di Piacenza sono, ad avviso della difesa del ricorrente nel giudizio
a quo fondate, atteso che la possibilità di difesa del cittadino
davanti al tribunale ordinario sarebbe ridotta per effetto delle
differenze tra le due procedure, civile e tributaria;
che in prossimità dell’udienza la parte privata ha
depositato una memoria con la quale ha chiesto alla Corte, preso atto
dello ius superveniens rappresentato dall’entrata in vigore
dell’art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge
finanziaria 2002), modificativo dell’art. 2 del decreto legislativo
31 dicembre 1992, n. 546, di voler restituire gli atti al giudice a
quo per una nuova valutazione della rilevanza della questione;
che anche il Consorzio convenuto nel giudizio a quo si è
costituito nel presente giudizio di legittimità costituzionale,
chiedendo alla Corte di dichiarare le questioni sollevate
inammissibili o, in subordine, infondate;
che preliminarmente la parte ritiene che la questione sia
irrilevante nel giudizio a quo appuntandosi sulla stessa norma su cui
è chiamata a decidere la Corte di cassazione a sezioni unite, e non
il giudice rimettente del quale è esclusa la legittimazione;
che la questione sarebbe inammissibile perché sollevata da
un giudice irritualmente adito, perché del tutto carente di
giurisdizione;
che, sempre ad avviso della parte, la questione sarebbe,
oltre che inammissibile, infondata, non sussistendo violazione degli
artt. 76 e 77 Cost., poiché il criterio indicato dall’art. 30 legge
n. 413 del 1991 sarebbe un criterio cogente nella individuazione dei
tributi per i quali sussiste la giurisdizione del giudice tributario,
mentre la disposizione impugnata avrebbe ripreso l’elencazione già
contenuta nell’art. 1 del d.P.R. n. 636 del 1972;
che un’altra ragione di infondatezza della questione, secondo
la parte costituita, dovrebbe individuarsi nel fatto che il
legislatore delegante non ha inteso assegnare alla giurisdizione
tributaria “tutte” le controversie comunque aventi ad oggetto tributi
di ogni genere e specie, molte essendo quelle che rientrano nelle
attribuzioni della autorità giudiziaria ordinaria in forza
dell’art. 9 cod. proc. civ.;
che, come rileva ancora la parte privata, i consorzi di
bonifica non rientrano nella categoria degli enti locali di cui agli
artt. 118 e 130 Cost. e che, per diritto vivente, i contributi di
bonifica non sono compresi tra i tributi comunali e locali, come da
orientamento assolutamente consolidato della Corte di cassazione e
come implicitamente ritenuto anche dalla Corte, con la sentenza n. 26
del 1998;
che, sempre ad avviso della difesa del Consorzio, la
questione è infondata anche riguardo all’ultimo profilo esaminato
dal giudice a quo quello relativo alla violazione degli artt. 3, 24,
111 e 113 Cost., non essendo la scelta del legislatore in grado di
comprimere il diritto delle parti di accedere alla tutela
giurisdizionale, ed essendo al contrario il maggior tecnicismo del
processo ordinario una garanzia a favore del cittadino.
Considerato che la Commissione tributaria provinciale di Piacenza
dubita della legittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo
tributario in attuazione della delega al Governo contenuta
nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), per violazione
degli artt. 3, 76 e 77 della Costituzione, nella parte in cui,
disattendendo i criteri direttivi di cui all’art. 30 della legge
delega n. 413 del 1991, non attribuisce alla giurisdizione del
giudice tributario la cognizione delle controversie relative ai
contributi di bonifica di cui al regio decreto 11 dicembre 1933,
n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e
impianti elettrici);
che lo stesso giudice dubita altresì della legittimità
costituzionale del medesimo art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 e
dell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per
ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e
potenziare l’attività di accertamento; disposizioni per la
rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché
per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei
rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica
per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei
centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), per violazione
degli artt. 3, 24, 111 e 113 Cost., nella parte in cui non
contemplano i contributi di bonifica tra i tributi devoluti alla
giurisdizione del giudice tributario – diversamente dai tributi
locali, dalle imposte comunali sull’incremento di valore degli
immobili e delle controversie catastali e concernenti l’imposta
catastale – per disparità di trattamento tra situazioni affini e
perché, devolvendo la cognizione di tali controversie al giudice
ordinario, le disposizioni impugnate pongono ostacoli alla tutela
giurisdizionale del cittadino;
che il testo dell’art. 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 cit. è
stato, successivamente all’ordinanza di rimessione, interamente
sostituito dall’art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale
dello Stato – legge finanziaria 2002);
che questa Corte, prima di esaminare l’effetto di tale ius
superveniens sulla questione di legittimità costituzionale sollevata
dalla Commissione tributaria provinciale di Piacenza, deve esaminare
l’ammissibilità della stessa, in particolare sotto il profilo della
rilevanza nel giudizio a quo;
che costituisce affermazione costante nella giurisprudenza
della Corte quella secondo la quale sono inammissibili le questioni
di legittimità sollevate dal giudice del merito dopo la
presentazione del ricorso per regolamento di giurisdizione, e
“segnatamente quando le norme sospette di incostituzionalità
rilevino per la risoluzione della questione di giurisdizione” (v.,
fra le più recenti, l’ordinanza n. 248 del 2000, che richiama
espressamente l’ordinanza n. 239 del 1989 e le sentenze n. 173 del
1981 e n. 43 del 1980);
che la novellazione introdotta al testo dell’art. 367 cod.
proc. civ. dall’art. 61 della legge 26 novembre 1990, n. 353
(Provvedimenti urgenti per il processo civile) non è suscettibile di
modificare il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa
Corte, dal momento che la delibazione sulla non manifesta
inammissibilità o infondatezza dell’istanza per regolamento di
giurisdizione – prevista al fine di disincentivare il ricorso a detto
strumento a scopo meramente dilatorio – non incide sulla competenza
in ordine alla decisione sul regolamento stesso, che resta in via
esclusiva attribuita alla Corte di cassazione a sezioni unite;
che la Commissione tributaria provinciale di Piacenza non era
perciò legittimata a sollevare la questione di legittimità
costituzionale sulle norme impugnate;
che la questione è perciò manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 2 del decreto legislativo
31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in
attuazione della delega al Governo contenuta nell’art. 30 della legge
30 dicembre 1991, n. 413), e dell’art. 30, comma 1, della legge
30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi
imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività
di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei
beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e
per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega
al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per
reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del
conto fiscale), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 76, 77,
111 e 113 della Costituzione, dalla Commissione tributaria
provinciale di Piacenza con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 1 luglio 2002.
Il Presidente: Ruperto
Il redattore: Contri
Il cancelliere:Di Paola
Depositata in cancelleria il 5 luglio 2002.
Il direttore della cancelleria:Di Paola