Ordinanza N. 323 del 1983
Corte Costituzionale
Data generale
20/10/1983
Data deposito/pubblicazione
20/10/1983
Data dell'udienza in cui è stato assunto
07/10/1983
ANTONINO DE STEFANO – Prof. GUGLIELMO ROEHRSSEN – Avv. ORONZO REALE –
Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof.
LIVIO PALADIN – Dott. ARNALDO MACCARONE – Prof. ANTONIO LA PERGOLA –
Prof. VIRGILIO ANDRIOLI – Prof. GIUSEPPE FERRARI – Dott. FRANCESCO
SAJA – Prof. GIOVANNI CONSO – Prof. ETTORE GALLO, Giudici,
legge 8 febbraio 1948, n. 47 (legge sulla stampa) e degli artt. 1, 9 e
13 della stessa legge e 57 cod. pen. (reati commessi col mezzo della
stampa periodica) promossi con le ordinanze emesse il 30 marzo 1982 dal
Tribunale de L’Aquila, il 17 maggio 1982 dal Tribunale di Napoli, il 24
marzo e il 29 aprile 1982 dal Tribunale di Monza e l’11 maggio 1982 dal
Tribunale di Rieti, rispettivamente iscritte ai nn. 493, 494, 667, 738
e 838 del registro ordinanze 1982 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 310 del 1982 e nn. 60, 81 e 108 del 1983.
Udito nella camera di consiglio del 25 maggio 1983 il Giudice
relatore Virgilio Andrioli.
Ritenuto che: 1.1. – Con due ordinanze – emesse la prima il 24 marzo
1982 (comunicata il 22 aprile e notificata il 9 luglio dello stesso
anno; pubblicata nella G.U. n. 60 del 2 marzo 1983 e iscritta al n. 667
R.O. 1982) nel procedimento contro Pisanò Giorgio e Rebora
Gianguglielmo imputati del reato di cui agli artt. 110, 595 c.p. e 13
l. 8 febbraio 1948, n. 47 per avere offeso, mediante attribuzione di
fatti determinati, la reputazione di Lauricella Salvatore, e la seconda
il 29 aprile 1982 (comunicata il 13 maggio e notificata il 23 settembre
dello stesso anno; pubblicata nella G.U. n. 81 del 23 marzo 1983 e
iscritta al n. 738 R.O. 1982) nel procedimento contro Magno Carlo Maria
e Belluardo Carmelo, imputati del delitto di cui agli artt. 110, 81
cpv., 595 c.p. e 13 l. 8 febbraio 1948, n. 47 per avere il primo, come
autore degli articoli di stampa, e il secondo, come ispiratore e
informatore, offeso la reputazione di Tusa Vincenzo, contro Crispo
Mario imputato del delitto di cui agli artt. 81 cpv., 57, 595 comma
primo c.p. e 13 l. 8 febbraio 1948, n. 47 per avere, nella sua qualità
di direttore responsabile del mensile “Sicilia Tempo”, omesso di
esercitare il controllo necessario ad impedire la commissione dei
delitti di cui al capo precedente, contro Giglio Mario, imputato del
delitto di cui agli artt. 570, 595 c.p. e 13 l. 8 febbraio 1948, n. 47,
per avere omesso di esercitare, nella sua qualità di direttore
responsabile del settimanale “L’Espresso”, sul contenuto di questo il
controllo necessario ad impedire la commissione del reato di
diffamazione in danno di Tusa Vincenzo, contro Gregoretti Carlo,
imputato del delitto di cui agli artt. 81 comma primo, 57 c.p. per
avere, nella sua qualità di direttore responsabile del settimanale
“Tempo” del 1 agosto 1976, omesso di esercitare sul contenuto di questo
il controllo necessario ad impedire la commissione del delitto di
diffamazione contro Tusa Vincenzo e Cutoni Aldina e del delitto di cui
all’art. 9 legge 8 febbraio 1948, n. 47 per avere, nella sua qualità
di direttore responsabile del settimanale “Tempo” numero immediatamente
successivo a quello dinanzi indicato, omesso di ottemperare all’obbligo
di pubblicarvi la rettifica e le dichiarazioni fattegli pervenire da
Tusa Vincenzo e da Cutoni Aldina, contro De Bonis Antonio e Belluardo
Carmelo, imputati del delitto di cui agli artt. 81 comma primo, 110,
595 comma primo c.p. e 13 legge 8 febbraio 1948, n. 47 per avere, in
concorso fra loro, il De Bonis quale autore dell’articolo apparso sul
settimanale “Tempo” del 1 agosto 1976 e il Belluardo quale ispiratore e
informatore offeso la reputazione di Tusa Vincenzo, contro Culicchia
Antonio, imputato del delitto di cui all’art. 57 c.p. per avere, nella
sua qualità di direttore responsabile del periodico “Nuovi Orizzonti”
del settembre 1976, omesso di esercitare sul contenuto di un articolo
comparso sul periodico il controllo necessario ad impedire il delitto
di diffamazione in danno di Tusa Vincenzo – il Tribunale di Monza ha
giudicato rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento
all’art. 3 Cost., la questione di legittimità costituzionale degli
artt. 1, 9 e 13 legge 8 febbraio 1948 n. 47 e 57 c.p. limitandosi,
nella ordinanza 24 marzo 1982, a richiamare, senza riprodurli, i motivi
esposti nelle ordinanze 29 ottobre 1980 del Tribunale di Roma e 28
gennaio 1982 dello stesso Tribunale e, nella ordinanza 29 aprile 1982,
le ordinanze 28 gennaio e 24 marzo 1982 del Tribunale medesimo.
2.1. – Hanno sollevato, in riferimento all’art. 3 Cost., questione di
legittimità costituzionale dell’art. 13 legge 8 febbraio 1948, n. 47
a) il Tribunale de L’Aquila con ordinanza emessa sotto la data del 30
marzo 1982 (poi comunicata il 19 aprile e notificata il 7 giugno dello
stesso 1982, pubblicata nella G.U. n. 310 del 10 novembre 1982 e
iscritta al n. 493 R.O. 1982) nel procedimento contro Viglietta Franco
e altri ventidue, imputati di diffamazione aggravata (artt. 110, 112 n.
1, 595, 61 n. 10 c.p., 13 legge 8 febbraio 1948, n. 47) per avere, in
concorso tra loro, approvato e fatto trasmettere all’agenzia
giornalistica ANSA un comunicato della sezione di Roma di “Magistratura
Democratica”, poi pubblicato in diversi quotidiani, in cui era offesa,
con l’attribuzione di fatti determinati, la reputazione di Vitalone
Claudio, b) il Tribunale di Napoli con ordinanza emessa sotto la data
del 17 maggio 1982 (poi notificata il successivo 28 e comunicata il 1
giugno 1982, pubblicata nella G.U. n. 310 del 10 novembre 1982 e
iscritta al n. 494 R.O. 1982) nel procedimento contro D’Asaro Franz
Armando, imputato del reato di cui agli artt. 57 e 595 c.p. e 21 legge
8 febbraio 1948, n. 47 per avere, nella sua qualità di direttore
responsabile del quotidiano “Secolo d’Italia”, omesso il dovuto
controllo, Salomone Franco, imputato del reato di cui agli artt. 51 e
595 c.p., per avere offeso la reputazione di sette magistrati (Dragotto
Gaetano e altri sei), poi pubblicato su “Il Tempo” di Roma due
articoli, Letta Gianni, imputato del delitto di cui agli artt. 57 e 595
c.p. e 21 legge 8 febbraio 1948, n. 47, per avere, nella sua qualità
di direttore responsabile de “Il Tempo”, omesso di esercitare il
necessario controllo, c) il Tribunale di Rieti, con ordinanza emessa
sotto la data dell’11 maggio 1982 (poi comunicata il 30 giugno e
notificata il 1 luglio successivo, pubblicata nella G.U. n. 108 del 20
aprile 1983 e iscritta al n. 838 R.O. 1982) nel procedimento contro
Ciofi Degli Atti Paolo Emilio, imputato del reato di cui agli artt. 595
commi primo, secondo e terzo, 81 cpv. c.p. e 13 legge 8 febbraio 1948,
n. 47, per avere offeso la reputazione di Cirillo Vincenzo e Cirillo
Luigi predisponendo o facendo predisporre, in qualità di segretario
della Federazione romana del PCI, un volantino, stampato presso la
Tipolito Fiori di Poggio Mirteto e diffuso in Roma e altrove verso la
fine del maggio 1979, anche ai fini della pubblicazione sugli organi di
informazione.
2.2. – All’argomento comune dell’ingiustificabilità del più grave
trattamento sanzionatorio della diffamazione a mezzo stampa rispetto
all’identico reato commesso col mezzo radiotelevisivo il Tribunale di
Napoli ha aggiunto due rilievi: la esistenza della Commissione
parlamentare non persuade a ritenere meno pericoloso il mezzo
radiotelevisivo perché la Commissione non opera nei confronti delle
emittenti private né implica una censura preventiva; i mezzi di
registrazione (o videoregistrazione) oggi esistenti escludono la
maggiore labilità della “informazione parlata”. Dal canto suo il
Tribunale di Rieti pone in rilievo che la diffamazione (pur aggravata
per l’attribuzione di un fatto determinato), commessa col mezzo
radiotelevisivo, rientra nella competenza del Pretore e fruisce del
beneficio di cui all’art. 1 d.P.R. 18 dicembre 1981, n. 744.
3. – Avanti la Corte nessuna delle parti si è costituita né ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.
4. – La trattazione dei cinque incidenti è stata fissata per
l’adunanza in camera di consiglio del 25 maggio 1983 rinviata
all’adunanza del 29 settembre 1983, nel corso della quale il giudice
Andrioli ha svolto la relazione.
Considerato che: 5. – Gli argomenti, addotti dai Tribunali di Napoli
e di Rieti (supra 2.2.), non incidono sul nucleo centrale della
motivazione della sentenza 168/1982, il quale si sostanzia nel rapporto
istituito da un lato tra i commi primo e terzo dell’art. 595 c.p. e
dall’altro lato tra la diffamazione col mezzo della stampa e la
diffamazione tramite qualsiasi altro mezzo di pubblicità, che si
risolve nella proposizione, qui ribadita per la terza volta, che “la
specialità impressa agli schemi delineati nel comma terzo dell’art.
595 non consente di ravvisare negli altri mezzi di pubblicità il genus
rispetto al quale la disciplina della stampa si profili come (in
maggior grado) speciale”.
Più particolarmente.
Dalla esistenza della Commissione parlamentare quale controllo idoneo
a rendere ad avviso del Tribunale di Napoli meno pericoloso il mezzo
radiotelevisivo ebbe ad argomentare, nelle tredici ordinanze su cui è
stata resa la sent. 168/1982, il Tribunale di Roma, ma la Corte non ne
ha ricavato alcun elemento di convinzione nella ripetuta sentenza e
nelle successive ordinanze 213/1982 e 53/1983.
Alla riproduzione dei messaggi radiofonici e televisivi su cui si è
soffermato il Tribunale di Napoli ha la Corte negato forza persuasiva a
favore della fondatezza della questione nell’ord. 213/1982 (2.2.).
Nuovo è l’argomento che – in una con l’attribuzione al pretore della
competenza a conoscere della diffamazione mediante stampa – ha il
Tribunale di Rieti desunto dall’art. 1 c) d.P.R. 18 dicembre 1981, n.
744 (Concessione di amnistia e indulto) riflettente i reati previsti
dall’art. 57 c.p., commessi fino a tutto il giorno 31 agosto 1981 dal
direttore o dal vicedirettore responsabile, quando sia noto l’autore
della pubblicazione, ma la duplice circostanza che l’amnistia non sia
estesa all’autore e che sia concessa al direttore o al vicedirettore
responsabile sol se sia noto l’autore vieta d’inferirne la
constatazione – sul piano normativo – della minore pericolosità del
mezzo radiotelevisivo, seppure non si vuole, come si deve, ancora una
volta ribadire che la reiterata questione di costituzionalità è da
dirsi manifestamente infondata sulla base delle argomentazioni
intrecciate intorno al primo e al terzo comma dell’art. 595 c.p. e al
loro rapporto con le leggi 47/1948 e 103/1975.
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i Cinque procedimenti,
dichiara la manifesta infondatezza della questione
d’incostituzionalità a) dell’art. 13 l. 8 febbraio 1948, n. 47
(Disposizioni sulla stampa) con le ordinanze 30 marzo 1982 del
Tribunale de L’Aquila (n. 493 RO. 1982), e 11 maggio 1982 del Tribunale
di Rieti (n. 838 R.O. 1982) e 17 maggio 1982 del Tribunale di Napoli
(n. 494 RO. 1982) e b) degli artt. 1, 9, 13 l. 47/1948 e 57 c.p. con
ordinanze 24 marzo 1982 e 29 aprile 1982 del Tribunale di Monza (nn.
657,667 RO. 1982), sollevate in riferimento all’art. 3 della
Costituzione.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 1983.
F.to: LEOPOLDO ELIA – ANTONINO DE
STEFANO – GUGLIELMO ROEHRSSEN –
ORONZO REALE – BRUNETTO BUCCIARELLI
DUCCI – ALBERTO MALAGUGINI – LIVIO
PALADIN – ARNALDO MACCARONE – ANTONIO
LA PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI –
GIUSEPPE FERRARI – FRANCESCO SAJA –
GIOVANNI CONSO – ETTORE GALLO.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere