Ordinanza N. 323 del 1985
Corte Costituzionale
Data generale
11/12/1985
Data deposito/pubblicazione
11/12/1985
Data dell'udienza in cui è stato assunto
06/12/1985
REALE – Dott. BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – Avv. ALBERTO MALAGUGINI –
Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof. VIRGILIO ANDRIOLI – Prof. GIUSEPPE
FERRARI – Dott. FRANCESCO SAJA – Prof. GIOVANNI CONSO – Prof. ETTORE
GALLO – Dott. ALDO CORASANITI – Prof. GIUSEPPE BORZELLINO – Dott.
FRANCESCO GRECO – Prof. RENATO DELL’ANDRO, Giudici,
5 novembre 1968, n. 1115 (“Estensione in favore dei lavoratori degli
interventi della Cassa integrazione guadagni, della gestione
dell’assicurazione contro la disoccupazione e della Cassa assegni
familiari e provvidenze in favore dei lavoratori anziani licenziati”),
promosso con ordinanza emessa il 1 dicembre 1977 dal Tribunale di
Milano nel procedimento civile vertente tra INPS e Fallimento della
CREAS, iscritta al n. 242 del registro ordinanze 1978 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 194 dell’anno 1978.
Visti l’atto di costituzione dell’Istituto Nazionale per la
Previdenza Sociale e l’atto di intervento del Presidente del Consiglio
dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1985 il Giudice
relatore Livio Paladin.
Ritenuto che con l’ordinanza in epigrafe – emessa nel corso di un
procedimento civile promosso dall’INPS nei confronti del fallimento
della CREAS, per ottenere l’ammissione al passivo di un credito per
contributi omessi ai sensi della l. 5 novembre 1968, n. 1115 – l’adito
Tribunale di Milano ha sollevato questione di legittimità
costituzionale dell’art. 8 della predetta legge n. 1115, il quale
assicura, a date condizioni, un trattamento speciale di disoccupazione
ai lavoratori licenziati (da imprese industriali, diverse da quelle
edili), per cessazione di attività o per riduzioni di personale:
argomentando che tale disposizione – ove interpretata secondo la
prevalente giurisprudenza, nel senso della sua non applicabilità in
sede fallimentare – contrasterebbe con il precetto dell’eguaglianza
(art. 3 Cost.);
che, infatti, secondo il giudice a quo, “l’obbligo contributivo
dell’imprenditore ed il diritto dell’INPS a percepire i relativi
contributi si atteggerebbero in maniera diversa ed ingiustificata” a
seconda che il licenziamento sia “intimato dall’imprenditore non
fallito (con sussistenza dell’obbligo e del diritto) o dal curatore
dell’eventuale fallimento dello stesso (con insussistenza dell’obbligo
e del diritto predetti”); che, dunque, “pur trovandosi, a causa del
licenziamento, in situazioni paritetiche, solo i dipendenti delle
imprese industriali diverse da quelle edili…, in virtù del principio
di automaticità delle prestazioni previdenziali, avrebbero diritto
all’ottenimento, da parte dell’INPS, di quelle previste dalla legge n.
1115/68, mentre i (già) dipendenti di imprese industriali fallite,
licenziati dal curatore, proprio a causa della ritenuta
inapplicabilità alla procedura fallimentare della detta legge, non
avrebbero diritto alle dette prestazioni il cui presupposto è
certamente l’esistenza di una obbligazione contributiva a carico del
datore di lavoro”;
che, nel giudizio innanzi alla Corte, si è costituito l’INPS, che
ha concluso per una interpretativa di rigetto, in subordine, per la
declaratoria di illegittimità come prospettata dal Tribunale; ed è
anche intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri che ha
sostenuto l’inammissibilità e, in subordine, l’infondatezza della
questione.
Considerato, per altro, che nelle more del giudizio è sopravvenuta
la legge 23 aprile 1981, n. 155 (“Adeguamento delle strutture e delle
procedure per la liquidazione urgente delle pensioni e per i
trattamenti di disoccupazione, e misure urgenti in materia
previdenziale e pensionistica”), il, cui art. 25, ultimo comma,
testualmente prevede che l’art. 8, primo comma, della legge 5 novembre
1968, n. 1115, deve essere interpretato nel senso che il diritto al
trattamento speciale di disoccupazione è riconosciuto anche ai
lavoratori, impiegati od operai, licenziati per cessazione totale
dell’attività da parte di imprese industriali, per qualsiasi causa la
stessa sia intervenuta”; e che, in forza di detta norma, cui è stata
attribuita “efficacia retroattiva e valore di interpretazione
autentica”, la Corte di cassazione – mutando il proprio precedente
indirizzo – ha a sua volta confermato che il trattamento speciale di
disoccupazione in questione va riconosciuto anche nel caso di
licenziamenti per totale cessazione dell’attività imprenditoriale a
seguito di fallimento, con il correlativo diritto dell’istituto di
conseguire dall’amministrazione fallimentare le corrispondenti
contribuzioni;
che, alla luce di tale sopravvenienza normativa, appare quindi
opportuno restituire gli atti al giudice a quo.
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale di Milano.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 1985.
F.to: LIVIO PALADIN – ORONZO REALE –
BRUNETTO BUCCIARELLI DUCCI – ALBERTO
MALAGUGINI – ANTONIO LA PERGOLA –
VIRGILIO ANDRIOLI – GIUSEPPE FERRARI
– FRANCESCO SAJA – GIOVANNI CONSO –
ETTORE GALLO – ALDO CORASANITI –
GIUSEPPE BORZELLINO – FRANCESCO GRECO
– RENATO DELL’ANDRO.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere