Ordinanza N. 329 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
24/07/1998
Data deposito/pubblicazione
24/07/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/07/1998
Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
poteri dello Stato promosso dal pretore di Brescia nei confronti del
Presidente del Consiglio dei Ministri, sorto in relazione all’art.
74 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione
dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della
disciplina in materia di pubblico impiego a norma dell’art. 2 della
legge 23 ottobre 1992, n. 421), come sostituito dall’art. 38 del
decreto legislativo 23 dicembre 1993, n. 546 (Ulteriori modifiche al
decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, sul pubblico impiego),
con ricorso depositato il 2 febbraio 1998, ed iscritto al n. 87 del
registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 20 maggio 1998 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che, con ricorso depositato il 2 febbraio 1998, il pretore
di Brescia ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello
Stato nei confronti del Governo in relazione all’art. 74 del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione
dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della
disciplina in materia di pubblico impiego a norma dell’art. 2 della
legge 23 ottobre 1992, n. 421), così come sostituito dall’art. 38
del decreto legislativo 23 dicembre 1993, n. 546 (Ulteriori modifiche
al decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, sul pubblico impiego),
nella parte in cui dispone l’abrogazione dell’art. 13 della legge 23
dicembre 1992, n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza
pubblica), come sostituito dall’art. 6-bis del d.-l. 18 gennaio 1993,
n. 9 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria e
socio-assistenziale), convertito con modificazioni con la legge 18
marzo 1993, n. 67;
che, secondo la ricostruzione del pretore di Brescia, l’art. 13
della legge n. 498 del 1992, concernente la disciplina di taluni
adempimenti previdenziali delle province, delle comunità montane,
dei relativi consorzi e delle Istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza (IPAB), è stato dapprima sostituito dall’art. 6-bis del
d.-l. n. 9 del 1993, e, successivamente, è stato espressamente
abrogato dall’art. 38 del decreto legislativo n. 546 del 1993,
disposizione, quest’ultima, che ha sostituito l’art. 74 del decreto
legislativo n. 29 del 1993;
che il ricorrente deduce di avere fatto applicazione dell’art.
13 della legge n. 498 del 1992 anche dopo che la norma era stata
abrogata, e di “essere venuto a conoscenza dell’abrogazione (…)
per pura casualità, dopo circa quattro anni”, sicché dalla detta
abrogazione è derivato “un danno agevolmente individuabile nella
perdita di credibilità esterna ed interna dell’autorità
giudiziaria, la quale ha per anni applicato una norma abrogata e,
così, violato il principio costituzionale che le impone di
rispettare la legge”;
che, ad avviso del pretore di Brescia, l’art. 38 del decreto
legislativo n. 546 del 1993 è inoltre illegittimo per eccesso di
delega ed anche per irragionevolezza, in quanto ha disposto
l’abrogazione di una disciplina legislativa che, al momento in cui la
legge di delegazione è entrata in vigore, non risultava ancora
vigente;
che, secondo il ricorrente, la natura legislativa dell’atto
impugnato non preclude l’ammissibilità del conflitto, dato che gli
istituti del conflitto di attribuzione e del giudizio di legittimità
costituzionale in via incidentale “sono coesistenti e concorrenti e
non antagonisti ed incompatibili”;
che il ricorrente chiede, infine, che la Corte costituzionale
dichiari “la spettanza in via esclusiva all’Autorità giudiziaria
della funzione giurisdizionale ed in particolare dell’attribuzione
che le impone di conoscere ed applicare la legge, attribuzione lesa
nella sua credibilità esterna ed interna dall’inidoneità dell’art.
74 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito
dall’art. 38 del decreto legislativo 23 dicembre 1993, n. 546, ad
essere conosciuto ed applicato” e, per l’effetto, annulli tale
disposizione “con specifico riferimento alla previsione
dell’abrogazione dell’art. 13 della legge n. 498 del 1992, come
sostituito dall’art. 6-bis della legge n. 67 del 1993”.
Considerato che, in questa fase del giudizio, a norma dell’art.
37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, questa
Corte è chiamata a deliberare senza contraddittorio in ordine
all’ammissibilità del ricorso sotto il profilo dell’esistenza della
“materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua
competenza”;
che, sotto il profilo dei requisiti soggettivi, il pretore di
Brescia deve ritenersi legittimato a sollevare il conflitto, in
ragione della posizione di piena indipendenza attribuita dalla
Costituzione a ciascun organo giurisdizionale nell’esercizio delle
relative funzioni (ex plurimis ordinanze nn. 37 del 1998, 469, 442 e
325 del 1997), e che il Governo, in persona del Presidente del
Consiglio dei Ministri, è legittimato a resistervi;
che, in ordine alla sussistenza dell’oggetto del conflitto,
occorre valutare se il ricorrente lamenti la violazione, da parte
dell’atto impugnato, di una propria sfera di attribuzioni
costituzionalmente garantita (sentenza n. 49 del 1998, ordinanze nn.
131 e 73 del 1997);
che il pretore di Brescia deduce la violazione delle proprie
attribuzioni costituzionali da parte dell’art. 38 del decreto
legislativo n. 546 del 1993, per il fatto che tale disposizione,
anche in conseguenza dei modi e dei tempi di approvazione, sarebbe
“inidonea” ad essere conosciuta ed applicata, e quindi lesiva della
funzione giurisdizionale nella sua “credibilità interna ed esterna”;
che i motivi per i quali la disposizione impugnata sarebbe
“inidonea” ad essere conosciuta ed applicata sin dalla sua entrata in
vigore, e la “perdita di credibilità” della funzione
giurisdizionale, dedotta dal ricorrente quale limitazione della
propria sfera di competenza, non concretano però una menomazione
giuridicamente apprezzabile delle attribuzioni costituzionali del
ricorrente medesimo, ma integrano, semmai, una situazione di puro
fatto, insuscettibile ex se di dar vita ad un conflitto di
attribuzione fra poteri dello Stato;
che difetta conseguentemente, sotto il profilo oggettivo e
prescindendo da ulteriori motivi di inammissibilità relativi alla
natura legislativa dell’atto impugnato, la “materia” di un conflitto
la cui risoluzione spetti alla competenza di questa Corte, in quanto
il ricorso non prospetta alcuna lesione di un’attribuzione
costituzionalmente garantita.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara inammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo
1953, n. 87, il conflitto di attribuzione sollevato dal pretore di
Brescia nei confronti del Governo con il ricorso indicato in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1998.
Il Presidente: Vassalli
Il redattore: Capotosti
Il cancelliere: Fruscella
Depositata in cancelleria il 24 luglio 1998.
Il cancelliere: Fruscella