Ordinanza N. 332 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
22/07/1994
Data deposito/pubblicazione
22/07/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
07/07/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare
RUPERTO;
comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 e successive modificazioni
(Norme sull’ordinamento penitenziario e sull’esercizio delle misure
privative e limitative della libertà), promossi con le seguenti
ordinanze:
1) ordinanza emessa il 16 marzo 1993 dal Tribunale di
sorveglianza di Lecce sui reclami riuniti proposti da Donatiello
Giovanni ed altri, iscritta al n. 415 del registro ordinanze 1993 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima
serie speciale, dell’anno 1993;
2) ordinanza emessa il 19 maggio 1993 dal Tribunale di
sorveglianza di Milano sul reclamo proposto da Mellone Ferdinando,
iscritta al n. 437 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale,
dell’anno 1993;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 26 gennaio 1994 il Giudice
relatore Mauro Ferri;
Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha sollevato
questione di legittimità costituzionale dell’art. 41- bis, secondo
comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive
modificazioni, “nella parte in cui non prevede il controllo
dell’autorità giudiziaria sui provvedimenti del Ministro di grazia e
giustizia e dei suoi delegati che impongono restrizioni della
libertà personale”;
che ad avviso del giudice a quo, poiché la norma impugnata
comporta un provvedimento di sospensione del normale trattamento
penitenziario ad opera della pubblica amministrazione (Ministro di
grazia e giustizia), e non prevede alcuna forma di reclamo o
impugnazione in via giurisdizionale, detta disciplina contrasterebbe
con le garanzie sancite dagli artt. 13 e 111 della Costituzione sulla
riserva di giurisdizione in ordine alla restrizione della libertà
personale e sulla possibilità di sindacato giurisdizionale sui detti
provvedimenti;
che anche il Tribunale di sorveglianza di Milano dubita della
legittimità della medesima norma in riferimento agli artt. 3, 24,
primo comma, e 113, primo e secondo comma, della Costituzione; e
quindi, in sintesi: per la mancata previsione di tutela
giurisdizionale avverso i provvedimenti di sospensione del
trattamento penitenziario ordinario (in riferimento all’art. 24 della
Costituzione), per la ingiustificata disparità di trattamento in
raffronto alla possibilità del reclamo giurisdizionale riconosciuta
avverso i provvedimenti ministeriali che dispongono il regime di
sorveglianza particolare, ai sensi dell’art. 14- ter
dell’Ordinamento penitenziario (art. 3 della Costituzione), e, infine, per la mancanza di tutela giurisdizionale avverso provvedimenti
della pubblica amministrazione (art. 113 della Costituzione);
Considerato che i provvedimenti di rimessione investono la
medesima norma di legge, e che pertanto i relativi giudizi vanno
riuniti per essere decisi congiuntamente;
che questione sostanzialmente identica a quella sollevata dal
Tribunale di sorveglianza di Milano è già stata esaminata e decisa
con sentenza n. 410/1993 di non fondatezza nei sensi di cui in
motivazione;
che anche per quanto riguarda la questione sollevata dal
Tribunale di sorveglianza di Lecce questa Corte, sia con la citata
sentenza n. 410, sia con la precedente n. 349 del 1993, ha già avuto
modo di esaminare la legittimità della norma sotto profili analoghi
a quelli ora sollevati concludendo per la non fondatezza della
questione sulla base di un’interpretazione aderente al dettato
costituzionale;
che, in particolare, nella sentenza da ultimo citata questa
Corte ha affermato che una corretta lettura della norma non consente
l’adozione di provvedimenti suscettibili di incidere sul grado di
libertà personale del detenuto, ma soltanto di adottare delle misure
che già nella sostanza appartengono alla competenza di ciascuna
amministrazione penitenziaria, e che, pur potendo comportare un
maggiore o minore contenuto afflittivo per chi ad esse è
assoggettato, non esulano dall’ambito delle modalità di esecuzione
di un titolo di detenzione già adottato con le previste garanzie
costituzionali;
che, inoltre, anche la possibilità di ottenere un sindacato
giurisdizionale sulla legittimità di detti provvedimenti è stata
esplicitamente affermata, in entrambe le citate decisioni, come
“costituzionalmente necessaria ai sensi dell’art. 24 della
Costituzione”, con riconoscimento della competenza in capo alla
medesima autorità giurisdizionale ordinaria cui è demandato il
controllo sull’applicazione del regime di sorveglianza particolare
disciplinato dagli artt. 14- bis e segg. dell’Ordinamento
penitenziario (v. sentenza n. 410/1993);
che le suddette argomentazioni valgono pienamente ad escludere
ogni contrasto della norma, così interpretata, anche con l’art. 111
della Costituzione invocato dal Tribunale di sorveglianza di Lecce;
che pertanto entrambe le questioni devono essere dichiarate
manifestamente infondate;
Visti gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi; dichiara la manifesta infondatezza della
questione di legittimità costituzionale dell’art. 41- bis, secondo
comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento
penitenziario e sull’esercizio delle misure privative e limitative
della libertà) sollevata, con le ordinanze in epigrafe, dal
Tribunale di sorveglianza di Lecce in riferimento agli artt. 13 e 111
della Costituzione, e dal Tribunale di sorveglianza di Milano in
riferimento agli artt. 3, 24, primo comma, e 113, primo e secondo
comma, della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, 7 luglio 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: FERRI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 22 luglio 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA