Ordinanza N. 332 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
30/07/1996
Data deposito/pubblicazione
30/07/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/07/1996
Presidente:, avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Enzo CHELI giudice, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare
RUPERTO,
prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo
MEZZANOTTE;
del d.-l. 17 marzo 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli
scarichi delle pubbliche fognature e degli insediamenti civili che
non recapitano in pubbliche fognature), convertito, con
modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172, dell’art. 1 della
legge 17 maggio 1995, n. 172, dell’art. 21, terzo ed ultimo comma,
della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle acque
dall’inquinamento), nel testo sostituito con gli artt. 3 e 6 del
d.-l. 17 marzo 1995, n. 79, promossi con ordinanze emesse: il 10 e 17
novembre 1995 dal pretore di Pisa, sezione distaccata di San Miniato;
il 18 dicembre 1995 dal pretore di Palmi, sezione distaccata di
Taurianova; il 10 novembre (n. 2 ordinanze) dal pretore di Pisa,
sezione distaccata
di San Miniato; l’8 gennaio 1996 (n. 2 ordinanze) dal giudice per le
indagini preliminari presso la Pretura circondariale di Prato; il 25
gennaio 1996 dal pretore di Padova, sezione distaccata di Monselice;
il 18 gennaio 1996 (n. 2 ordinanze) ed il 19 gennaio 1996 (n. 3
ordinanze) dal giudice per le indagini preliminari presso la Pretura
circondariale di Udine; il 23 gennaio 1996 dal pretore di Camerino;
ordinanze rispettivamente iscritte ai nn. 181, 182, 198, 211, 212,
226, 227, 289, 290, 291, 292, 293, 294 e 335 del registro ordinanze
1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima
serie speciale, nn. 10, 11, 12, 14 e 16 dell’anno 1996;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 29 maggio 1996 il giudice
relatore Cesare Mirabelli;
Ritenuto che con quattordici ordinanze, di seguito elencate –
emesse nel corso di altrettanti procedimenti penali promossi, nei
confronti di diversi imputati, per essere stati effettuati scarichi
senza avere richiesto la prescritta autorizzazione od oltre i limiti
di accettabilità, in contrasto con le norme per la tutela delle
acque dall’inquinamento (art. 21, primo e terzo comma, della legge 10
maggio 1976, n. 319) – sono state sollevate questioni di legittimità
costituzionale nei confronti di alcune disposizioni del d.-l. 17
marzo 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle
pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in
pubbliche fognature), convertito, con modificazioni, nella legge 17
maggio 1995, n. 172, ovvero della medesima legge di conversione,
nonché della legge 10 maggio 1976, n. 319 (Norme per la tutela delle
acque dall’inquinamento), come modificata dal citato decreto-legge;
che il pretore di Pisa, sezione distaccata di San Miniato, con
quattro ordinanze di analogo contenuto emesse il 10 novembre (reg.
ord. nn. 181, 211 e 212 del 1996) ed il 17 novembre 1995 (reg. ord.
n. 182 del 1996), ha sollevato questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 6 della legge 17 maggio 1995, n.
172 (più precisamente: del d.-l. 17 marzo 1995, n. 79, convertito,
con modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172), denunciandone
il contrasto con gli artt. 3, 9, secondo comma, 32 e 41 della
Costituzione;
che il giudice rimettente ritiene che le norme denunciate, non
configurando più come reato, ma come illecito amministrativo, il
superamento dei limiti di accettabilità stabiliti dalle Regioni con
i piani di risanamento delle acque per gli scarichi diversi da quelli
provenienti da insediamenti produttivi (artt. 1, 2 e 3) e prevedendo
una sanzione pecuniaria amministrativa, anziché l’originaria
sanzione penale, per l’apertura o l’effettuazione di scarichi civili
e delle pubbliche fognature senza avere richiesto la prescritta
autorizzazione, ovvero dopo che l’autorizzazione sia stata negata o
revocata (art. 6), contrasterebbero:
a) con il principio di eguaglianza e ragionevolezza (art. 3
della Costituzione), giacché la diversità di sanzioni
(amministrative per gli scarichi civili e delle pubbliche fognature,
penali per gli scarichi da insediamenti produttivi) sarebbe fondata
non sulla diversa gravità dei fatti, ma sulla differente qualifica
di chi li effettua;
b) con la tutela del paesaggio (art. 9, secondo comma, della
Costituzione) e della salute (art. 32 della Costituzione), in quanto
la depenalizzazione di alcuni comportamenti, che egualmente
determinano inquinamento idrico, ridurrebbe il livello di protezione
della salubrità dell’ambiente;
c) con la libertà di iniziativa economica privata (art. 41
della Costituzione), sia perché questa non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale alla quale è da ricondurre anche il
principio, di origine comunitaria, “chi inquina paga”, sia perché
sarebbero penalizzate le imprese che hanno affrontato rilevanti
investimenti per adeguare gli scarichi che non recapitano in
pubbliche fognature alla normativa in vigore;
che il pretore di Palmi, sezione distaccata di Taurianova, con
ordinanza emessa il 18 dicembre 1995 (reg. ord. n. 198 del 1996), ha
sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art. 21, ultimo comma, della legge
n. 319 del 1976, denunciando la disparità di trattamento
sanzionatorio degli scarichi, a seconda che essi provengano da
insediamenti produttivi o da pubbliche fognature;
che il giudice per le indagini preliminari presso la Pretura
circondariale di Prato, con due ordinanze di identico contenuto
emesse l’8 gennaio 1996 (reg. ord. nn. 226 e 227 del 1996), ha
sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della
legge n. 172 del 1995 (nella parte in cui converte in legge l’art. 3
del decreto-legge n. 79 del 1995) e dell’art. 21, terzo comma, della
legge n. 319 del 1976, nel testo sostituito con l’art. 3 del
decreto-legge n. 79 del 1995, per contrasto con gli artt. 3, primo
comma, 9, secondo comma, 32, 25, secondo comma, e 77, secondo comma,
della Costituzione;
che il giudice rimettente, oltre ad individuare una lesione dei
principi costituzionali di parità di trattamento, di tutela del
paesaggio e della salute in termini analoghi a quelli prospettati
dalle precedenti ordinanze di rimessione, denuncia la mancanza degli
indispensabili requisiti della necessità ed urgenza, in una materia,
quella penale, nella quale l’uso del decreto-legge dovrebbe essere
del tutto eccezionale, per evitare il rischio di sottrarre al
Parlamento la funzione ad esso riservata e che dà corpo alla riserva
di legge;
che il pretore di Padova, sezione distaccata di Monselice, con
ordinanza emessa il 25 gennaio 1996 (reg. ord. n. 289 del 1996), ha
sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 3 e
6, secondo comma, del d.-l. 17 marzo 1995, n. 79, convertito, con
modificazioni, nella legge 17 maggio 1995, n. 172;
che il giudice rimettente, oltre a prospettare la violazione
degli artt. 3, 9, 25, 32, 41 e 77 della Costituzione in termini
analoghi a quelli in precedenza indicati, denuncia anche il contrasto
con gli artt. 10 e 11 della Costituzione, ritenendo non rispettato
l’obbligo di adeguamento al diritto comunitario ed in particolare
alla direttiva 91/271/CEE;
che il giudice per le indagini preliminari presso la Pretura
circondariale di Udine, con cinque ordinanze di identico contenuto,
emesse il 18 gennaio (reg. ord. nn. 290 e 291 del 1996) ed il 19
gennaio 1996 (reg. ord. nn. 292, 293 e 294 del 1996), ha sollevato,
in termini analoghi a quelli già descritti ed in riferimento agli
artt. 3, 9, secondo comma, 32, 10, 25, secondo comma, e 77 della
Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 3,
primo comma, primo periodo, del citato d.-l. n. 79 del 1995,
convertito nella legge n. 172 del 1995;
che il pretore di Camerino, con ordinanza emessa il 23 gennaio
1996 (reg. ord. n. 335 del 1996), ha sollevato, in riferimento
all’art. 3, secondo comma (più precisamente: primo comma), della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 21,
terzo comma, della legge n. 319 del 1976, nel testo sostituito con
l’art. 3 del decreto-legge n. 79 del 1995, convertito nella legge n.
172 del 1995, nella parte in cui limita ai soli pubblici
amministratori la non applicabilità delle sanzioni previste, dal
medesimo art. 21, terzo comma, in caso di sussistenza di progetti
esecutivi cantierabili finalizzati alla depurazione delle acque,
escludendo così i privati titolari di insediamenti produttivi;
che in tutti i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio
dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, che ha concluso per l’inammissibilità e comunque per la non
fondatezza delle questioni;
Considerato che tutte le ordinanze di rimessione investono le
innovazioni alle norme per la tutela delle acque dall’inquinamento
(legge 10 maggio 1976, n. 319), introdotte con il d.-l. 17 marzo
1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle pubbliche
fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in pubbliche
fognature), convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio
1995, n. 172;
che venendo prospettate questioni identiche o analoghe, i
relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica pronuncia;
che i dubbi di legittimità costituzionale si riferiscono alla
configurazione dell’illecito come amministrativo, anziché penale, ed
alla disciplina delle sanzioni per gli scarichi provenienti da
insediamenti civili o da pubbliche fognature; disciplina
differenziata rispetto a quella prevista per gli scarichi provenienti
da insediamenti produttivi senza autorizzazione o con superamento dei
limiti di accettabilità;
che viene richiesto alla Corte di incidere sulle figure di
illecito previste dalla legge sulla tutela delle acque
dall’inquinamento, in modo da configurare come reato e rendere,
quindi, punibili con sanzione penale comportamenti (lo scarico di
pubbliche fognature con superamento dei limiti di accettabilità,
stabiliti dalle Regioni, diversi da quelli inderogabili per i
parametri di natura tossica, persistente e bioaccumulabile;
l’apertura o comunque l’effettuazione di scarichi civili e delle
pubbliche fognature senza previa autorizzazione, ovvero dopo che la
medesima autorizzazione sia stata negata o revocata), che
attualmente, per effetto delle modifiche introdotte con il
decreto-legge n. 79 del 1995, sono puniti con sanzioni
amministrative;
che, ancor prima di valutare la fondatezza delle questioni che
vengono prospettate, in relazione ai molteplici parametri proposti,
ne deve essere dichiarata la manifesta inammissibilità (sentenza n.
330 del 1996), giacché, secondo la giurisprudenza costituzionale
(tra le molte, sentenze n. 411 del 1995 e nn. 314 e 226 del 1983;
ordinanze nn. 132 e 25 del 1995), il fondamentale principio di
stretta legalità dei reati e delle pene preclude pronunce, che
configurino nuove ipotesi di reato o aggravamenti di pena;
che è manifestamente inammissibile anche la questione sollevata,
in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal pretore di Padova,
sezione distaccata di Monselice, nei confronti della norma (art. 3 –
più precisamente: primo comma, ultimo periodo – del decreto-legge n.
79 del 1995, convertito nella legge n. 172 del 1995) che stabilisce
la non applicabilità delle sanzioni ai pubblici amministratori i
quali, alla data di accertamento della violazione, dispongano di
progetti esecutivi cantierabili, finalizzati alla depurazione delle
acque, in quanto il giudice rimettente non motiva in alcun modo la
rilevanza che la soluzione del dubbio di legittimità costituzionale
avrebbe nel giudizio principale;
che la questione sollevata, nei confronti della stessa
disposizione, dal pretore di Camerino, in riferimento all’art. 3
della Costituzione, è manifestamente infondata, giacché l’ordinanza
di rimessione, nel sollecitare l’estensione della norma anche agli
scarichi da insediamenti produttivi, con superamento dei limiti di
accettabilità, considera identiche situazioni in realtà diverse e
non comparabili, trattandosi di un’esimente prevista per un illecito
amministrativo che non può essere applicata anche a comportamenti
diversamente configurati e qualificati dalla legge come reato;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi:
Dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di
legittimità costituzionale degli artt. 1, 2, 3 e 6 del d.-l. 17
marzo 1995, n. 79 (Modifiche alla disciplina degli scarichi delle
pubbliche fognature e degli insediamenti civili che non recapitano in
pubbliche fognature), convertito, con modificazioni, nella legge 17
maggio 1995, n. 172, dell’art. 1 della legge 17 maggio 1995, n. 172 e
dell’art. 21, terzo e ultimo comma, della legge 10 maggio 1976, n.
319 (Norme per la tutela delle acque dall’inquinamento), nel testo
sostituito con gli artt. 3 e 6 del d.-l. 17 marzo 1995, n. 79,
sollevate, in riferimento agli artt. 3, 9, 10, 11, 25, 32, 41 e 77
della Costituzione, dai pretori di Pisa e Palmi, sezione distaccata
di Taurianova, dal giudice per le indagini preliminari presso la
Pretura circondariale di Prato, dal pretore di Padova, sezione
distaccata di Monselice, e dal giudice per le indagini preliminari
presso la Pretura circondariale di Udine, con le ordinanze indicate
in epigrafe;
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 21, terzo comma, della legge 10
maggio 1976, n. 319, nel testo sostituito con l’art. 3 del d.-l. 17
marzo 1995, n. 79, convertito, con modificazioni, nella legge 17
maggio 1995, n. 172, sollevata, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, dal pretore di Camerino con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 luglio 1996.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Mirabelli
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 30 luglio 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola