Ordinanza N. 337 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
22/07/1994
Data deposito/pubblicazione
22/07/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
07/07/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.
Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare
RUPERTO;
quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme
sull’ordinamento penitenziario e sull’esecuzione delle misure
privative e limitative della libertà), aggiunto dall’art. 2 della
legge 20 luglio 1977, n. 450, promosso con ordinanza emessa il 16
novembre 1993 dal Tribunale di Sorveglianza di Brescia sull’istanza
proposta da Diego Giammona, iscritta al n. 206 del registro ordinanze
1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17,
prima serie speciale, dell’anno 1994;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 6 luglio 1994 il Giudice
relatore Cesare Mirabelli;
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 16 novembre 1993 nel
procedimento promosso da Diego Giammona avverso il decreto con il
quale il magistrato di sorveglianza aveva dichiarato inammissibile
l’istanza di permesso premio avanzata dall’interessato, il Tribunale
di sorveglianza di Brescia ha sollevato, in riferimento agli artt.
13, 24, 27 e 111 della Costituzione, questione di legittimità
costituzionale dell’art. 30-bis, terzo e quarto comma, della legge 26
luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento penitenziario e
sull’esecuzione delle misure privative e limitative della libertà),
aggiunto dall’art. 2 della legge 20 luglio 1977, n. 450, nella parte
in cui esclude l’applicazione del procedimento di sorveglianza, così
come regolato dagli artt. 666 e 678 del codice di procedura penale;
che secondo la disposizione denunciata il provvedimento motivato
del magistrato di sorveglianza sull’istanza di permesso deve essere
comunicato immediatamente e senza formalità al pubblico ministero ed
all’interessato, i quali entro ventiquattro ore dalla comunicazione
possono proporre reclamo al tribunale di sorveglianza, che, assunte
eventualmente sommarie informazioni, provvede entro dieci giorni
dalla ricezione del reclamo;
che il giudice rimettente ritiene, sulla base di una diversa
scelta interpretativa, che debbano essere applicati al reclamo del
condannato in tema di permesso premio gli artt. 666 e 678 del codice
di procedura penale, con la concessione dei termini ivi previsti, il
rispetto integrale del contraddittorio, la ricorribilità in
cassazione del provvedimento sul reclamo. Lo stesso giudice ritiene
che una diversa disciplina contrasti con i principi di inviolabilità
della libertà personale, del diritto di difesa, della funzione
rieducativa della pena, della impugnabilità di tutti i provvedimenti
giurisdizionali sulla libertà personale;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque
non fondata;
Considerato che il Tribunale di sorveglianza prospetta la
questione di legittimità costituzionale della disposizione
denunciata sulla base di una interpretazione diversa da quella che ha
fatto propria ed ha già applicato. Difatti, discostandosi
dall’indirizzo giurisprudenziale prevalente, nell’esame del reclamo
proposto dal condannato in materia di permesso premio ha seguito il
procedimento previsto dagli artt. 666 e 678 del codice di procedura
penale, fissando la data dell’udienza in camera di consiglio e
facendone dare avviso al procuratore generale, all’interessato ed al
difensore, con l’avvertenza della facoltà di depositare memorie in
cancelleria e della possibilità per il condannato di essere tradotto
all’udienza stessa o di farsi sentire personalmente dal magistrato di
sorveglianza del luogo;
che, inoltre, il dubbio di legittimità costituzionale
concernente l’impugnabilità della decisione non appare rilevante
nella fase di giudizio in corso dinanzi al Tribunale rimettente, in
quanto anticipa una questione che presuppone l’avvenuta decisione sul
reclamo, in ordine alla quale può successivamente porsi il problema
dell’esperibilità del ricorso per cassazione;
che, pertanto, la questione di legittimità costituzionale deve
essere dichiarata manifestamente inammissibile;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 30-bis, terzo e quarto comma,
della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento
penitenziario e sull’esecuzione delle misure privative e limitative
della libertà), aggiunto dall’art. 2 della legge 20 luglio 1977, n.
450, sollevata, in riferimento agli artt. 13, 24, 27 e 111 della
Costituzione, dal Tribunale di sorveglianza di Brescia con
l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, 7 luglio 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: MIRABELLI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 22 luglio 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA