Ordinanza N. 358 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
21/10/1998
Data deposito/pubblicazione
21/10/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/10/1998
Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
Giudici: prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv.
Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof.
Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE,
avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto
CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
degli artt. 15, comma 11, e 31, comma 3, della legge 6 agosto 1990,
n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato),
promosso con ordinanza emessa il 13 marzo 1997 dal pretore di
Caltagirone, sezione distaccata di Mineo, sul ricorso proposto da
Piero Di Fazio avverso una ordinanza-ingiunzione del Garante per la
radiodiffusione e l’editoria, iscritta al n. 346 del registro
ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 25, prima serie speciale, dell’anno 1997;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 22 aprile 1998 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che con ordinanza del 13 marzo 1997, emessa nel corso di
un giudizio di opposizione avverso una ordinanza-ingiunzione del
Garante per la radiodiffusione e l’editoria, il pretore di
Caltagirone, sezione distaccata di Mineo, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 3, 21, 24 e 25, secondo comma, della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt.
15, comma 11, e 31, comma 3, della legge 6 agosto 1990, n. 223
(Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato):
che ad avviso del rimettente le norme impugnate, che prevedono
rispettivamente il divieto – tra altre ipotesi – della trasmissione
televisiva di film che non abbiano ottenuto il nulla osta per la
proiezione o che siano stati vietati ai minori di diciotto anni, e la
relativa sanzione amministrativa per il caso di violazione del
divieto di trasmissione, sarebbero in contrasto con gli indicati
parametri costituzionali, sotto vari profili;
che per un primo profilo vi sarebbe contrasto con il principio
generale di legalità (art. 25 della Costituzione, in relazione
all’art. 1 della legge 24 novembre 1981, n. 689) e con i parametri
costituzionali di ragionevolezza delle norme e del diritto di difesa
(artt. 3 e 24 della Costituzione), ad esso sottesi, perché la
disciplina dell’illecito sarebbe integrata da un atto amministrativo
– il diniego del nulla osta o il provvedimento che esclude i minori
dalla visione di un film – sul quale il giudice dell’opposizione può
effettuare una verifica puramente formale, non essendogli consentita
una indagine né sui contenuti dell’opera cinematografica né sulla
congruità della limitazione disposta; una irragionevolezza che
risulterebbe ulteriormente sottolineata dalla indeterminatezza e
dalla possibile variabilità nel tempo dei parametri di giudizio che
conducono le istanze amministrative alla determinazione di escludere
i minori dalla visione di un film;
che, per un secondo profilo, sarebbe da ravvisare una violazione
del principio di uguaglianza, alla stregua del raffronto con la
diversa disciplina prevista nell’ipotesi del comma 10 dell’art. 15
della legge n. 223 del 1990, nella quale ricade anche il caso di un
film che ottenga il nulla osta attraverso il silenzio-assenso,
disciplina in base alla quale è invece consentito al giudice un
sindacato “sostanziale” sull’opera e sui suoi contenuti;
che ulteriore lesione dei principi di uguaglianza e di
ragionevolezza deriverebbe dal rilievo che alla disciplina impugnata
potrebbe sottrarsi un’opera composta da parti di film vietati ai
minori o da scene montate in modo da comporre un programma ma non un
film;
che infine sarebbe individuabile, secondo il rimettente, anche la
violazione del principio costituzionale di libertà di manifestazione
del pensiero per l’impossibilità di verificare in sede
giurisdizionale la conformità dell’opera al limite del buon costume
(art. 21 della Costituzione);
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, che ha concluso per l’infondatezza della questione sotto ogni
profilo.
Considerato che il giudice rimettente, in sede di opposizione al
provvedimento sanzionatorio del Garante per la radiodiffusione e
l’editoria, preso a norma dell’art. 31, comma 3, della legge 6 agosto
1990, n. 223, dubita della legittimità costituzionale, in
riferimento agli artt. 3, 21, 24 e 25, secondo comma, della
Costituzione, dell’art. 15, comma 11, e dello stesso art. 31, comma
3, della legge n. 223 del 1990, i quali fanno divieto di trasmissione
televisiva dei film cui sia stato negato il nulla osta per la
proiezione in pubblico oppure che siano stati vietati ai minori di
diciotto anni, prevedendo la relativa sanzione, per il caso di
violazione del divieto;
che il giudice rimettente – sull’assunto che il pretore, chiamato
a pronunciarsi in sede di opposizione all’ordinanza-ingiunzione con
la quale la sanzione suddetta è stata irrogata, possa effettuare una
verifica di legittimità meramente formale circa i presupposti di
fatto dell’illecito ma gli sia preclusa l’indagine circa il contenuto
del film ai fini della valutazione della validità del provvedimento
amministrativo che nega il nulla osta o impone il divieto ai minori
di diciotto anni – ritiene che l’individuazione in concreto
dell’illecito amministrativo previsto dall’art. 15, comma 11, della
legge n. 223 del 1990 finisca così per essere rimessa alle
determinazioni meramente discrezionali della pubblica
amministrazione, in assenza di un sindacato di merito presso il
giudice dell’opposizione;
che il giudice rimettente, inoltre, ritiene che la disciplina
della revisione dei film stabilita con la legge 21 aprile 1962, n.
161 – relativamente, in particolare, al potere di negare il nulla
osta e di escludere la visione ai minori di diciotto anni – per la
genericità, l’elasticità e la mutevolezza nel tempo dei parametri
di giudizio forniti dalla legge alle speciali Commissioni di primo e
secondo grado chiamate a esprimere al Ministro per il turismo e lo
spettacolo il parere previsto dall’art. 1, secondo comma, della legge
stessa, sia tale da comportare lesione dei sopra indicati articoli
della Costituzione, anche sotto il profilo dell’irragionevole
diversità di trattamento cui sarebbero assoggettati i film che
ottengono il nulla osta per silenzio-assenso (art. 6 della legge n.
161 del 1962) nonché le opere filmiche risultanti dal montaggio di
sequenze di altri film o di altre registrazioni visive;
che, tuttavia, i dubbi di costituzionalità sollevati sulle norme
sottoposte al giudizio sono destinati ad apparire palesemente privi
di fondamento, non appena si consideri (a) che il giudice rimettente
– come anch’egli riconosce nell’ordinanza di rimessione – è chiamato
a pronunciarsi, in applicazione dell’art. 23 della legge n. 689 del
1981, esclusivamente sulla opposizione contro il provvedimento del
Garante per la radiodiffusione e l’editoria che irroga la sanzione
amministrativa a norma dell’art. 31, comma 3, della legge n. 223 del
1990, a carico del titolare di un’emittente televisiva che abbia
violato il divieto “formale” previsto dall’art. 15, comma 11, della
medesima legge; (b) che le diverse questioni che possono porsi circa
i poteri dell’autorità amministrativa sulla programmazione dei film,
a norma degli articoli 1-7 della legge n. 161 del 1962, e circa la
difesa delle posizioni soggettive che possono venire in
considerazione a tale proposito – posizioni, sia oggettivamente che
soggettivamente, del tutto diverse da quelle che possono essere
vantate da chi il film non produce ma successivamente diffonde – sono
dalla legge assegnate alla giurisdizione amministrativa, chiamata a
pronunciarsi, su ricorso degli interessati, anche nel merito (art. 8
della legge n. 161 del 1962); (c) che i principi invocati dal giudice
rimettente hanno tutti a che vedere con la disciplina della revisione
dei film e non invece con la distinta e diversa disciplina degli
obblighi dei titolari di stazioni emittenti televisive e con la
tutela delle loro posizioni soggettive;
che pertanto le norme costituzionali invocate a parametro nel
presente incidente di costituzionalità risultano radicalmente
inidonee ad argomentare l’illegittimità costituzionale delle norme
sottoposte al giudizio di questa Corte.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale degli artt. 15, comma 11, e 31, comma 3, della legge 6
agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico
e privato), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 21, 24 e 25,
secondo comma, della Costituzione, dal pretore di Caltagirone,
sezione distaccata di Mineo, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 ottobre 1998.
Il Presidente: Vassalli
Il redattore: Zagrebelsky
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 21 ottobre 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola