Ordinanza N. 360 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
21/10/1998
Data deposito/pubblicazione
21/10/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
14/10/1998
Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
Giudici: prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,
dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio
ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido
NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale
MARINI;
d.-l. 27 agosto 1993, n. 323 (Provvedimenti urgenti in materia
radiotelevisiva), convertito in legge 27 ottobre 1993, n. 422,
promosso con ordinanza emessa il 27 giugno 1996 e il 5 marzo 1997 dal
Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione staccata
di Catania, sul ricorso proposto da Alfio D’Amico contro il
Ministero delle poste e telecomunicazioni ed altra, iscritta al n.
567 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visti l’atto di costituzione di Alfio D’Amico, nonché l’atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 20 maggio 1998 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che nel corso di un giudizio instaurato dal titolare di
un’emittente televisiva locale e diretto all’annullamento di un
provvedimento ministeriale di diniego di concessione per la
radiodiffusione televisiva commerciale, il Tribunale amministrativo
regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania, con ordinanza
del 13 marzo 1997, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1,
comma 5, del d.-l. 27 agosto 1993, n. 323 (Provvedimenti urgenti in
materia radiotelevisiva), convertito in legge 27 ottobre 1993, n.
422, nella parte in cui prescrive, ai fini del rilascio della
concessione per la radiodiffusione televisiva commerciale in ambito
locale, il previo versamento di una cauzione determinata in misura
fissa;
che ad avviso del giudice rimettente la norma impugnata si pone
in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, per violazione dei
principi di ragionevolezza e di uguaglianza, sotto un duplice
aspetto;
che, per un primo profilo, la prescrizione del versamento di una
cauzione nella misura di trecento milioni di lire (ex art. 16, comma
8, della legge 6 agosto 1990, n. 223) sarebbe irragionevole, in
quanto non consente di graduare l’importo richiesto all’ambito
territoriale di diffusione dell’emittente ovvero alle potenzialità
strutturali dell’impianto, specie avuto riguardo alla molteplicità
di criteri di carattere oggettivo previsti dalla vigente normativa
(art. 16, comma 17, della legge n. 223 del 1990) ai fini del rilascio
della concessione;
che, per un secondo e collegato profilo, la norma impugnata
sarebbe altresì lesiva del principio di uguaglianza, alla stregua
del raffronto tra la norma che prescrive il versamento della cauzione
in vista dell’attività di emissione televisiva in ambito locale e la
disciplina prevista, rispettivamente, (a) per le emittenti di
radiodiffusione sonora di carattere “comunitario”, per le quali è
espressamente escluso qualsiasi obbligo di cauzione ai fini del
rilascio della concessione (art. 16, comma 5, della legge n. 223 del
1990), e (b) per le emittenti esclusivamente radiofoniche, alle quali
è comunque consentito di versare la cauzione fino al momento del
rilascio della concessione;
che la parte privata, ricorrente nel processo principale, ha
depositato fuori termine atto di costituzione in giudizio formulando
argomentazioni a sostegno dell’accoglimento della questione sollevata
nonché deducendo – in una successiva memoria – l’ammissibilità
della propria costituzione, per essere il ritardo nel deposito
dell’atto ascrivibile a disservizi postali;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
Considerato che, preliminarmente, deve essere dichiarata
inammissibile la costituzione della parte privata, poiché essa è
avvenuta oltre i termini, di carattere perentorio, stabiliti dagli
artt. 25, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 3 delle
norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale
(tra molte, ordinanza n. 142 del 1996; sentenza n. 208 del 1995);
che, nel merito, la previsione del versamento di una cauzione da
parte dei soggetti i quali, già autorizzati provvisoriamente a
proseguire nell’esercizio degli impianti a norma dell’art. 32 della
legge n. 223 del 1990, presentano domanda di concessione per
l’esercizio della diffusione televisiva in ambito locale, risponde
all’esigenza di garantire che i privati che aspirano ad operare nel
settore dispongano di mezzi economici e finanziari adeguati
all’esercizio dell’impresa;
che è alla stregua di tale esigenza che sono richiesti, ai fini
del rilascio del provvedimento abilitativo, determinati requisiti
minimi, quali, per le società commerciali, un capitale sociale non
inferiore a lire trecento milioni e, per le persone fisiche e
giuridiche, la cauzione di cui è questione (art. 16, comma 8, della
legge n. 223 del 1990, in relazione all’art. 1, comma 5, lettera b),
del d.-l. 27 agosto 1993, n. 323, convertito in legge 27 ottobre
1993, n. 422), secondo una scelta legislativa atta a prefissare in
modo obiettivo e imparziale le condizioni, anche di ordine
patrimoniale, per l’ingresso e la permanenza dei privati nel sistema
radiotelevisivo;
che, alla luce delle osservazioni che precedono, le censure di
irragionevolezza proposte dal giudice a quo risultano prive di
fondamento, anche per l’ulteriore rilievo dell’incidenza dell’onere
patrimoniale su soggetti che già da tempo svolgono – proprio in
quanto autorizzati – l’esercizio degli impianti radiotelevisivi e che
possono costituire la cauzione mediante fideiussione bancaria o
polizza assicurativa (art. 28 del d.P.R. 27 marzo 1992, n. 255);
che pertanto la prescrizione di una cauzione di importo
predeterminato e uguale per ogni soggetto aspirante risulta coerente
con la riferita ratio della previsione impugnata, alla quale sono
invece estranei i criteri contenuti nell’art. 16, comma 17, della
legge n. 223 del 1990, che attengono solo al fine della selezione dei
soggetti richiedenti e non a una funzione di garanzia;
che, relativamente al profilo di violazione del principio di
uguaglianza, prospettato dal giudice a quo sul rilievo della
differenza tra la disciplina concernente le emittenti televisive in
ambito locale e quella apprestata per le emittenti radiofoniche,
valendo solo per queste ultime e non per le prime la possibilità di
versare la cauzione “fino al momento del rilascio della concessione”
(ex art. 1, comma 3-quinquies del d.-l. 19 ottobre 1992, n. 407,
convertito in legge 17 dicembre 1992, n. 482), va osservato che in
entrambi i casi, conformemente alla funzione di garanzia
dell’istituto, è comunque prescritto che la cauzione preceda, e non
segua, il provvedimento concessorio;
che, per lo stesso profilo, più in generale è da rilevare che
non può utilmente essere posta a raffronto con la norma impugnata
una disciplina concernente il settore della radiodiffusione sonora
(di carattere commerciale e in ambito locale), il cui esercizio
richiede diverse e minori componenti di ordine economico-finanziario
rispetto alla radiodiffusione televisiva, come è reso evidente dalla
previsione, per esso, della riduzione a un terzo dell’importo della
cauzione (art. 16, comma 9) e dal connesso minore importo dei canoni
concessori (art. 22, comma 1, lettere a) e b), della legge n. 223 del
1990);
che il rilievo che precede vale, a maggior ragione, per
l’ulteriore profilo della censura di disparità di trattamento
rispetto alle emittenti radiofoniche “comunitarie”, la cui peculiare
caratterizzazione, incentrata su contenuti culturali, politici,
religiosi e sull’assenza dello scopo di lucro (art. 16, comma 5,
della legge n. 223 del 1990) giustifica la determinazione legislativa
dell’esenzione dall’obbligo della cauzione e non impone la medesima
disciplina per tali emittenti e per quelle di carattere commerciale,
come è reso manifesto nello stesso sistema della legge n. 223 del
1990, che vieta (art. 16, comma 6) ogni passaggio dall’una all’altra
categoria;
che la questione sollevata deve, pertanto, essere dichiarata
manifestamente infondata, sotto ogni profilo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 1, comma 5, del d.-l. 27 agosto 1993, n.
323 (Provvedimenti urgenti in materia radiotelevisiva), convertito in
legge 27 ottobre 1993, n. 422, sollevata, in riferimento all’art. 3
della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la
Sicilia, sezione staccata di Catania, con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 14 ottobre 1998.
Il Presidente: Vassalli
Il redattore: Zagrebelsky
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 21 ottobre 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola