Ordinanza N. 363 del 1985
Corte Costituzionale
Data generale
21/12/1985
Data deposito/pubblicazione
21/12/1985
Data dell'udienza in cui è stato assunto
18/12/1985
REALE – Avv. ALBERTO MALAGUGINI – Prof. ANTONIO LA PERGOLA – Prof.
VIRGILIO ANDRIOLI – Prof. GIUSEPPE FERRARI – Dott. FRANCESCO SAJA –
Prof. GIOVANNI CONSO – Prof. ETTORE GALLO – Dott. ALDO CORASANITI –
Prof. GIUSEPPE BORZELLINO – Dott. FRANCESCO GRECO – Prof. RENATO
DELL’ANDRO, Giudici,
30 r.d. 5 febbraio 1928 n. 577 (Approvazione del testo unico delle
leggi e delle norme giuridiche sull’istruzione elementare) in relazione
all’art. 112 r.d. 26 aprile 1928 n. 1297, e d.P.R. 14 giugno 1955 n.
503; art. 36 l. 27 maggio 1929 n. 810 promossi con le seguenti
ordinanze:
1) ordinanza emessa il 12 febbraio 1977 dal Pretore di Roma sul
ricorso proposto da Bendixen Birgit ed altro c/Massimi Lelia ed altri
iscritta al n. 215 del registro ordinanze 77 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 155 dell’anno 1977;
2) ordinanza emessa il 31 gennaio 1984 dal Pretore di Roma nel
procedimento civile vertente tra Massimo Virginio ed altri e Scuola
Regina Margherita ed altri iscritta al n. 264 del registro ordinanze 84
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 141 dell’anno
1984;
visti gli atti di costituzione di Bendixen Birgit e di
Nicolson-Marani, nonché l’atto di intervento del Presidente del
Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 20 novembre 1985 il Giudice
relatore Ettore Gallo,
ritenuto che, con ordinanza 12 febbraio 1977 (n. 215 Reg. ord.
1977) il Pretore di Roma, nel procedimento ai sensi dell’art. 700 cod.
proc. civ. promosso dai coniugi Birgit Bendixen e Nicolò Paoletti, in
proprio e quali esercenti la patria potestà sulla minore loro figlia
Natalia Paoletti, alunna della seconda classe elementare presso la
scuola “Guglielmina Ronconi” di Roma, sollevava questione di
legittimità costituzionale degli artt. 27, 28, 29 e 30 R.D. 5 febbraio
1928 n. 577 in relazione all’art. 112 R.D. 26 aprile 1928 n. 1297,
nonché al d.P.R. 14 giugno 1955 n. 503, investendo altresì,
subordinatamente, l’art. 36 del Concordato fra Stato italiano e la S.
Sede; il tutto in riferimento agli artt. 3, 7, 8, 19, 21, 29, 30 e 34
Cost.,
che osservava in proposito il rimettente che il Testo unico delle
leggi sull’istruzione elementare, approvato con R.D. 5 febbraio 1928 n.
577, disciplina la materia dell’insegnamento religioso negli artt.
27-30,
che, secondo il Pretore, dall’esame delle dette disposizioni emerge
con tutta evidenza che esse disciplinano due diversi istituti: da un
lato la didattica nel suo complesso, rispetto alla quale la religione
cattolica si pone come “fondamento e coronamento”; dall’altro, lo
specifico insegnamento della religione, come materia autonoma, affidato
a persone di sicura ortodossia cattolica, come comprovato dal fatto che
la scelta di esse deve adeguarsi al parere dell’autorità
ecclesiastica,
che, solo rispetto all’insegnamento specifico della religione è
ammesso l’esonero (art. 27 ult. co.), limitatamente però a quei
bambini “i cui genitori dichiarino di volervi provvedere
personalmente”, e che, anzi, l’art. 112 del R.D. 26 aprile 1928 n. 1297
precisa che, in tale ipotesi, i genitori sono tenuti a farne
dichiarazione scritta al direttore didattico, indicando in qual modo
intendano provvedervi,
che, solo dopo ottenuta l’autorizzazione, “l’alunno può assentarsi
durante il tempo riservato all’insegnamento religioso”,
che, pertanto, il Pretore osservando che quelle norme impongono
alla minore figlia dei ricorrenti un insegnamento che considera la
religione cattolica come fondamento e coronamento dell’istruzione,
obbligandola di conseguenza alla recitazione quotidiana delle preghiere
proprie della liturgia cattolica,
che si sono costituiti in giudizio, sia in proprio che quali
esercenti la patria potestà sui rispettivi figli minori, i coniugi
Nicolò Paoletti e Birgit Bendixen, rappresentati e difesi dal prof.
avv. Paolo Barile di Firenze e dall’avv. Anton Luigi Paoletti di Roma,
nonché i coniugi Claudio Moroni rappresentati e difesi dall’avv.
Emanuele Golino di Roma. Ambo le parti hanno integralmente aderito,
nelle rispettive memorie, alle motivazioni contenute nell’ordinanza di
rimessione, riportandosi anche alle argomentazioni degli atti
presentati nel giudizio pretorile,
che è anche intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato dall’Avvocatura Generale dello Stato che ha chiesto la
declaratoria d’irrilevanza delle sollevate questioni, o in subordine
della loro infondatezza,
che il 28 novembre 1984 i difensori dei coniugi Paoletti-Bendixen
presentavano memoria, nella quale venivano ampliamente confutate le
obbiezioni dell’Avvocatura ed ulteriormente sviluppate le tesi
dell’ordinanza di rimessione,
che lo stesso Pretore di Roma, con ordinanza 31 gennaio 1984 (Reg.
ord. n. 264/1984), nel procedimento promosso ai sensi dell’art. 700
cod. proc. civ., dai coniugi Virginio Massimo e Anna Gradasso,
unitamente ad altre 14 coppie di genitori, costituiti tutti in proprio
e quali esercenti la patria potestà su alunni di varie scuole
elementari di questa città, nei confronti del Ministro della Pubblica
Istruzione, sollevava analoga questione di legittimità costituzionale
degli artt. 27, 28, 29 e 30 R.D. n. 577/1928 e, per relazione,
dell’articolo unico d.P.R. n. 503/1955, nonché subordinatamente anche
dell’art. 36 del Concordato fra S. Sede e lo Stato italiano, nella
parte in cui, considerando la religione cattolica come fondamento e
coronamento dell’istruzione elementare, conferiscono a quest’ultima un
indirizzo ideologico modellato sulla dottrina cattolica: e ciò in
riferimento agli artt. 3, 19, 21, 30, 31, 33 e 34 Cost.,
che, salvo l’accentuazione di questa ordinanza del carattere
globalmente cattolico dell’insegnamento elementare, ed escluso
l’esplicito riferimento ai parametri di cui agli artt. 7, 8 e 29 Cost.,
il Pretore svolge le stesse argomentazioni di cui alla precedente
ordinanza,
che, in questa seconda ordinanza, il Pretore ricordava altresì che
il disegno di riforma della scuola elementare sopprime ogni riferimento
confessionale, proponendo soltanto “la conoscenza dei fatti religiosi”
come oggetto di studio, e che la bozza del nuovo Concordato sembrava
recepire le istanze dei ricorrenti,
che, all’udienza dell’11 dicembre 1984 la causa veniva discussa
dalle parti costituite e dall’intervenuta Avvocatura,
considerato che, nelle more della decisione, veniva pubblicata,
sulla G.U. n. 28 del 10 aprile 1985, la l. 25 marzo 1985 n. 121 che
autorizza “Ratifica ed esecuzione dell’accordo, con protocollo
addizionale, firmato a Roma il 18 febbraio 1984, che apporta
modificazioni al Concordato lateranense dell’11 febbraio 1929 tra la
Repubblica italiana e la S. Sede”,
che la Corte, a seguito di ciò, e allo scopo di poter tenere
conto, nella decisione delle sollevate questioni, della nuova
normativa, che sarebbe entrata in vigore soltanto con lo scambio degli
strumenti di ratifica, rinviava la causa a nuovo ruolo con ord. 2
maggio 1985,
che lo scambio degli strumenti con la S. Sede avveniva il 3 giugno
1985 (come da comunicato in Gazzetta Ufficiale 20 giugno 1985, n. 144),
che ai sensi dell’art. 1 del Protocollo addizionale 18 febbraio
1984 è stato espressamente sancito che “si considera non più in
vigore il principio, originariamente richiamato dai Patti lateranensi,
della religione cattolica come sola religione dello Stato italiano”,
che l’art. 9, punto 2, dell’Accordo si limita ad assicurare
l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole non universitarie
sulla premessa che i principi del cattolicesimo fanno parte del
patrimonio storico del popolo italiano, ma proclama contestualmente il
rispetto per la libertà di coscienza e per la responsabilità
educativa dei genitori, garantendo a tutti il diritto di scegliere se
avvalersi o non di detto insegnamento,
che ogni formalità e ogni provvedimento autorizzativo in ordine a
tale scelta sono scomparsi dall’accordo, essendo sufficiente una
semplice risposta negativa, anche da parte dello studente, alla
richiesta dell’Autorità scolastica in occasione dell’iscrizione, con
espressa conferma che la scelta non può dar luogo ad alcuna forma di
discriminazione,
che, pertanto, a fronte di tali sostanziali modifiche, è
necessario che il giudice a quo riesamini i termini delle proposte
questioni,
che gli atti devono essere, perciò, restituiti.
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Pretore di Roma.
Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della
Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1985.
F.to: LIVIO PALADIN – ORONZO REALE –
ALBERTO MALAGUGINI – ANTONIO LA
PERGOLA – VIRGILIO ANDRIOLI –
GIUSEPPE FERRARI – FRANCESCO SAJA –
GIOVANNI CONSO – ETTORE GALLO – ALDO
CORASANITI – GIUSEPPE BORZELLINO –
FRANCESCO GRECO – RENATO DELL’ANDRO.
GIOVANNI VITALE – Cancelliere