Ordinanza N. 366 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
30/10/1996
Data deposito/pubblicazione
30/10/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
17/10/1996
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato
GRANATA,
prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare
MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott.
Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY,
prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
1995, n. 489 (Disposizioni urgenti in materia di politica
dell’immigrazione e per la regolamentazione dell’ingresso e soggiorno
nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti
all’Unione europea); dell’art. 7-ter del d.-l. 30 dicembre 1989, n.
416, recante, “Norme urgenti in materia di asilo politico, di
ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di
regolarizzazione dei cittadini extracomunitari e apolidi già
presenti nel territorio dello Stato” (convertito in legge 28 febbraio
1990, n. 39), introdotto dall’art. 7, comma 3, del d.-l. 18 novembre
1995, n. 489; dell’art. 7-ter del d.-l. 30 dicembre 1989, n. 416
(convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 39), introdotto dall’art.
7, comma 3, del d.-l. 18 gennaio 1996, n. 22 (Disposizioni urgenti in
materia di politica dell’immigrazione e per la regolamentazione
dell’ingresso e soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei
Paesi non appartenenti all’Unione europea); nonché del d.-l. 17
maggio 1996, n. 269 (Disposizioni urgenti in materia di politica
dell’immigrazione e per la regolamentazione dell’ingresso e soggiorno
nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti
all’Unione europea), promossi con ordinanze emesse il 25 novembre
1995, il 29 novembre 1995, il 1 dicembre 1995, il 29 novembre 1995
(n. 2 ordinanze), l’11 dicembre 1995 (n. 2 ordinanze) ed il 24
novembre 1995 (n. 2 ordinanze) dal pretore di Roma, il 16 dicembre
1995 dal pretore di La Spezia, il 27 novembre 1995 (n. 3 ordinanze)
dal pretore di Roma, il 19 febbraio 1996 dal pretore di Genova ed il
14 giugno 1996 dalla Corte costituzionale rispettivamente iscritte al
n. 936 del registro ordinanze 1995 ed ai nn. 27, 28, 29, 30, 240,
241, 252, 253, 265, 346, 347, 348, 365 e 937 del registro ordinanze
1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 3, 6,
12, 13, 17, 19 e 34, prima serie speciale, dell’anno 1996;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 2 ottobre 1996 il giudice
relatore Enzo Cheli;
Ritenuto che con tre ordinanze di identico contenuto (r.o. n. 936
del 1995, nn. 240 e 241 del 1996), emesse nel corso di altrettanti
procedimenti penali conseguenti all’arresto in flagranza di
stranieri, a seguito della richiesta del pubblico ministero di
applicazione della misura dell’espulsione dal territorio dello Stato
prevista dall’art. 7-ter del d.-l. 30 dicembre 1989, n. 416,
convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39,
inserito dall’art. 7, comma 3, del d.-l. 18 novembre 1995, n. 489
(Disposizioni urgenti in materia di politica dell’immigrazione e per
la regolamentazione dell’ingresso e soggiorno nel territorio
nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all’Unione
europea), il pretore di Roma ha sollevato questione di legittimità
costituzionale del suddetto decreto-legge n. 489 del 1995 e, in
particolare, del citato art. 7-ter del decreto-legge n. 416 del
1989, come introdotto dall’art. 7, comma 3, del decreto-legge n. 489
del 1995, in riferimento agli artt. 2, 3, 24, 25 e 77 della
Costituzione;
che con tre ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 346, 347 e
348 del 1996), emesse in analoghe circostanze processuali, il pretore
di Roma ha sollevato la stessa questione di legittimità
costituzionale, in riferimento ai medesimi parametri costituzionali,
nonché agli artt. 11 e 113 (recte: 13 e 111) della Costituzione;
che con quattro ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 27, 28,
29 e 30 del 1996), emesse in analoghe circostanze processuali, il
pretore di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale
dell’art. 7-ter, commi 1, 3 e 4, del decreto-legge n. 416 del 1989,
in riferimento agli artt. 3, 13, primo e secondo comma, 24, secondo
comma, e 27, secondo e terzo comma, della Costituzione;
che con due ordinanze di identico contenuto (r.o. nn. 252 e 253
del 1996), emesse in analoghe circostanze processuali, il pretore di
Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.
7-ter della legge n. 39 del 1990 (recte: del decreto-legge n. 416 del
1989, da essa convertito), in riferimento agli artt. 24, secondo
comma, 3 e 25, terzo comma, della Costituzione;
che con ordinanza emessa nel corso di un procedimento penale a
carico di uno straniero arrestato, ai sensi dell’art. 7-septies,
commi 4 e 5, del decreto-legge n. 416 del 1989 (inserito dal
decreto-legge n. 489 del 1995), a seguito della richiesta del
pubblico ministero di applicazione della misura dell’espulsione, il
pretore di La Spezia ha sollevato questione di legittimità
costituzionale dell’art. 7-ter, commi 1, 3 e 4, della legge n. 39 del
1990 (recte: del decreto-legge n. 416 del 1989, da essa convertito),
in riferimento agli artt. 3, 24 e 27 della Costituzione (r.o. n. 265
del 1996);
che, infine, anche il pretore di Genova, a seguito della
richiesta di applicazione della misura dell’espulsione presentata
dalla difesa di uno straniero condannato con sentenza non passata in
giudicato e sottoposto alla misura cautelare della custodia in
carcere, ha sollevato questione di legittimità costituzionale
dell’art. 7-ter della legge n. 39 del 1990 (recte: del decreto-legge
n. 416 del 1989, da essa convertito), inserito dall’art. 7, comma 3,
del d.-l. 18 gennaio 1996, n. 22, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione (r.o. n. 365 del 1996);
che, secondo la prospettazione dei giudici rimettenti, il d.-l.
18 novembre 1995, n. 489 e, in particolare, la disposizione prevista
dall’art. 7, comma 3, dello stesso decreto – inserita all’art. 7-ter
del d.-l. 30 dicembre 1989, n. 416, convertito nella legge 28
febbraio 1990, n. 39 – sarebbero costituzionalmente illegittimi, in
riferimento: all’art. 2 della Costituzione, in quanto la
possibilità che lo straniero, anche se incensurato, sia assoggettato
alla misura dell’espulsione sarebbe in contrasto con i doveri di
solidarietà sociale; all’art. 3 della Costituzione, dal momento che
l’introduzione – con la misura dell’espulsione prevista dall’art.
7-ter – di una nuova misura cautelare personale, applicabile
esclusivamente nei confronti degli stranieri, integrerebbe
un’ingiustificata disparità di trattamento nei loro confronti;
all’art. 24 della Costituzione, precludendo l’esercizio del diritto
di difesa rispetto all’adozione del provvedimento di espulsione e,
nell’ipotesi di giudizio direttissimo, impedendo la partecipazione
dell’imputato al dibattimento; agli artt. 25 e 77 della Costituzione,
violando il principio della riserva di legge in materia penale –
secondo cui le scelte di politica criminale sono monopolio esclusivo
del Parlamento – e non sussistendo i presupposti di straordinaria
necessità ed urgenza, dal momento che l’esigenza di
razionalizzazione normativa, in relazione al fenomeno
dell’immigrazione, era già da tempo esistente; agli artt. 13 e 111
della Costituzione, nel senso che, ove si interpreti la norma in modo
che in presenza dei presupposti indicati il pubblico ministero debba
chiedere l’espulsione, la motivazione del provvedimento del giudice
sarebbe solo formale, mentre, ove si interpretasse la norma nel senso
che il pubblico ministero possa chiedere l’espulsione, mancherebbe la
specificazione dei presupposti che consentono l’adozione di un
provvedimento restrittivo della libertà personale, in violazione del
principio della riserva di legge e di giurisdizione in materia di
limitazioni della libertà personale; all’art. 27, secondo e terzo
comma, della Costituzione, determinando l’equiparazione della notizia
di reato al giudizio di colpevolezza mediante l’applicazione della
misura dell’espulsione prima che sia accertata la colpevolezza
dell’arrestato con sentenza di condanna divenuta irrevocabile;
che, secondo il pretore di Genova, l’art. 7, comma 3, del d.-l.
18 gennaio 1996, n. 22, sarebbe costituzionalmente illegittimo in
riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal momento che, per
l’ipotesi dell’espulsione dello straniero sottoposto a custodia
cautelare, comporterebbe una ingiustificata discriminazione nei
confronti del cittadino italiano;
che nei giudizi iscritti nel registro ordinanze ai nn. 936 del
1995, 27, 29, 30, 240, 241, 252, 253, 265, 348 e 365 del 1996 è
intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le
questioni siano dichiarate inammissibili o infondate;
che, nel corso dei giudizi in via incidentale instaurati dalle
suddette ordinanze di rimessione, la Corte costituzionale – con
ordinanza n. 197 del 14 giugno 1996 (r.o. n. 937 del 1996) – ha
sollevato, in riferimento all’art. 77 della Costituzione, la
questione di legittimità costituzionale del d.-l. 17 maggio 1996, n.
269 (Disposizioni urgenti in materia di politica dell’immigrazione e
per la regolamentazione dell’ingresso e soggiorno nel territorio
nazionale dei cittadini dei Paesi non appartenenti all’Unione
europea), avendo lo stesso decreto, mediante reiterazione, rinnovato
l’efficacia di norme di un precedente decreto, decadute a seguito
della mancata conversione nel termine fissato dalla norma
costituzionale;
che, nell’ordinanza di autorimessione, la Corte – premesso che le
disposizioni impugnate dai giudici rimettenti avevano perduto
efficacia ex tunc per mancata conversione ed erano state reiterate
dal d.-l. 19 marzo 1996, n. 132, anch’esso non convertito, nonché
dal d.-l. 17 maggio 1996, n. 269, all’epoca vigente – ha richiamato
la sentenza n. 84 del 1996, secondo la quale il trasferimento del
giudizio di costituzionalità è possibile ove la norma impugnata
permanga nell’ordinamento, in quanto riprodotta nella sua identità
precettiva essenziale da altra disposizione successiva, in vigore al
momento della pronuncia;
che la Corte, nel verificare la sussistenza dei requisiti
necessari per il trasferimento al d.-l. 17 maggio 1996, n. 269, in
vigore al momento della pronuncia, del giudizio di costituzionalità
instaurato in via incidentale, ha ritenuto pregiudiziale la
valutazione della legittimità della reiterazione dei decreti-legge
n. 489 del 1995 e nn. 22 e 132 del 1996, attraverso cui la richiamata
disciplina in vigore, prevista dal decreto-legge n. 269 del 1996, era
stata introdotta nell’ordinamento;
che in tale giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio
dei Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per
sopravvenuto difetto di rilevanza, essendo decaduto per mancata
conversione il decreto-legge oggetto della questione di
costituzionalità (d.-l. 17 maggio 1996, n. 269), ed essendo stato
espunto dall’ordinamento l’art. 7, comma 3, non contenuto nel
successivo d.-l. 16 luglio 1996, n. 376, con la conseguenza che non
potrebbe trovare applicazione nei processi che hanno dato luogo al
giudizio di legittimità costituzionale nel corso del quale la Corte
ha sollevato la questione di costituzionalità;
Considerato che tutte le ordinanze di rimessione riguardano le
disposizioni relative all’espulsione dal territorio dello Stato, su
richiesta di parte, dello straniero arrestato in flagranza di reato o
sottoposto a custodia cautelare, mentre la questione sollevata
dall’ordinanza di autorimessione è strettamente connessa a tali
disposizioni;
che, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi
congiuntamente;
che, per quanto riguarda le questioni di legittimità
costituzionale del d.-l. 18 novembre 1995, n. 489 (Disposizioni
urgenti in materia di politica dell’immigrazione e per la
regolamentazione dell’ingresso e soggiorno nel territorio nazionale
dei cittadini dei Paesi non appartenenti all’Unione europea) – e, in
particolare, della disposizione prevista dall’art. 7, comma 3, dello
stesso decreto, inserita all’art. 7-ter del d.-l. 30 dicembre 1989,
n. 416, convertito nella legge 28 febbraio 1990, n. 39 nonché,
relativamente all’inserimento del suddetto art. 7-ter, dell’art. 7,
comma 3, del d.-l. 18 gennaio 1996, n. 22, che ha reiterato il
precedente – sono intervenute, successivamente alle ordinanze di
rimessione, consistenti modifiche nel quadro normativo;
che, in particolare, i decreti-legge n. 489 del 1995 e 18 gennaio
1996, n. 22, non sono stati convertiti in legge entro il termine di
sessanta giorni dalla pubblicazione (come risulta dai comunicati
pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 14 del 18 gennaio 1996 e n.
66 del 19 marzo 1996) e, pertanto, hanno perso efficacia sin
dall’inizio, mentre i decreti-legge 19 marzo 1996, n. 132 e 17 maggio
1996, n. 269, di reitera, hanno perso anch’essi efficacia fin
dall’inizio in quanto non convertiti entro il suddetto termine (come
risulta dai comunicati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale n. 115 del
18 maggio 1996 e n. 166 del 17 luglio 1996);
che, inoltre, con il successivo d.-l. 16 luglio 1996, n. 376,
anch’esso non convertito nel termine prescritto (come risulta dal
comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 217 del 16
settembre 1996), non è stata reiterata, nell’ambito di una
regolamentazione parzialmente diversa della materia, la disposizione
di cui all’art. 7, comma 3, che introduceva, tra l’altro, l’art.
7-ter al d.-l. 30 dicembre 1989, n. 416 (convertito, con
modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39), concernente
l’espulsione a richiesta di parte;
che, infine, anche il d.-l. 13 settembre 1996, n. 477,
attualmente in vigore, non contiene la disposizione che introduceva
l’art. 7-ter suddetto;
che, pertanto, occorre disporre la restituzione degli atti ai
giudici a quibus affinché valutino la rilevanza delle questioni
sollevate, alla luce della modifica normativa sopravvenuta;
che, per quanto riguarda la questione di legittimità
costituzionale sollevata da questa Corte, il decreto-legge 17 maggio
1996, n. 269, non è stato convertito in legge entro il termine di
sessanta giorni dalla sua pubblicazione e, pertanto, ha perso
efficacia sin dall’inizio;
che il successivo d.-l. 16 luglio 1996, n. 376, anch’esso non
convertito, ed il d.-l. 13 settembre 1996, n. 477, attualmente in
vigore, contengono disposizioni parzialmente diverse, introducendo
consistenti modifiche nel quadro normativo;
che, in particolare, nel vigente decreto-legge n. 477 del 1996
non si rinviene alcuna disposizione contenente la disciplina
dell’espulsione dello straniero a richiesta di parte, inserita
all’art. 7-ter del d.-l. 30 dicembre 1989, n. 416 (convertito, con
modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 39), dal
decreto-legge n. 269 del 1996, che reiterava i precedenti
decreti-legge;
che la Corte, proprio al fine di verificare la sussistenza dei
requisiti necessari per il trasferimento – ai sensi della sentenza n.
84 del 1996 – al d.-l. 17 maggio 1996, n. 269, in vigore al momento
della pronuncia, dei giudizi di costituzionalità instaurati nei
confronti dei precedenti decreti-legge, aveva ritenuto pregiudiziale
la valutazione della legittimità della reiterazione dei
decreti-legge n. 489 del 1995 e nn. 22 e 132 del 1996, attraverso cui
la disciplina prevista dal decreto-legge n. 269 del 1996 era stata
introdotta nell’ordinamento;
che, per effetto del sopra descritto mutamento del quadro
normativo, viene a cadere il nesso di pregiudizialità presupposto
dalla questione di costituzionalità sollevata da questa Corte;
che, pertanto, la stessa deve essere dichiarata inammissibile per
difetto di rilevanza;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti al pretore di
Roma, al pretore di La Spezia e al pretore di Genova, per il riesame
della rilevanza delle questioni sollevate con le ordinanze indicate
in epigrafe;
Dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale
del d.-l. 17 maggio 1996, n. 269 (Disposizioni urgenti in materia di
politica dell’immigrazione e per la regolamentazione dell’ingresso e
soggiorno nel territorio nazionale dei cittadini dei Paesi non
appartenenti all’Unione europea), da essa medesima sollevata con
ordinanza n. 197 del 14 giugno 1996, in riferimento all’art. 77 della
Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Guizzi
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 30 ottobre 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola