Ordinanza N. 367 del 1994
Corte Costituzionale
Data generale
27/07/1994
Data deposito/pubblicazione
27/07/1994
Data dell'udienza in cui è stato assunto
19/07/1994
Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI,
dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare
MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott.
Cesare RUPERTO;
comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull’ordinamento
penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative
della libertà), come sostituito dall’art. 15, primo comma, lettera
a), del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al
nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla
criminalità mafiosa), convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356,
promossi con le seguenti ordinanze:
1) ordinanza emessa il 20 maggio 1993 dalla Corte di cassazione
sul ricorso proposto da Pregnolato Alberto, iscritta al n. 722 del
registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell’anno 1993;
2) ordinanza emessa il 23 settembre 1993 dal Tribunale di
sorveglianza di Sassari sull’istanza proposta da Costa Giovanni,
iscritta al n. 736 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 52, prima serie speciale,
dell’anno 1993;
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1994 il Giudice
relatore Ugo Spagnoli;
Ritenuto che la Corte di cassazione, con ordinanza del 20 maggio
1993, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art.
4-bis, primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme
sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure
privative e limitative della libertà), come sostituito dall’art. 15,
primo comma, lettera a), del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306,
convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, nella parte in cui
subordina l’ammissione del condannato al regime della semilibertà al
presupposto della collaborazione con la giustizia a norma dell’art.
58- ter della medesima legge;
che ad avviso del remittente tale norma contrasterebbe: con
l’art. 24 Cost., essendo pregiudicato il diritto di difesa,
“esplicabile anche attraverso il rifiuto a rispondere
all’interrogatorio o il ricorso alla menzogna”, giacché il soggetto
interessato, ancor prima della definizione del processo a suo carico,
è posto di fronte all’alternativa se rendere o meno confessione; e
perché “il condannato che si veda costretto a confessare il fatto da
lui sempre in precedenza negato e a corroborare la confessione con la
incolpazione di altri si vede preclusa, addirittura, la possibilità
di un futuro ricorso all’eventuale istituto della revisione”;
con l’art. 27, secondo comma, Cost., in quanto la necessità di
un comportamento collaborativo “finalizzato al ricevimento della
futura contropartita” vanifica la presunzione di non colpevolezza;
con l’art. 3 Cost., sia per la discriminazione operata tra
condannati in ragione del mero titolo del reato sia per l’oggettiva
impossibilità, in taluni casi, della prestazione della
collaborazione;
con l’art. 25 Cost., in quanto tale disciplina afflittiva si
estende “indifferentemente (a) fatti commessi prima e dopo la sua
entrata in vigore”;
con l’art. 27, terzo comma, Cost., poiché, pur in presenza di
un positivo accertamento della completa risocializzazione del
soggetto non collaborante, viene ad attribuirsi “aprioristicamente al
rifiuto opposto il valore di un mancato favorevole evolversi nel
soggetto stesso del processo di revisione critica del suo trascorso
delinquenziale”;
che analoga questione ha sollevato il Tribunale di sorveglianza
di Sassari, con ordinanza del 23 settembre 1993, il quale ha
ravvisato il contrasto della medesima norma:
con l’art. 25, secondo comma, Cost., in quanto tale disposizione
si applica anche a chi sia stato condannato con sentenza definitiva
anteriore alla data di entrata in vigore di essa, ed abbia espiato
già metà della pena inflitta, in violazione del principio di non
retroattività della norma penale, che deve ritenersi estendersi
anche alle “disposizioni di natura sostanziale relative alla
modalità di esecuzione della pena ed in particolare alle misure alternative alla detenzione”;
con l’art. 3, secondo comma, Cost., perché l’applicazione
retroattiva della nuova disciplina concreta un diseguale trattamento
di condannati i quali abbiano parimenti espiato il periodo minimo di
pena previsto dalla legge per l’ammissione alla semilibertà, a
seconda che, prima dell’entrata in vigore della medesima disciplina,
anche per circostanze casuali, il relativo procedimento di
sorveglianza sia stato o meno definito;
che è intervenuto in entrambi i giudizi il Presidente del
Consiglio dei ministri, concludendo per la manifesta infondatezza
della questione sollevata con la prima ordinanza e per l’infondatezza
di quella sollevata con la seconda;
Considerato che, per la sostanziale identità delle questioni, i
giudizi vanno riuniti ed esaminati congiuntamente;
che questa Corte, con sentenza n. 357 del 1994, ha dichiarato
l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis, primo comma, secondo
periodo, della legge 26 luglio 1975, n. 354, come sostituito
dall’art. 15, primo comma, lettera a), del decreto-legge 8 giugno
1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, nella
parte in cui non prevede che i benefici di cui al primo periodo del
medesimo comma possano essere concessi anche nel caso in cui la
limitata partecipazione al fatto criminoso, come accertata nella
sentenza di condanna, renda impossibile un’utile collaborazione con
la giustizia, sempre che siano stati acquisiti elementi tali da
escludere in maniera certa l’attualità di collegamenti con la
criminalità organizzata;
che, a causa del mutamento del contesto normativo a seguito
della suddetta pronuncia nei procedimenti pendenti dinanzi ai giudici
remittenti, occorre disporre la restituzione degli atti ai medesimi
giudici, affinché valutino se le questioni da essi sollevate siano
tuttora rilevanti.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti alla Corte di
cassazione e al Tribunale di sorveglianza di Sassari.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, 19 luglio 1994.
Il Presidente: CASAVOLA
Il redattore: SPAGNOLI
Il cancelliere: DI PAOLA
Depositata in cancelleria il 27 luglio 1994.
Il direttore della cancelleria: DI PAOLA