Ordinanza N. 373 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
20/11/1998
Data deposito/pubblicazione
20/11/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/11/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 15
maggio 1997 dalla Corte d’appello di Roma, iscritta al n. 617 del
registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 30 settembre 1998 il giudice
relatore Giuliano Vassalli.
Ritenuto che la Corte di appello di Roma, chiamata a decidere sulla
richiesta di rinvio del procedimento in camera di consiglio
instaurato a séguito di gravame avverso una sentenza pronunciata in
esito a giudizio abbreviato – rinvio richiesto dal difensore
dell’imputato che aveva dichiarato di aderire all’astensione degli
avvocati dalle udienze – premesso che l’adesione all’astensione dalle
udienze costituisce un legittimo impedimento del difensore rilevante
a norma dell’art. 486, comma 5, del codice di procedura penale, ma
che, celebrandosi il procedimento in camera di consiglio, ai sensi
degli art. 443, comma 4, e 599 del codice di procedura penale, l’art.
486, comma 5, non può trovare applicazione, ha sollevato, in
riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 3 della Costituzione, ed
all’art. 2, numero 93, della legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81,
questione di legittimità dell’art. 599, comma 2, del codice di
procedura penale, “nella parte in cui non prevede il rinvio
dell’udienza camerale ovvero la nomina di un difensore in
sostituzione di quello non comparso nel caso di legittimo impedimento
del difensore dell’imputato”;
che ad essere chiamato in causa è, per primo, l’art. 24, secondo
comma, della Costituzione, in quanto le norme che regolamentano la
partecipazione del difensore nel giudizio camerale, svuoterebbero il
diritto di difesa in caso di legittimo impedimento del difensore che,
non provocando il rinvio del processo, rende impossibile
l’applicazione di quella normativa che consente comunque al difensore
di comparire nel procedimento in camera di consiglio (art. 127, comma
3, del codice di procedura penale), tanto da determinare
l’impossibilità di effettivo espletamento della difesa tecnica; una
situazione resa ancor più grave ove l’imputato sia assistito da un
difensore di fiducia, non essendo prevista la nomina di un difensore
in sua sostituzione, come è invece contemplato dall’art. 420, comma
3, del codice di procedura penale per il caso di legittimo
impedimento del difensore all’udienza preliminare;
che l’art. 3 della Costituzione sarebbe vulnerato, per il diverso
trattamento, in caso di legittimo impedimento del difensore
nell’udienza preliminare entro la quale si colloca, di norma, il
giudizio abbreviato, operando, oltre tutto, l’art. 441 del codice di
procedura penale un espresso rinvio proprio alle disposizioni
previste per tale udienza; una diversità irragionevole in quanto,
mentre l’udienza preliminare è destinata a concludersi in ogni caso
(salvo che si pervenga all’accesso ai riti alternativi) con una
decisione di tipo processuale, il giudizio camerale di appello incide
sul merito dell’accusa pervenendo comunque alla definizione del
processo;
che, infine, la norma denunciata contrasterebbe con l’art. 2,
numero 93, della legge-delega (e, dunque, con l’art. 76 della
Costituzione, entrambi non richiamati nel dispositivo e la norma
costituzionale neppure nella motivazione), il quale prevede che il
procedimento in camera di consiglio si svolga nel contraddittorio
delle parti, un contraddittorio non reso effettivo privandosi il
difensore di ogni possibilità di far valere il suo legittimo
impedimento a comparire all’udienza camerale;
che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello
Stato, chiedendo che la questione venga dichiarata non fondata.
Considerato che, pure se l’ordinanza di rimessione sembrerebbe
chiamare in causa il regime che non prevede come necessaria la
presenza del difensore nelle udienze camerali, in effetti le censure,
anche per i parametri costituzionali invocati, concernono
esclusivamente il rito camerale in grado di appello e, più in
particolare, il giudizio di appello a seguito di processo celebrato
in primo grado con rito abbreviato, che, a norma dell’art. 443, comma
4, “si svolge con le forme previste dall’art. 599”; con la
conseguenza che, per quanto attiene alla presenza del difensore,
trova applicazione l’art. 127, comma 3, a norma del quale “Il
pubblico ministero, gli altri destinatari dell’avviso nonché i
difensori sono sentiti se compaiono”;
che, peraltro, il giudice a quo mostra di perseguire due
soluzioni poste in modo, per così dire, parallelo, nel caso di
mancata partecipazione al giudizio camerale di appello del difensore
che sia legittimamente impedito, vale a dire, da un lato,
l’applicazione della regola che prevede il rinvio dell’udienza,
cioè, dell’art. 486, comma 5, dall’altro lato, la nomina di un
difensore sostituto a norma dell’art. 97, comma 4;
che, mentre l’una prospettazione si fonda sulla addotta
violazione del diritto alla difesa tecnica, vulnerato in quanto, in
presenza di un legittimo impedimento del difensore, tale diritto si
esaurirebbe sul piano meramente cartolare, l’altra evoca la
violazione del principio di eguaglianza, assumendo come tertium
comparationis la disciplina dell’udienza preliminare, relativamente
alla quale, una volta prescritta la presenza necessaria del
difensore, si stabilisce che se il difensore dell’imputato non è
presente il giudice provvede a norma dell’art. 97, comma 4;
che è dunque evidente come, a fondamento di entrambe le
prospettate soluzioni, l’ordinanza di rimessione collochi la
necessità della presenza del difensore nel giudizio di appello
camerale a seguito di giudizio abbreviato, donde la duplicità delle
scelte in caso di legittimo impedimento del difensore entrambe da
conseguire mediante una sentenza additiva: la prima, volta
all’estensione delle regole dettate per l’udienza dibattimentale
(art. 486, comma 5); la seconda volta all’applicazione (ma solo per
il caso di legittimo impedimento del difensore) delle regole dettate
per l’udienza preliminare e cioè la designazione di un difensore
sostituto;
che, infine, nel prendere in esame il dedotto contrasto con
l’art. 2, numero 93, della legge delega, la cui collocazione nella
sola motivazione dell’ordinanza esimerebbe questa Corte dall’esame
della questione, il giudice a quo si limita a registrare l’assenza di
ogni garanzia del contraddittorio derivante da un sistema che non
riconosce alcun rilievo all’assenza del difensore non comparso, per
legittimo impedimento, nel giudizio camerale;
che, conseguentemente, la questione non risulta formulata in
termini univoci, in quanto il giudice a quo oscillando tra la
richiesta di estensione al procedimento di appello camerale ora
dell’art. 486, comma 5, del codice di procedura penale, ora dell’art.
420, comma 3, dello stesso codice, prospetta due possibili soluzioni
di portata tutt’altro che equivalente; onde la questione è da
ritenere manifestamente inammissibile, attesa l’ancipite
prospettazione da parte del rimettente (cfr., ex plurimis ordinanze
n. 325 del 1994 e n. 207 del 1993).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 599, comma 2, del codice di
procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24,
secondo comma, della Costituzione, dalla Corte di appello di Roma con
l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 novembre 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Vassalli
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 20 novembre 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola