Ordinanza N. 374 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
20/11/1998
Data deposito/pubblicazione
20/11/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/11/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof. Guido NEPPI
MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
comma 2, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza
emessa il 29 novembre 1997 dal pretore di Livorno, iscritta al n. 58
del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 30 settembre 1998 il giudice
relatore Giuliano Vassalli.
Ritenuto che, in presenza di un imputato condotto davanti a lui
perché arrestato ad opera di privati per il reato di furto aggravato
ex art. 625, n. 2, prima parte, del codice penale, per la convalida e
per il contestuale giudizio direttissimo, il pretore di Livorno,
sospeso il giudizio sulla convalida ed applicata all’imputato la
misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, ha,
con ordinanza del 29 novembre 1997, denunciato, in riferimento
all’art. 76 della Costituzione, gli artt. 383 e 566 del codice di
procedura penale;
che, premesso che nel caso di specie l’arrestato non è stato
presentato al pretore dagli stessi ufficiali ed agenti di polizia
giudiziaria che hanno proceduto all’arresto o che hanno avuto in
consegna l’arrestato, secondo il giudice a quo l’art. 383 del codice
di procedura penale violerebbe l’art. 2, n. 32, della legge-delega 16
febbraio 1987, n. 81, non essendo prevista alcuna conseguenza quando
tale presentazione avvenga non ad opera dei predetti ma da parte di
ufficiali od agenti che non hanno avuto in consegna l’arrestato,
derivandone che “le condizioni della flagranza vengono riferite al
giudice doppiamente de relato”;
che l’art. 566, comma 2, contrasterebbe, invece, con l’art. 2, n.
43, della legge-delega, il quale prevede che solo il pubblico
ministero e non anche la polizia giudiziaria possa presentare
l’imputato al giudice per il giudizio direttissimo;
che nel giudizio davanti a questa Corte è intervenuto il
Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che le questioni
siano dichiarate inammissibili o comunque non fondate.
Considerato che entrambe le questioni sono manifestamente
infondate: la prima, in quanto l’ultima sub-direttiva dell’art. 2,
n. 32, della legge-delega si limita a prescrivere l'”obbligo della
polizia di porre a disposizione del pubblico ministero al più presto
e comunque non oltre le ventiquattro ore dall’arresto o dal fermo, le
persone arrestate o fermate”, senza nulla disporre in ordine
all’ufficiale di polizia giudiziaria che deve procedere alla
presentazione, tanto più nei casi, come quello di specie, in cui si
sia proceduto a seguito di arresto ad opera di privati, un istituto
del quale il rimettente non contesta la legittimità costituzionale;
quanto alla seconda, perché la presentazione per il giudizio
direttissimo da parte degli ufficiali ed agenti di polizia
giudiziaria non rappresenta un’attività ad iniziativa della polizia
giudiziaria, ma una sorta di attività delegata dal pubblico
ministero e che si esplica sotto il costante controllo di
quest’ultimo, al quale deve essere data immediata notizia
dell’arresto e che, a norma dell’art. 566, comma 1, del codice di
procedura penale, è tenuto a formulare l’imputazione.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità
costituzionale degli artt. 383 e 566, comma 2, del codice di
procedura penale, sollevate, in riferimento all’art. 76 della
Costituzione, dal pretore di Livorno con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 novembre 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Vassalli
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 20 novembre 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola