Ordinanza N. 376 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
02/11/1996
Data deposito/pubblicazione
02/11/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
17/10/1996
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato
GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI,
prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare
RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof.
Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 1 febbraio 1996
dal tribunale di Trieste nel procedimento penale a carico di Pahor
Samo, iscritta al n. 369 del registro ordinanze 1996 e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19 – prima serie
speciale dell’anno 1996;
Udito nella camera di consiglio del 10 luglio 1996 il giudice
relatore Francesco Guizzi;
Ritenuto che nel corso del procedimento penale a carico di Pahor
Samo il tribunale di Trieste ha sollevato, in riferimento agli artt.
3, 97, primo comma, e 101, secondo comma, della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell’art. 47 del codice di
procedura penale;
che l’imputato aveva riproposto, per pretesi nuovi motivi, la
richiesta di rimessione ai sensi degli artt. 45 e ss. dello stesso
codice, già formulata numerose altre volte lungo l’arco del
dibattimento e respinta o dichiarata inammissibile dalla Corte di
cassazione;
che, secondo il rimettente, la Corte di cassazione ha sempre
escluso ogni possibilità di sindacato da parte del giudice di merito
circa l’ammissibilità dell’istanza, anche nel caso (come quello in
esame) in cui vi sia una reiterazione basata su motivi “solo
apparentemente nuovi”;
che, ad avviso del Collegio, l’imminenza della prescrizione è
l’effetto non tanto della carenza d’una norma che attribuisca al
giudice di merito il potere delibatorio sull’ammissibilità o la
fondatezza della questione, quanto del rigido divieto – ignoto al
codice abrogato e stabilito, ora, nel citato art. 47 – di pronunciare
sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara
inammissibile o rigetta la richiesta;
che in tale situazione l’art. 47 si pone in contrasto con gli
artt. 3, 97 e 101 della Costituzione, poiché il giudice non sarebbe
soggetto solo alla legge, ma anche alle iniziative dell’imputato, e
vi sarebbe altresì intrinseca irragionevolezza della disposizione e
del canone di buon andamento dell’amministrazione;
che la Corte costituzionale dovrebbe dunque dichiarare
l’illegittimità costituzionale della norma censurata, consentendo al
giudice – pendente la richiesta di rimessione – di pronunciare la
sentenza di merito, fatto salvo il potere della Corte di cassazione
di annullare la sentenza emessa in difetto temporaneo di potere
giurisdizionale.
Considerato che la disposizione denunciata è stata dichiarata
costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 353 del 1996;
che, pertanto, la questione è manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 47 del codice di procedura
penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, e
101, secondo comma, della Costituzione, dal tribunale di Trieste con
l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Guizzi
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 2 novembre 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola