Ordinanza N. 376 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
20/11/1998
Data deposito/pubblicazione
20/11/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/11/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, avv.
Fernanda CONTRI, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
comma, 6, 7, 8 e 9 del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420 (Norme in
materia di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia
ed i superstiti gestita dall’Ente nazionale di previdenza ed
assistenza per i lavoratori dello spettacolo), promosso con ordinanza
emessa il 23 dicembre 1994 dal pretore di Roma sui ricorsi riuniti
proposti da Rossi Adriana ed altri contro la RAI – Radio televisione
italiana ed altro, iscritta al n. 1332 del registro ordinanze 1996 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 1, prima
serie speciale, dell’anno 1997.
Visti gli atti di costituzione di Rossi Adriana, della RAI s.p.a.
e dell’ENPALS nonché l’atto di intervento del Presidente del
Consiglio dei Ministri;
Udito nell’udienza pubblica del 13 ottobre 1998 il giudice relatore
Fernando Santosuosso;
Uditi gli avvocati Maurizio de Stefano per la RAI s.p.a., Maria
Stella Rossi per l’ENPALS e l’Avvocato dello Stato Giuseppe Stipo per
il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto che alcuni dipendenti della RAI – Radio televisione
italiana, appartenenti alle categorie professionali inserite nel
secondo gruppo di cui all’art. 2 del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1420
(Norme in materia di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la
vecchiaia ed i superstiti gestita dall’Ente nazionale di previdenza
ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo), hanno promosso
separati ricorsi al pretore di Roma, poi riuniti, chiedendo di essere
classificati tra i lavoratori dello spettacolo appartenenti al primo
gruppo di cui al citato art. 2, con conseguente condanna del datore
di lavoro al pagamento all’ENPALS di una maggiore contribuzione
previdenziale;
che, accogliendo l’eccezione sollevata dalla RAI, il pretore, con
ordinanza del 23 dicembre 1994 (pervenuta alla Corte costituzionale
il 6 dicembre 1996), ha sollevato questione di legittimità
costituzionale degli artt. 2, secondo comma, 6, 7, 8 e 9 del d.P.R.
31 dicembre 1971, n. 1420, per asserito contrasto:
con l’art. 3 della Costituzione, “per l’irragionevole disparità
di trattamento previdenziale che si è determinata tra i lavoratori
(quanto ai benefici) e che si riverbera specularmente
sull’irragionevole disparità di trattamento per il datore di
lavoro-assicurante, nonché per i lavoratori-assicurati, obbligati a
sostenere pro-quota una maggiore contribuzione”;
con l’art. 76 della Costituzione, “per l’eccesso del legislatore
delegato (il d.P.R. n. 1420 del 1971 è stato emanato dal legislatore
delegato in ottemperanza alla legge delegante del 30 aprile 1969, n.
153: art. 35, lettera e), in quanto non si è tenuto conto della
natura del rapporto di lavoro, della durata e del numero delle
prestazioni lavorative e dei particolari sistemi di retribuzione e
compensi vigenti nel settore”;
che, secondo il giudice a quo, il criterio differenziatore tra i
due gruppi dovrebbe essere quello fondato sulle caratteristiche di
occasionalità (per il primo gruppo) ovvero di continuità (per il
secondo) della prestazione lavorativa – le quali sussistono a
prescindere dalla natura artistica ovvero di supporto della
prestazione -, mentre le norme impugnate non avrebbero fondato tale
distinzione sulla diversità obiettiva delle mansioni svolte;
che si è costituita in giudizio la RAI – Radio televisione
italiana, sostenendo la fondatezza della questione di legittimità
costituzionale;
che si sono costituiti in giudizio l’ENPALS e Adriana Rossi,
ricorrente nel giudizio principale, concludendo per l’infondatezza
della questione;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque
manifestamente infondata:
l’inammissibilità deriverebbe dal fatto che la normativa denunciata
non ha direttamente operato la distinzione contestata dal giudice a
quo, ma si è limitata a recepirla da un precedente testo normativo
(il decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 16 luglio
1947, n. 708, recante Disposizioni concernenti l’Ente nazionale di
previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo), con la
conseguenza che anche quest’ultimo avrebbe dovuto essere sottoposto
al giudizio della Corte; la questione sarebbe comunque manifestamente
infondata, sia perché già delibata dalla Corte di cassazione, con
la sentenza n. 5193 del 1987, sia perché la normativa impugnata, pur
nell’insieme poco omogenea, “lascia pur sempre trasparire l’intento
originario di distinguere tra attività strettamente artistica e
attività di mero supporto”.
Considerato che, successivamente alla data di rimessione alla Corte
costituzionale della presente questione, sono entrati in vigore il
decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 182 (Attuazione della delega
conferita dall’art. 2, commi 22 e 23, lettera a), della legge 8
agosto 1995, n. 335, in materia di regime pensionistico per i
lavoratori dello spettacolo iscritti all’ENPALS) ed il decreto
ministeriale 10 novembre 1997 (Individuazione in tre gruppi delle
categorie dei soggetti assicurati al Fondo pensioni lavoratori dello
spettacolo istituito presso l’ENPALS), che regolano in maniera nuova
e diversa il regime pensionistico per i lavoratori dello spettacolo
iscritti all’ENPALS;
che, in particolare, è stato profondamente modificato il regime
contributivo cui sono soggetti tali lavoratori, i quali sono ora
suddivisi in tre (e non più in due) gruppi, formati da categorie
individuate non più attraverso il richiamo a quelle indicate nel
decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato n. 708 del 1947,
ma attraverso un’elencazione autonoma;
che, a tale riguardo, occorre verificare se ed in che misura la
nuova disciplina possa applicarsi ai ricorrenti nel giudizio a quo,
anche alla luce della previsione dell’art. 3 del citato d.lgs. n.
182 del 1997, secondo la quale, per i lavoratori che, alla data del
31 dicembre 1995, non possono far valere un’anzianità assicurativa e
contributiva di almeno 18 anni interi, la pensione è determinata
pro-quota in base sia alle vecchie che alle nuove regole;
che, pertanto, risulta opportuno restituire gli atti di causa al
giudice a quo, affinché valuti la permanenza del requisito della
rilevanza ed eventualmente provveda a precisare meglio i termini
della questione.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Ordina la restituzione degli atti al pretore di Roma.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 novembre 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Santosuosso
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 20 novembre 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola