Ordinanza N. 378 del 1989
Corte Costituzionale
Data generale
06/07/1989
Data deposito/pubblicazione
06/07/1989
Data dell'udienza in cui è stato assunto
03/07/1989
Presidente: dott. Francesco SAJA;
Giudici: prof. Giovanni CONSO, prof. Ettore GALLO, dott. Aldo
CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
Renato DELL’ANDRO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof.
Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI;
secondo comma, della legge 9 dicembre 1977, n. 903 (Parità di
trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro), promosso con
ordinanza emessa il 28 settembre 1988 dal Pretore di Montebelluna nel
procedimento civile vertente tra la S.p.A. Stefania e il Consiglio di
fabbrica della S.p.A Stefania ed altri, iscritta al n. 23 del
registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell’anno 1989;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1989 il Giudice
relatore Francesco Greco;
Ritenuto che il Pretore di Montebelluna, con ordinanza del 28
settembre 1988 (R.O. n. 23 del 1989) emessa nel procedimento civile
tra la S.p.a. Stefania e il Consiglio di fabbrica della stessa
Società ed altri, avente ad oggetto l’autorizzazione, per alcune
donne lavoratrici, peraltro consenzienti, all’espletamento del lavoro
notturno, in deroga al primo comma dell’art. 5 della legge 9 dicembre
1977, n. 903, ha sollevato questione di legittimità costituzionale:
a) del primo comma del detto art. 5 in quanto, prevedendo il divieto,
nelle sole aziende manifatturiere, di adibire le donne al lavoro
notturno, violerebbe l’art. 37, primo comma, della Costituzione
poiché, irrazionalmente, discrimina, per sole ragioni di sesso, le
lavoratrici rispetto ai lavoratori; b) del secondo comma dello stesso
articolo in quanto, prevedendo che il suddetto divieto possa essere
rimosso attraverso la contrattazione collettiva, anche aziendale,
violerebbe l’art. 39 della Costituzione perché consente che tale
contratto abbia efficacia anche nei confronti delle lavoratrici non
iscritte al sindacato;
che l’Avvocatura Generale dello Stato, intervenuta in
rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso
per l’inammissibilità o, comunque, per l’infondatezza della
questione;
Considerato che il primo comma della norma censurata prevede il
divieto della prestazione, da parte delle donne, del lavoro notturno,
ma che esso è derogabile con contrattazione collettiva, anche
aziendale;
che, quindi, non sussiste la dedotta violazione dell’art. 37
della Costituzione perché questo consente di prendere in
considerazione la particolare e peculiare condizione della donna e la
posizione che essa ha in seno alla famiglia, così come questa Corte
ha più volte affermato (sentenza n. 498 del 1988; ordinanza n. 703
del 1988);
che, del resto, la questione ora sollevata è stata già
dichiarata infondata da questa Corte (sentenza n. 246 del 1987);
che per quanto riguarda l’altro profilo della questione (secondo
comma, art. 5 citato), si osserva che, come risulta dall’ordinanza di
remissione, nella specie non è stato concluso alcun contratto
aziendale avendo il Consiglio di fabbrica, a seguito della richiesta
di deroga avanzata dalla Società datrice di lavoro, assunto solo un
comportamento dilatorio;
che, quindi, la sollevata questione non ha alcuna rilevanza
essendo altro il thema decidendum (obbligo a contrarre del Consiglio
di fabbrica ed intervento del Pretore del lavoro);
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi
alla Corte costituzionale;
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara:
a) manifestamente infondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 5, primo comma, della legge 9 dicembre 1977,
n. 903 (Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di
lavoro);
b) manifestamente inammissibile la questione di legittimità
costituzionale del secondo comma dello stesso articolo, in
riferimento, rispettivamente, agli artt. 37 e 39 della Costituzione,
sollevate dal Pretore di Montebelluna con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 3 luglio 1989.
Il Presidente: SAJA
Il redattore: GRECO
Il cancelliere: MINELLI
Depositata in cancelleria il 6 luglio 1989.
Il direttore della cancelleria: MINELLI