Ordinanza N. 378 del 1998
Corte Costituzionale
Data generale
20/11/1998
Data deposito/pubblicazione
20/11/1998
Data dell'udienza in cui è stato assunto
11/11/1998
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE, prof. Guido
NEPPI MODONA, prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
del codice di procedura penale, 240, primo comma, del codice penale,
e dell’art. 12-sexies del d.-l. 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche
urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di
contrasto alla criminalità mafiosa), convertito dalla legge 7 agosto
1992, n. 356, come introdotto dall’art. 2 del d.-l. 20 giugno 1994,
n. 399 (Disposizioni urgenti in materia di confisca di valori
ingiustificati), convertito dalla legge 8 agosto 1994, n. 501,
promosso con ordinanza emessa il 4-15 dicembre 1997 dal giudice per
le indagini preliminari presso il Tribunale di Firenze, iscritta al
n. 113 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno
1998.
Udito nella camera di consiglio del 28 ottobre 1998 il giudice
relatore Giuliano Vassalli.
Ritenuto che il giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Firenze ha sollevato questione di legittimità
costituzionale degli artt. 445, comma 1, del codice di procedura
penale, 240, primo comma, del codice penale, e dell’art. 12-sexies
del d.-l. 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al nuovo codice di
procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità
mafiosa), convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, come
introdotto dall’art. 2 del d.-l. 20 giugno 1994, n. 399 (Disposizioni
urgenti in materia di confisca di valori ingiustificati), convertito
dalla legge 8 agosto 1994, n. 501, nella parte in cui escludono, in
caso di sentenza di applicazione della pena su richiesta per il reato
di cui all’art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ricorrendo la
circostanza attenuante prevista dal quinto comma della stessa
disposizione, la confisca dei valori costituenti profitto
dell’attività di spaccio;
che a parere del giudice a quo la normativa impugnata
contrasterebbe con l’art. 27, terzo comma, della Costituzione, in
quanto “lo spacciatore è incoraggiato a proseguire l’attività
illecita, qualora per effetto della sentenza di applicazione della
pena gli siano restituiti i profitti dello spaccio”, e con l’art. 3
della medesima Carta, giacché appare “contraria al comune sentire e
alla morale, la definitiva acquisizione dei profitti illeciti, tanto
più laddove provenienti da un’attività così dannosa per la
società come lo spaccio di eroina”;
che nel giudizio non si è costituita la parte privata né ha
spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Considerato che il giudice a quo, pur se attraverso l’enunciazione
di un quesito formalmente unitario, cumulativamente attinge un quadro
normativo assai variegato e la cui eterogenea struttura agevolmente
consente di individuare, all’interno del quesito medesimo, due
soluzioni fra loro chiaramente alternative;
che da un lato, infatti, attraverso l’impugnativa degli artt.
445, comma 1, cod. proc. pen., e 240, primo comma, cod. pen., il
rimettente mira a consentire la confisca, con la sentenza di
applicazione della pena, anche nei casi in cui questa è facoltativa
a norma dell’art. 240, primo comma, cod. pen. (nella specie, la
confisca del profitto del reato di spaccio di sostanze stupefacenti);
che, diversamente, la questione incentrata sull’art. 12-sexies
del d.-l. n. 306 del 1992 (per il quale, nei casi di condanna o di
applicazione della pena su richiesta per il delitto previsto
dall’art. 73, esclusa la fattispecie di cui al comma 5, del d.P.R. 9
ottobre 1990, n. 309, “è sempre disposta la confisca del denaro, dei
beni o delle altre utilità di cui il condannato non può
giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona
fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità
a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, o
alla propria attività economica”), è invece volta a sopprimere la
previsione che impedisce quella particolare ipotesi di confisca nei
casi in cui, con la sentenza di applicazione della pena su richiesta,
è stata ritenuta l’ipotesi lieve prevista dal comma 5 dell’art. 73
del d.P.R. n. 309 del 1990;
che, pertanto, le evidenti peculiarità che contraddistinguono i
presupposti, la struttura e la funzione della ipotesi di confisca
obbligatoriamente da disporre a norma del citato art. 12-sexies del
d.-l. n. 306 del 1992, valgono a configurarla come istituto
profondamente diverso, per taluni anche sotto il profilo della
relativa natura giuridica, dalla confisca facoltativa prevista come
misura di sicurezza patrimoniale dall’art. 240, primo comma, cod.
pen., sicché la questione risulta prospettata in modo ancipite, dato
che il giudice a quo propone in via alternativa due soluzioni senza
concentrare sull’una o l’altra di esse la richiesta di una sentenza
additiva (v., fra le altre, sentenza n. 129 del 1993);
che, inoltre, l’identica questione relativa agli artt. 445, comma
1, cod. proc. pen. e 240 cod. pen. è stata già dichiarata
manifestamente inammissibile da questa Corte, sul rilievo che
interventi additivi del tipo richiesto spettano al solo legislatore,
che, nella sfera della sua discrezionalità, può operare scelte
anche derogatorie rispetto a quelle previste in via generale in
relazione alla sentenza di “patteggiamento” (v. ordinanza n. 334 del
1994);
che la questione deve dunque essere dichiarata manifestamente
inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale degli artt. 445, comma 1, del codice di
procedura penale, 240, primo comma, del codice penale, e dell’art.
12-sexies del d.-l. 8 giugno 1992, n. 306 (Modifiche urgenti al
codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla
criminalità mafiosa), convertito dalla legge 7 agosto 1992, n. 356,
come introdotto dall’art. 2 del d.-l. 20 giugno 1994, n. 399
(Disposizioni urgenti in materia di confisca di valori
ingiustificati), convertito dalla legge 8 agosto 1994, n. 501,
sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27, terzo comma, della
Costituzione, dal giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Firenze con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l’11 novembre 1998.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Vassalli
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 20 novembre 1998.
Il direttore della cancelleria: Di Paola