Ordinanza N. 388 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
05/11/1996
Data deposito/pubblicazione
05/11/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
17/10/1996
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato
GRANATA,
prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando
SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof. Carlo MEZZANOTTE;
disposizioni di attuazione del codice di procedura civile, promosso
con ordinanza emessa il 20 luglio 1995 dal pretore di Forlì nel
procedimento civile vertente tra Tassinari Pier Luigi e la s.p.a.
Credito Romagnolo ed altra, iscritta al n. 2 del registro ordinanze
1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5,
prima serie speciale, dell’anno 1996;
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
Ministri;
Udito nella camera di consiglio del 2 ottobre 1996 il giudice
relatore Fernando Santosuosso;
Ritenuto che, nel corso di un procedimento di esecuzione mobiliare
promosso da Pier Luigi Tassinari contro la S.p.a. Credito romagnolo,
il pretore di Forlì, con ordinanza emessa il 20 luglio 1995, ha
sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell’art. 185 delle
disposizioni di attuazione del codice di procedura civile nella parte
in cui, nel giudizio conseguente all’opposizione di terzo
all’esecuzione mobiliare, richiama genericamente l’art. 183 cod.
proc. civ. (udienza di prima trattazione), senza tener presente che
tale norma è stata modificata con d.-l. 18 ottobre 1995, n. 432,
convertito in legge 20 dicembre 1995, n. 534, nel senso della
creazione di una prima udienza di comparizione (art. 180 cod. proc.
civ.) e della modificazione del relativo regime di preclusioni;
che la norma impugnata impone al resistente di costituirsi nelle
forme e con i modi previsti dagli artt. 166 e 167 del codice di rito,
nonché di subire le preclusioni di cui all’art. 183 cod. proc. civ;
che, a parere del giudice a quo, il resistente nel giudizio
conseguente all’opposizione di terzo all’esecuzione mobiliare non
godrebbe, in contrasto con il principio di cui all’art. 24 della
Costituzione, di un adeguato termine per preparare la propria difesa,
poiché, diversamente da quanto stabilito nei giudizi introdotti con
citazione, il giudice dell’esecuzione, nel fissare l’udienza innanzi
a sé, non sarebbe vincolato al rispetto di termini minimi per la
vocatio in ius;
che, inoltre, sarebbe violato l’art. 3 della Costituzione in
quanto, ai sensi dell’art 619 cod. proc. civ., il giudice investito
dell’esame dell’opposizione di terzo deve, se competente, procedere
all’istruzione, ovvero, se incompetente, dare alle parti un termine
per la riassunzione della causa innanzi al giudice competente;
disciplina che, secondo il rimettente, creerebbe una disparità di
trattamento tra la parte resistente davanti ad un giudice competente
e quella convenuta innanzi ad un giudice incompetente, posto che in
quest’ultimo caso la parte fruirebbe di un più ampio termine per
preparare le proprie difese;
che nel giudizio avanti alla Corte costituzionale è intervenuto
il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per
l’inammissibilità o per l’infondatezza della questione;
Considerato che il giudice rimettente si duole del fatto che, nei
giudizi introdotti con ricorso, il resistente potrebbe usufruire di
un termine per costituirsi meno ampio di quello previsto per il
convenuto nell’ambito dei giudizi introdotti con citazione; ed
inoltre che, nei giudizi di esecuzione, il resistente dinanzi ad un
giudice incompetente godrebbe di un termine più ampio per
costituirsi, essendo a lui assegnato un nuovo termine per la
riassunzione della causa innanzi al giudice competente;
che il giudice a quo lamenta in ultima analisi un’ingiustificata
lesione del diritto di difesa del convenuto nell’ambito del giudizio
di opposizione all’esecuzione mobiliare a causa della previsione di
termini, ritenuti incongrui, per la preparazione delle proprie
difese, con relative preclusioni e decadenze;
che questa Corte ha più volte affermato il principio secondo cui
la garanzia assicurata dall’art. 24 della Costituzione non preclude
che la disciplina legislativa del diritto di difesa si conformi alle
speciali caratteristiche dei singoli procedimenti, sempre che non ne
siano pregiudicati lo scopo e le funzioni (v., ex plurimis, sentenze
nn. 220 del 1994 e 119 del 1995) ;
che, secondo la giurisprudenza di questa Corte (v. sentenza n.
10 del 1978), quando la legge conferisce al giudice il potere di
fissare un termine senza indicarne la misura, questi è comunque
tenuto a rispettare le esigenze minime di difesa delle parti;
che la recente normativa di riforma del processo civile ha anche
modificato il regime delle preclusioni nella fase iniziale del
giudizio passando ad un sistema meno rigoroso e distinguendo tra
udienza di prima comparizione ed udienza di prima trattazione,
sicché la doglianza del giudice rimettente si risolve nel denunziare
il difetto dell’opportuno coordinamento tra la norma di attuazione
impugnata in questa sede e gli artt. 180 e 183 cod. proc. civ;
che tale difetto di coordinamento, secondo quanto detto, può
essere agevolmente superato dal giudice tramite la fissazione di
un’udienza di comparizione nel rispetto di congrui termini,
analogamente stabiliti nel processo di cognizione; e, ove ciò non
sia possibile – decidendo, per ragioni di urgenza, solo sull’istanza
di sospensione – col rinvio a successive udienze degli adempimenti
previsti dagli artt. 180 e 183 cod. proc. civ.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale dell’art. 185 delle disposizioni di attuazione del
codice di procedura civile sollevata, in riferimento agli artt. 3 e
24 della Costituzione, dal pretore di Forlì con l’ordinanza di cui
in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Santosuosso
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 5 novembre 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola