Ordinanza N. 389 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
05/11/1996
Data deposito/pubblicazione
05/11/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
17/10/1996
Presidente: avv. Mauro FERRI;
Giudici: prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato
GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 27 marzo
1996 dal Presidente del Tribunale di Udine nel procedimento civile
vertente tra Cosatto Maria Luisa e Di Chiara Rino, iscritta al n. 576
del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 1996;
Visto l’atto di costituzione di Cosatto Maria Luisa;
Udito nell’udienza pubblica del 15 ottobre 1996 il giudice relatore
Fernando Santosuosso;
Udito l’avvocato Paola Rossi Appiotti per Cosatto Maria Luisa;
Ritenuto che, nel corso del procedimento di separazione giudiziale
tra Cosatto Maria Luisa e Di Chiara Rino, il Presidente del Tribunale
di Udine ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli
artt. 707 e 708 del codice di procedura civile in riferimento
all’art. 24 della Costituzione;
che il rimettente, dopo aver premesso che è prassi diffusa
nell’ambito della Corte d’appello di Trieste, seguita anche dal
Tribunale di Udine, che il presidente del tribunale, esperito con
esito negativo il tentativo di riconciliazione, espleti un ulteriore
tentativo diretto a tramutare la separazione giudiziale in
consensuale, alla presenza dei coniugi ma con esclusione dei
difensori, poi ammessi in udienza solo prima della eventuale
formalizzazione a verbale dei termini dell’accordo, qualora
raggiunto;
che, a parere del giudice a quo, tale prassi, pur giustificata
dalla necessità di limitare la litigiosità in un settore di
particolare rilevanza sociale, può essere in contrasto con il pieno
esercizio del diritto di difesa e con le disposizioni costituzionali
volte ad assicurare la tutela del nucleo familiare;
che nel giudizio davanti alla Corte costituzionale si è
costituita Maria Luisa Cosatto, chiedendo che la questione sollevata
venga dichiarata irrilevante o manifestamente infondata;
Considerato che le norme impugnate prevedono che i coniugi debbono
comparire personalmente davanti al presidente senza l’assistenza di
difensore, che il presidente deve sentirli prima separatamente e poi
congiuntamente, procurando di conciliarli, e che, in caso negativo,
il Presidente, anche d’ufficio, dà con ordinanza i provvedimenti
temporanei ed urgenti;
che questa Corte, con la sentenza n. 151 del 1971, ha già
dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme ora impugnate,
nella parte in cui ai coniugi comparsi personalmente davanti al
presidente del tribunale, e in caso di mancata conciliazione, è
inibito di essere assistiti dai rispettivi difensori;
che nella richiamata pronuncia la Corte ha specificato che il
diritto di farsi assistere dal difensore durante lo svolgimento
dell’udienza presidenziale nel giudizio di separazione sorge per le
parti successivamente al fallimento del tentativo di conciliazione,
poiché solo a quel punto “diventa attuale il contrasto, concreto o
potenziale, tra i contendenti sulla base delle domande avanzate con
il ricorso introduttivo o delle pretese direttamente prospettate al
presidente del tribunale”;
che nella sentenza n. 201 del 1971 la Corte ha chiarito che il
divieto di essere assistiti dai difensori nel corso della prima fase
dell’udienza presidenziale non viola il principio del diritto di
difesa di cui all’art. 24 della Costituzione, avendo il legislatore
voluto tutelare in modo preminente l’interesse, di natura pubblica,
alla pacifica continuazione della convivenza tra i coniugi, evitando
il giudizio come strumento per risolvere i conflitti coniugali; ed al
conseguimento di questi fini – osserva la citata sentenza n. 201 del
1971 – “mirano i coniugi (personalmente) ed il presidente del
tribunale che non potrà non far valere il prestigio derivantegli
dalla sua funzione”;
che, per l’attuazione degli stessi interessi, nulla vieta che il
presidente del tribunale possa anche esplorare – sia in presenza che
in assenza dei difensori – la potenziale praticabilità di una
soluzione non contenziosa di detti conflitti, e ciò nello
svolgimento di quelle funzioni lato sensu conciliative che gli
impongono di attivarsi per ridurre al minimo i traumi per i coniugi e
per i figli; fermo restando che la difesa tecnico-professionale possa
intervenire al momento di stabilire e formalizzare le condizioni
dell’eventuale accordo;
che sono tuttora ravvisabili tanto la distinzione operata dalle
sentenze nn. 151 e 201 del 1971 di questa Corte tra la prima e la
seconda fase dell’udienza presidenziale nel procedimento di
separazione personale, quanto la sostanziale diversità tra questo
procedimento e quello del divorzio, in considerazione della
differenza del grado di rottura dei rapporti coniugali e dei
particolari compiti affidati dalla legge al presidente del tribunale
nel primo procedimento;
che, conclusivamente, il giudice rimettente doveva, in assenza di
un contrario diritto vivente ed in armonia con i principi già
affermati da questa Corte, interpretare le norme impugnate in senso
conforme a Costituzione, consentendo l’assistenza da parte dei
difensori durante la seconda fase dell’udienza presidenziale e,
tuttavia, non rinunciando alla funzione che gli è propria, ossia
quella di tentare ogni strada idonea al superamento della crisi del
nucleo familiare;
che una siffatta interpretazione, in armonia con le richiamate
sentenze, consente di escludere la sussistenza del lamentato vizio di
illegittimità costituzionale;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità
costituzionale degli artt. 707 e 708 del codice di procedura civile,
sollevata, in riferimento all’art. 24 della Costituzione, dal
Presidente del Tribunale di Udine con l’ordinanza indicata in
epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 17 ottobre 1996.
Il Presidente: Ferri
Il redattore: Santosuosso
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria il 5 novembre 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola