Ordinanza N. 393 del 1996
Corte Costituzionale
Data generale
08/11/1996
Data deposito/pubblicazione
08/11/1996
Data dell'udienza in cui è stato assunto
28/10/1996
Presidente: dott. Renato GRANATA;
Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof.
Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI,
dott. Cesare RUPERTO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo
ZAGREBELSK Y, prof. Valerio ONIDA, prof. Carlo MEZZANOTTE;
comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa
il 20 marzo 1996 dalla Corte d’appello di Bologna – Sezione minorenni
nel procedimento penale a carico di T. A., iscritta al n. 517 del
registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell’anno 1996;
Udito nella camera di consiglio del 16 ottobre 1996 il giudice
relatore Gustavo Zagrebelsky;
Ritenuto che la Corte d’appello di Bologna – Sezione minorenni ha
sollevato nel corso di un giudizio penale, con ordinanza del 20 marzo
1996, questione di legittimità costituzionale dell’art. 34, secondo
comma, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che non possa
partecipare al giudizio “il magistrato che abbia comunque deciso in
materia di libertà personale dell’imputato, formulando valutazioni
nel merito dei fatti e delle circostanze”, in riferimento agli artt.
3 e 24 della Costituzione, richiamando quale termine di raffronto
analogo, al riguardo, l’ipotesi oggetto della sentenza n. 432 del
1995 di questa Corte, che ha dichiarato l’illegittimità
costituzionale della norma denunciata in quanto non prevede
l’incompatibilità alla funzione di giudizio in dibattimento del
giudice per le indagini preliminari che abbia applicato una misura
cautelare personale.
Considerato che la generica formulazione del dispositivo
sull’ordinanza di rinvio che si è sopra riportata è comprensiva di
due distinti profili, desumibili dalla parte motiva della stessa
ordinanza;
che un primo profilo della questione concerne la partecipazione
al giudizio dibattimentale di primo grado di un giudice che ha
precedentemente fatto parte del collegio del tribunale del riesame o
dell’appello in tema di misure cautelari personali, svolgendo in tale
ultima sede valutazioni attinenti al merito della responsabilità
dell’imputato; una vicenda, questa, che forma oggetto di uno
specifico motivo di impugnazione della decisione di primo grado resa
da un giudice ritenuto – dal rimettente giudice di appello –
incompatibile;
che, sotto questo aspetto, la norma impugnata è già stata
sottoposta all’esame di questa Corte, che, con la sentenza n. 131 del
1996, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 34, secondo
comma, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede
l’incompatibilità alla funzione di giudizio, dibattimentale e
abbreviato, del giudice che come componente del tribunale del riesame
(art. 309 cod. proc. pen.) si sia pronunciato sull’ordinanza che
dispone una misura cautelare personale nei confronti dell’indagato o
dell’imputato, ovvero che come componente del tribunale dell’appello
avverso l’ordinanza che provvede in ordine a una misura cautelare
personale nei confronti dell’indagato o dell’imputato (art. 310 cod.
proc. pen.) si sia pronunciato su aspetti non esclusivamente formali
dell’ordinanza anzidetta;
che, quindi, essendo stata la disposizione oggetto di impugnativa
dichiarata costituzionalmente illegittima nel senso prospettato dal
giudice rimettente, la relativa questione deve essere dichiarata, per
il profilo anzidetto, manifestamente inammissibile (v. anche
ordinanze nn. 184, 213 e 285 del 1996), restando affidata al giudice
a quo la valutazione degli effetti della causa di incompatibilità
sul piano della impugnazione di invalidità della decisione di merito
resa in primo grado;
che un secondo profilo della questione concerne la partecipazione
allo stesso giudizio di appello, nel corso del quale è stata emanata
l’ordinanza di rinvio, di due giudici che “analogamente hanno deciso
in materia di libertà personale dell’imputato”, effettuando
valutazioni di merito;
che l’anzidetto generico riferimento ad “analoghe” funzioni
valutative de libertate, che si ipotizzano tali da radicare
l’incompatibilità al successivo giudizio in grado di appello sul
merito della responsabilità penale dell’imputato, non consente di
individuare gli esatti termini della questione così formulata;
che, infatti – dovendosi logicamente postulare che si tratti di
un distinto riferimento, e dunque dovendosi escludere che esso sia
ricollegato alla funzione valutativa de libertate che si esercita
nell’ambito del tribunale del riesame o dell’appello sulle misure
cautelari personali, ciò che risolverebbe interamente questo secondo
profilo nel primo -, manca nell’ordinanza di rimessione ogni elemento
idoneo all’individuazione della concreta funzione decisoria, in
materia di libertà personale, che è assunta come “pregiudicante” e
dunque tale da minare l’imparzialità del giudice;
che siffatta individuazione è evidentemente necessaria, sia in
generale ai fini del controllo di costituzionalità sia, in
particolare, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, che
ha ripetutamente indicato, tra i presupposti dell’incompatibilità
del giudice, quello della diversità delle fasi del processo nel
quale viene effettuata la duplice valutazione di merito rilevante ex
art. 34, secondo comma, cod. proc. pen. (sentenze nn. 177, 155 e 131
del 1996; n. 448 del 1995);
che, pertanto, relativamente al secondo profilo, risultando
l’ordinanza di rimessione inidonea a dare valido ingresso a un
quesito di costituzionalità, per indeterminatezza nell’esposizione
dei fatti e correlativamente per impossibilità di verificare la
rilevanza della censura rispetto al giudizio principale (tra molte,
ordinanze nn. 298 del 1996, 504 del 1993), la questione deve essere
dichiarata manifestamente inammissibile;
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
LA CORTE COSTITUZIONALE
Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di
legittimità costituzionale dell’art. 34, secondo comma, cod. proc.
pen., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
dalla Corte d’appello di Bologna – sezione minorenni, con l’ordinanza
indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 28 ottobre 1996.
Il Presidente: Granata
Il redattore: Zagrebelsky
Il cancelliere: Di Paola
Depositata in cancelleria l’8 novembre 1996.
Il direttore della cancelleria: Di Paola